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PAROLE DI CONSIDERAZIONE

Ultimo Aggiornamento: 06/01/2012 17:24
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06/01/2012 17:16

DI ROBERTO BRACCO

PAROLE DI CONSOLAZIONE

di Roberto Bracco

Indice:

Parole di vita nella morte

Parole di salute per gli ammalati

Parole di incoraggiamento per Ministri scoraggiati

Parole di misericordia per il penitente dubbioso

Parole di vita nella morte.

Il popolo d’Israele, dopo aver compiuto il proprio pellegrinaggio nel deserto e dopo aver esperimentato l’amore e la potenza di Dio, giunse alle soglie del paese promesso. Canaan era là, soltanto a pochi passi, e Canaan voleva dire riposo, gioia, abbondanza; ma il popolo dubitò della fedeltà di Dio e rimase fuori della terra che stillava latte e miele e che produceva frutti che non si erano mai veduti in altri paesi.

L’incredulità edificò un muro di separazione fra il popolo e le promesse di Dio, e quelle preziosissime benedizioni, che erano soltanto a breve distanza, furono perdute di vista e furono perdute per sempre. Eppure Iddio aveva liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto per condurlo in Canaan; Iddio aveva accompagnato il suo popolo nel deserto per introdurlo in Canaan, Iddio aveva cibato Israele, aveva guidato Israele, aveva ristorato Israele per condurlo al compimento della sua promessa. Tutto l’amore di Dio e tutta la fedeltà di Dio furono resi inutili dall’incredulità del popolo. Questo episodio è una figura ed una lezione per me e per te: Iddio vuole che crediamo alle sue promesse e, soprattutto, vuole che desideriamo il compimento di esse. Quando Iddio parla di "promesse" si riferisce a tutte le promesse che ci ha fatte nella sua parola, ma in maniera particolare alle promesse relative a quella "terra di gloria e benedizione" che Egli ha preparata per noi al termine del nostro pellegrinaggio terrestre.

Anche noi siamo stati liberati dalla schiavitù di Egitto ed anche verso noi Iddio ha profuso i tesori della sua fedeltà, del suo amore e della sua potenza. Non dobbiamo mai dimenticare che Iddio ha compiuto quest’opera non tanto per renderci felici in questa vita, quanto per condurci nelle stanze della gloria. Veramente la salvezza che ci è stata donata da Dio ci rende felici "eternamente" e quindi non dovremmo neanche parlare della nostra vita in questa terra e della nostra vita nel cielo, perché per i credenti non esistono due vite, anzi una vita sola che si muove già nell’infinito e nell’eterno; ma poiché l’anima nostra è ancora imprigionata nell’involucro della carne dobbiamo necessariamente distinguere fra la vita che viviamo nella polvere e la vita che vivremo liberi, sereni, nelle sfere celesti.

Iddio ci ha adottato a sé affinché possiamo abitare con Lui ed essere i suoi figlioli nell’eternità. Nelle stanze della sua gloria, davanti al trono bianco c’è un posto per noi perché il nostro nome è scritto nel cielo assieme al nome di ogni figliolo di Dio, di ogni membro della sua grande famiglia che è uscita dalla "volontà e dall’amore di Dio".

Queste promesse devono vivere nel nostro cuore e devono suscitare in noi entusiasmo e fede; mentre i nostri passi si muovono sulla sabbia infuocata di questo mondo, i nostri occhi si devono posare pieni di speranza sull’orizzonte dorato che sta davanti a noi e che ci parla di quella terra priva di cordoglio, di lacrime, di gemiti, di peccato.

Il cammino che si abbrevia non ci deve spaventare e i confini che si avvicinano non ci devono sgomentare; dopo il pellegrinaggio c’è il riposo e dopo le prove ci attende il refrigerio. L’anima può trovare perfetta felicità soltanto in Dio e lì, oltre quei confini, noi possiamo incontrare Iddio pienamente, perché pienamente liberati dalle difficoltà del cammino e totalmente sciolti dai legami della nostra carne

Vorrei invitarti, fratello amato, a posare, per un istante solo, lo sguardo della fede sopra il paese di Canaan. Guarda il paese perché è davanti a te: mira le strade d’oro e contempla il brillare dei suoi palazzi! Non è un luogo che ti promette felicità perfetta?

Nel paese che ci attende vibra una primavera eterna; tutto è tepore e tutto è canto, l’aria stessa è melodia ed il lieve sussurrar della brezza muove le onde di una musica celeste. Mira, mira i mille zampilli argentini delle sue fonti e guarda verso il dolce ondeggiare dei suoi ruscelli; non è acqua, ma sono i diamanti che sfavillano al calore e alla luce di un astro che non acceca, ma illumina; non brucia, ma riscalda.

Prova, fratello, mentre miri per fede, a respirare profondamente, perché forse la brezza porta fino a te gli effluvi di Canaan. Non ti accorgi che l’aria del "paese" che ti sta davanti è impregnata dal profumo delle resine e dei balsami dei boschi di Dio?

Respira, si, respira perché puoi avvertire il profumo dei cedri, dell’incenso, della mirra, della cassia, ma puoi soprattutto avvertire quanto sia dolce, leggera, l’aria di quel luogo che non è contaminato dai miasmi di una civiltà corrotta e non è turbato dalla presenza degli spiriti del male. Tutto è puro, incontaminato; tutto, tutto è soave e benefico.

Puoi scorgere, oltre quelle mura preziose, gli spettacoli offensivi che turbano, in questo deserto, quotidianamente gli occhi tuoi e la tua coscienza? Puoi forse udire accenti che oltraggiano il vero ed il bene?

No, fratello, tutto quello che puoi vedere è poesia, tutto quello che puoi udire è gloria. Ma guarda, ti esorto, alla fonte del bene; non vedi per fede il Luminare del paese?

Sì, è Dio che illumina, che riscalda, che vivifica. Egli è lì ad attendere te, ad attendere me; e lì, con tutta la sua gloria, con tutto il suo amore, con tutta la sua potenza. Non desideri incontrarLo? Non desideri congiungerti con Lui per l’eternità?

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06/01/2012 17:17

Forse sei giunto con la tua malattia o la tua vecchiaia al termine del pellegrinaggio; stai compiendo l’ultima durissima tappa, la sabbia è infuocata e il terreno è aspro; ti sembra di camminare nella valle dell’ombra della morte e le potenze del male cercano di popolare di fantasmi e di spaventi le tenebre che ti circondano. Odi mille voci e tutte ti ricordano le sofferenze, la malattia e tutte ti parlano dello spavento della morte e del freddo e del buio del sepolcro; neanche una delle voci che giungono al tuo orecchio t’invita a guardare avanti, a guardare in alto… e tu soffri!

La tua mente pensa alla fine e si turba; ti sembra di non aver forza di lasciare questo mondo e, peggio ancora, ti sembra che le promesse divine non sono reali per te. Il tentatore cerca di seminare disperazione ed incredulità per amareggiarti l’ultima tappa del pellegrinaggio e, se possibile, per farti perdere per sempre le benedizioni gloriose ed eterne del paese di Dio.

Ti sembra di essere come ogni altro ammalato, come ogni altro vecchio e istintivamente cerchi di lottare, di aggrapparti per stringere almeno altri pochi giorni di vita, sia pure nella debolezza della senilità o nella sofferenza della malattia. Fratello, risvegliati, tu sei un figliolo di Dio, non hai motivo di temere il sepolcro e non hai ragione di rammaricarti della fine della tua vita quaggiù.

Ricordati che se guardi avanti e guardi con fede esultante, fra poco "sarai assente dal corpo, ma presente con il Signore". I tuoi occhi si chiuderanno ad uno spettacolo di sofferenze, di debolezze, di peccato e si riapriranno ad uno spettacolo di gaudio, di potenza, di santità. Forse vedrai per l’ultima volta coloro che hai amato per i vincoli del sangue e subito dopo vedrai finalmente quel Salvatore benedetto che ti ha amato e ti ama di un amore che vive sopra tutti i vincoli contingenti e fallaci.

Ricordati: soltanto fra poche ore, forse fra pochi istanti abbandonerai un fardello che ormai è divenuto pesante di debolezze e di dolori, dopo essere stato pesante di passioni e di peccati, e potrai librarti leggero, eppur potente, nelle sfere del vero e del bene, ove non avvertirai più le limitazioni e i dolori dell’involucro della tua carne.

Giovane di una giovinezza imperitura e forte di una forza divina tu starai con Cristo, oltre il confine. Allora vedrai quanto è stato entrare nelle promesse di Dio e quanto è stato dolce quel trapasso tanto paventato dagli uomini.

La morte, l’inferno, la malattia non susciteranno più emozioni disordinate nel tuo cuore perché saprai di averle lasciate fuori dalle mura preziose della città e ti accorgerai anche che nessun rimpianto cercherà di condurre la tua mente ai luoghi che ti sembrava duro abbandonare, perché ti sentirai completamente felice, completamente appagato in Dio.

Potrai udire "cose ineffabili" e lì, in mezzo alle miriadi degli angeli osannanti, anche tu potrai aggiungere la tua voce per cantare l’inno della gloria. I frutti di quel paese saranno i tuoi, la tua mano potrà coglierli e i fiori di quella terra potranno intrecciare le tue ghirlande, e tu gusterai sapori deliziosi e respirerai profumi soavi. No, non è una bella fiaba tanto fantastica quanto irreale ed irrealizzabile, è la più solida delle realtà perché è fondata sull’immutabile parola di Dio.

Perché dunque dovresti temere di varcare quella soglia che si chiama la morte? Ricordati che è vero per te e per me quello che era vero per l’apostolo Paolo, cioè che il "morire è guadagno". Anche noi abbiamo vivere con il "desiderio" di partire da questo corpo per andare con Cristo. "Con Cristo"! Pensa seriamente, profondamente a questa realtà: "andare con Cristo"!

Puoi bramare un incontro più desiderabile? Cristo, il tuo Salvatore; Colui che è morto per te, che è risorto per te, che è asceso per te; Colui che ha dato diritto a te e a me di chiamarci figlioli di Dio, ti accoglierà. Potrai gettarti fra le sue braccia, vederlo da vicino, udire la sua parola dolcissima; potrai sederti, come Maria ai suoi piedi, e rimanere come discepolo riverente, in adorazione ed ascolto.

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06/01/2012 17:17

O morte, quanto sei desiderabile! Ancella dei servitori di Dio, apri anche davanti a me i drappeggi che nascondono la gloria; introducimi nelle stanze eterne del mio Signore! Non dovrebbe essere questo il nostro anelito? In questo anelito non c’è la disperazione del suicida o il ragionamento cupo del fatalista; non c’è lo sprezzo dell’audace o la rassegnazione del vinto; no, c’è la consapevolezza gioiosa della fede, c’è il palpito dell’amore, c’è il calore della speranza.

È l’anelito di colui che ha trovato vita in Dio, ha vissuto con Dio, e vuol vivere assieme a Dio. Egli brama che le catene si rompano, i lacci si spezzino e libero, finalmente libero, possa elevarsi nelle sfere serene della luce, della gloria, della vita per tutta l’eternità.

Ripetiamo per questi:" Beati i morti che muoiono nel Signore"!

Parole di salute per gli ammalati.

Io non considero ammalati coloro che subiscono le inevitabili conseguenze delle circostanze normali della vita, come non considero ammalati tutti quelli che si credono e si dichiarano tali soltanto perché non posseggono il vigore fisico che desidererebbero avere.

Malesseri passeggeri e superficiali sono comuni a tutti e rientrano nella normalità della nostra vita quotidiana. Un repentino cambiamento di temperatura può provocare un "raffreddore" a qualsiasi persona; un lavoro intenso ed impegnativo può far insorgere a chiunque un forte mal di capo, ed un pasto eccessivo o poco razionale o poco igienico può generare facilmente un disturbo della digestione.

È pericoloso dare troppa importanza a queste circostanze perché esse rientrano nelle comunissime esperienze quotidiane; come cristiani dobbiamo reagire considerando questi malesseri come noiosi disturbi di questo corpo di polvere, disturbi destinati quindi a scomparire un giorno assieme alla corruttibilità del nostro organismo. Come individui dotati di ragione possiamo invece ricorrere a quei rimedi o prendere quelle precauzioni che ci vengono offerti dal buon senso e, perché no, dalla scienza.+

Un calmante ed un purgante possono essere considerati nello stesso modo di… un pezzo di sapone. Se laviamo l’esterno del nostro corpo possiamo anche, qualche volta purificare l’interno senza naturalmente renderci schiavi di abitudini pericolose.

Più importante ancora è tener presente che noi possediamo una costituzione fisica che differisce da quella degli altri; questa differenza non è una malattia. Se io sono più debole, se mi stanco prima, se ho una riserva di fiato minore del mio amico, non debbo per questa ragione concludere di essere ammalato; se la mia memoria è più debole, se i miei riflessi sono più lenti… non devo tragicamente convincermi di essere ammalato.

Ci sono individui alti ed individui bassi, individui biondi ed individui bruni, individui ricchi di adiposità ed individui magri… ma nessuna di queste caratteristiche rappresenta "uno stato patologico", cioè una malattia, quindi non permettiamo al tentatore di inculcare la "malattia" nella nostra mente, cioè non permettiamo al tentatore di convincerci che siamo ammalati soltanto perché la nostra costituzione differisce da quella di altri, ma esercitiamo la salute della grazia di Dio assieme alla salute del nostro corpo, per vivere serenamente alla lode del Signore.

Conclusa questa premessa, desidero entrare nell’argomento vivo di questo capitolo per parlare della "malattia vera"; per parlare cioè di quella circostanza che costituisce un’autentica prova nella presenza di Dio e che pure è sfruttata dalla mano saggia del Padre per la nostra benedizione ed edificazione.

Non è facile credere che Iddio possa servirsi di "ogni circostanza" della nostra vita per benedire ed edificare la nostra anima. Frequentemente, quando ci troviamo nel dolore e nella sofferenza, ci preoccupiamo del danno spirituale che riceviamo a causa delle cose che ci fanno lacrimare; ci sembra che i dolori che sono "piombati" sopra noi possano soltanto diminuire lo zelo ed il fervore che ci animano nel servizio di Dio.

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06/01/2012 17:18

Non è facile, ripeto, accettare l’affermazione della Scrittura che "tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Iddio.." La malattia, le limitazioni fisiche, i lancinanti dolori del nostro organismo: possono anche apportare un bene alla nostra anima?

È difficile crederlo, eppure la Parola di Dio c’invita a rispondere risolutamente "Si"! Perciò fratello diletto non ti perdere d’animo per il dolore e la sofferenza della tua malattia; la penosa circostanza che stai vivendo non è dannosa, non è inutile per te, perché si trova nella mano onnipotente di Dio come una occasione per adempiere più profondamente il piano della tua edificazione e quindi della tua gloria eterna. Se ti smarrisci nel dubbio o ti arrendi, sotto l’incalzare del dolore, non puoi godere le benedizioni che Iddio vuol far sorgere dalla tua malattia, ma se ti offri umilmente nelle mani dell’Eterno ed elevi sinceramente verso di Lui la lode ed il ringraziamento, non soltanto puoi comprendere chiaramente il piano che Iddio ha preparato per te, ma puoi bere goccia a goccia tutta la consolazione e tutta la gioia della grazia divina.

Tu vuoi sapere, vuoi conoscere, vuoi veder chiaro…; non devi rivolgerti a me o ad altri, devi rivolgerti a Dio; quando ci rivolgiamo a Dio dobbiamo essere sereni e pazienti. Sereni nella fede per poter comprendere la voce di Dio e pazienti nell’attesa per poter aspettare la luce e la rivelazione che vengono da Lui.

Io non posso dire nulla intorno "alla tua malattia"; non so, non posso sapere perché Iddio ha permesso questa prova e neanche posso sapere in quale modo Egli userà questa sofferenza per la tua edificazione. Io non so, ma Iddio sa ogni cosa e quindi se ti rivolgi a Lui, consapevole di essere "figliuolo di Dio", puoi ricevere la confidenza del Padre; ma ricordati: devi avere serenità e pazienza.

Ripeto: non posso dire nulla intorno alla "tua malattia", ma se vuoi, ti posso dire alcune cose intorno alla malattia; non attenderti cose nuove o rivelazioni sensazionali, sono verità elementari dell’ Evangelo; sicuramente tu le conosci, ma il dolore e la malattia potrebbero averle rapite dalla mente in quest’ora. Prima di ogni cosa voglio ricordarti che la malattia è permessa in molti casi, per la "gloria di Dio" (Giovanni 11:4).

La malattia può glorificare Iddio in due modi diversi: o dimostrando l’opera della grazia nella pazienza dell’ammalato o manifestando l’onnipotenza divina nella guarigione dell’ammalato. In ambedue i casi non soltanto è glorificato il nome di Dio, ma è benedetta anche la vita del credente.

Caro fratello, non ti senti benedetto ogni volta che Iddio viene glorificato a mezzo della tua vita? Perciò se la tua malattia è motivo di lode al nome dell’Eterno, è conseguentemente motivo di benedizione per te. Pensa inoltre ai benefici pratici che puoi ricavare, sul piano cristiano, dalla prova che sostieni: puoi esercitare la tua pazienza e svilupparla, puoi esperimentare la potenza divina ed acquistare una fiducia maggiore in essa.

La malattia permessa da Dio per glorificare il Suo nome è sempre, per me, per te, per qualunque figliuolo di Dio una autentica e profonda benedizione. Se Iddio ha lasciato avvicinare la sofferenza al tuo corpo, puoi affermare con decisione: "Io so che tutte le cose e perciò anche questo dolore, coopera al bene della mia vita".

Ma Iddio può permettere la malattia anche per altre ragioni e noi dobbiamo essere pronti a vedere quello che l’Eterno compie per il nostro bene. Qualche volta, per esempio, la sofferenza dell’infermità è soltanto il testo di una lezione per l’ammalato. Ci sono verità che si comprendono soltanto attraverso il dolore e Iddio che vuole illuminarci nella conoscenza di quelle verità, permette che il dolore ci colpisca e ci faccia da maestro.

Personalmente ho incontrato tanti, tanti credenti che hanno imparato le lezioni della comprensione, della compassione, della misericordia, soltanto dopo essere stati duramente provati nella propria vita; il dolore atroce, l’attesa prolungata sono stati autentici messaggi per loro e l’insegnamento che hanno ricevuto da queste lezioni è rimasto profondamente impresso nel loro cuore.

In alcuni casi la lezione riguarda direttamente la personalità dell’infermo; Iddio vuol rivelare, a mezzo della malattia, le imperfezioni ignorate, le debolezze sconosciute. Forse tu credi di aver fede e Iddio vuole rivelarti quale fardello di incredulità pesa sul tuo cuore; forse credi di avere sottomissione e Iddio vuol farti conoscere quanti impulsi di ribellione si agitano in te. È una lezione che può essere impartita soltanto col metodo della sofferenza, ma è una lezione indispensabile al benessere dell’anima e perciò quando la malattia ha per te, questo scopo didattico, puoi dire con convinzione: "Tutte le cose cooperano al mio bene…".

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06/01/2012 17:18

Ricordati dunque: la malattia è una benedizione quando Iddio la permette col fine di visitarti con la potenza della guarigione; è una benedizione quando ti vien data come una occasione per esercitare e sviluppare quella pazienza che viene dallo Spirito; è una benedizione quando ti viene offerta come lezione di vita; è una benedizione quando ti viene mandata come mezzo per investigare e conoscere la tua personalità. È sempre una benedizione!

Anche se consideriamo la malattia come "un giudizio divino" o come un mezzo "coercitivo" per reprimere gli impulsi negativi della nostra personalità, possiamo e dobbiamo riconoscere che essa rappresenta una benedizione. Iddio giudica e corregge i suoi figliuoli per renderli partecipi della Sua santità e per liberarli dalla condanna che pesa sopra il mondo, e Iddio fa riposare la "verga del male" sopra quei membri della Sua famiglia che hanno bisogno di essere umiliati dalla mortificazione per essere liberati dai lacci dell’inferno (Ebrei 12:6-11; 1Corinzi 5:5 ).

No, non è assolutamente possibile scoprire nella malattia un qualsiasi elemento che possa danneggiare la nostra vita, se noi, naturalmente anche nel dolore, rimaniamo umili sotto la mano dell’Onnipotente.

Consideriamo, dunque quale deve essere il contegno del cristiano nella sofferenza dell’infermità… Prima di tutto egli deve desiderare di conoscere il piano divino, cioè deve desiderare di individuare chiaramente lo scopo di Dio nella malattia. Sorgono spontanee tante domande. È una circostanza permessa da Dio per glorificare il Suo Nome? È un giudizio caduto sopra il peccato? È un messaggio per insegnare una lezione spirituale? È una opportunità per esercitare le virtù dello Spirito?

Forse Iddio indugia a rivelare i suoi scopi, ma non per questo dobbiamo abbandonare la posizione insegnata dalla Sua Parola: attesa ed umiltà, umiltà ed attesa; fondiamo questi due sentimenti interiori ed esercitiamoli attivamente durante la malattia.

Quando il disegno divino si profila davanti a noi, dobbiamo agire con prontezza nella direzione voluta da Dio. Ricordati, fratello, ricordiamoci tutti che questa direzione non è mai quella della "fiducia negli uomini; Iddio vuole che l’ammalato, come suo figliuolo, abbia una completa fiducia in Lui".

Se Iddio ha "permesso" l’avvicinarsi della malattia, può, in ogni momento, ritirare il "suo permesso" perché ha autorità sopra la malattia e sopra colui che l’ ha fatta sorgere nel nostro corpo. Iddio può dire a Satana: "Eccolo nelle tue mani!" e può altresì comandare: "Allontanati subito da lui!" (Giobbe 2:6; Luca 13:16).

In qualsiasi caso l’ammalato deve rimanere fiducioso sotto l’autorità e sotto la protezione di Dio; confidare in Lui, guardare a Lui, aspettare ogni cosa da Lui: questo deve essere il sentimento profondo e costante del credente.

L’inconvertito che si avvicina al tuo letto deve sentire e vedere che tu possiedi l’assistenza di una potenza che ti mantiene sereno.

Tu non guardi alle medicine e ai medici, che anche in questo secolo di progresso possono giungere soltanto fino ad un certo limite e non possono mai, comunque, interpretare la tua malattia nel suo significato spirituale, ma guardi a quell’Onnipotente Signore che conosce ogni cosa e può fare ogni cosa per te e per tutti coloro che si volgono a Lui.

La sottomissione deve essere gioiosa perché la sottomissione triste non è vera sottomissione davanti a Dio; Egli non desidera la subordinazione dello schiavo spezzato dalla forza della sua volontà, ma quella del figliuolo arreso alla potenza dell’amore. Loda Iddio, ringrazia Iddio; eleva continuamente espressioni di adorazione e di riconoscenza perché Iddio sta procacciando ed operando il tuo bene…

È con questa disposizione di spirito che ti rendi pronto ad afferrare le benedizioni concrete della malattia.

Se Iddio vuol farti esperimentare subito e potentemente la virtù della guarigione non hai che da afferrare l’offerta divina. Chiama gli anziani della Chiesa, i servi del Signore e chiedi di "essere unto d’olio" in sottomissione alla parola di Dio. Esercita sinceramente fede ed umiltà ed accetta la guarigione che Iddio vuole darti per glorificare il Suo nome e per farti partecipe alla Sua potenza.

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06/01/2012 17:19

Ricordati di non guardare con un occhio alla mano di Dio e con l’altro occhio alla mano dell’uomo; l’Eterno vuole che i tuoi occhi siano rivolti a Lui perché questa è una condizione essenziale per la manifestazione della Sua potenza. Se la tua guarigione può essere attribuita all’efficacia della medicine non può essere motivo di gloria al nome del Signore; queste ibride mescolanze sono condannate da Dio e perciò accetta quello che Iddio ti vuol dare.

Se invece Iddio vuole ammaestrarti attraverso le fasi dolorose della malattia, accetta il tesoro della lezione e come discepolo diligente ascolta, impara, rifletti.

Se Iddio vuole correggerti e giudicarti, umiliati, confessa le tue colpe, chiedi il perdono.

Se Iddio vuole sottoporti ad un giogo necessario alla tua personalità sottomettiti al Suo piano, al suo metodo.

La cosa più importante rimane sempre la stessa: "riconoscere che anche la malattia, il dolore, rappresentano un bene per l’anima".

Fratello amato io so che tu soffri, ma anche Iddio lo sa; Egli non si è dimenticato di te e non ha cessato di amarti; sta operando per il tuo bene, per la tua salute. Perché non guardi a Lui e soltanto a Lui? Perché indugi a credere nel Suo amore e nella Sua fedeltà?

Accetta questa circostanza come tutte le altre circostanze della vita spirituale, investigala, interpretala e cerca di viverla completamente nella volontà di Dio affinché Iddio possa benedirti in essa e per essa. Forse tu pensi che puoi onorare Iddio soltanto compiendo opere appariscenti o predicando sermoni travolgenti; ammalato, dolorante, impotente sopra un letto ti sembra di essere sterile nella sua presenza.

Questo concetto è errato perché tutto quello che Iddio prepara davanti a noi ci consente di onorare il Suo nome e di adempiere il Suo servizio. I tuoi dolori offerti a Dio, la tua attesa umiliata davanti a Dio, la tua sottomissione elevata davanti a Dio, la tua fiducia rivolta verso Dio sono, agli occhi dell’Eterno, opere e frutti corrispondenti al piano della Sua volontà. Ricordati che dal tuo letto puoi predicare il più convincente sermone missionario, quello che scaturisce da una vita vissuta, anche nel dolore, come "figliuolo di Dio".

Il tuo letto deve essere diverso da qualsiasi altro letto, come la tua testimonianza deve risplendere sulla scena di dolore di questa povera umanità. Si, sul tuo letto deve aleggiare continuamente la "nuvola di gloria" e la tua testimonianza deve dimostrare che un cristiano non cade in preda alla disperazione, allo sconforto, al panico, all’impazienza. Egli sa "essere ogni cosa e può affrontare ogni circostanza nella potenza di Cristo" (Filippesi 4:13).

Fratello amato, Iddio può guarirti in un istante solo e forse vuole guarirti nel momento stesso che leggi queste parole, ma se il dolore ti affligge è caduto sopra di te perché tu possa imparare una lezione o confessare un peccato o scoprire una debolezza della tua vita, non ti turbare, anzi dà gloria a Dio perché quel che ti è avvenuto per il tuo bene e perciò stringilo, come un beneficio del cielo per te.

Tu puoi fare del tuo letto un "pulpito"; la predica della tua vita nel dolore della malattia rappresenta un nutrimento per te e per tutti coloro che, occasionalmente o regolarmente, ascoltano il messaggio dello strumento di Dio.

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06/01/2012 17:19

Parole di incoraggiamento ai ministri scoraggiati.

Hai mai considerato profondamente la vita ed il ministero di Cristo in relazione a coloro che lo circondavano?

Egli è venuto in casa sua ed i suoi non l’ hanno ricevuto…(Giovanni 7:5).

- I suoi familiari dicevano: Egli è fuori di senno…(Marco 3:21).

- I suoi concittadini adirati contro di Lui lo volevano gettare da una rupe…(Luca 4:29).

- I suoi discepoli non lo comprendevano…(Marco 8:15-17).

- Le moltitudini, che pur erano state saziate, consolate e guarite, si allontanarono da Lui esclamando: Questo parlare è troppo duro…(Giovanni 6:60)

- Gli amici più intimi lo lasciarono solo nel momento dell’angoscia…(Luca 22:45) fuggirono da Lui nell’ora del pericolo…(Marco 14:50) lo rinnegarono mentre si compiva il dramma…(Marco 14:72).

- Colui che il Maestro aveva amato ed onorato della sua fiducia divenne lo strumento iniquo dei suoi nemici, il traditore…(Luca 22:48)

- La folla di quella città, che lo aveva ricevuto osannando, si volse belluina verso di Lui per chiederne la condanna…(Matte 27:20-25).

Incompreso, tradito, combattuto, vituperato, il Maestro divino ha proseguito il cammino del ministero con serenità e virilità. Egli ha lasciato un prezioso insegnamento per me e per te, e la sua vita è e rimarrà sempre l’unico testo per noi, che a distanza di secoli, siamo stati chiamati ad essere "imitatori di Dio, come figliuoli diletti" (Efesini 5:1).

La fedeltà e l’entusiasmo di un ministero, di un servizio od anche di una vita cristiana, non devono mai dipendere dai plausi e dalle approvazioni di coloro che ci circondano. L’opinione o l’attitudine degli amici, dei familiari o dei credenti non deve mai esercitare un’influenza diretta sulla nostra vita spirituale; non dobbiamo aver bisogno dell’incentivo del loro encomio, e non dobbiamo neanche sentire il peso della loro disapprovazione.

Con queste parole non intendo esaltare l’insensibilità interiore e tanto meno desidero generare un sentimento di "superiore sufficienza" che potrebbe condurci allo "sprezzo" di coloro che ci circondano. Dobbiamo ascoltare, ricevere, vagliare ogni circostanza ed ogni parola: saper godere la benedizione della simpatia e saper anche cogliere l’insegnamento della critica e del biasimo… ma dipendere, per l’espletamento del nostro compito spirituale, esclusivamente da Dio che ci anima e c’incoraggia attraverso l’opera di grazia che compie direttamente dentro di noi.

Mi rivolgo a te, fratello diletto, che dedichi le tue ore e le tue energie nell’adempimento di un servizio cristiano; mi rivolgo a te perché conosco e comprendo la tua pena. Sei scoraggiato, afflitto perché pochi o nessuno sanno apprezzare i tuoi sacrifici e sanno riconoscere le tue fatiche; tu trasfondi nel servizio le migliori riserve del tuo amore e delle capacità che hai ricevuto da Dio e ti vedi accompagnato dall’indifferenza o dalla critica di coloro che sono l’oggetto diretto nelle tue cure ministeriali.

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06/01/2012 17:20

Ti sembra che il tuo lavoro è vano e ti senti spinto a sospenderlo, ad abbandonarlo. Perché operare quando nessuno sa riconoscere il bene dell’opera compiuta? Perché sacrificare tempo, energia, entusiasmo quando nessuno sa interpretare esattamente questi sforzi? Perché dare, dare, e dare quando l’offerta provoca soltanto il biasimo inconsiderato degli immancabili critici? Perché, perché?

Fratello amato, perché hai accettato il ministerio? Io l’ ho accettato perché Iddio me l’ ha offerto; l ‘ho accettato dalla mano di Dio e mi sono impegnato di adempierlo come atto di fedeltà e di amore verso Dio. Il mio servizio è la parola con la quale esprimo a Dio i sentimenti del mio cuore, e la mia fedeltà è il suggello alla testimonianza del mio amore per Lui.

Se io compio il servizio anche in mezzo alle incomprensioni e alle critiche, io non faccio altro che rendere più calda, più convincente la mia parola davanti a Dio. L’Eterno potrà riconoscere la purità del nostro amore proprio dal fatto che noi compiamo il servizio per Lui e per Lui soltanto e non per trovare un applauso ed una approvazione per il nostro io, per la nostra personalità.

Quando nessuno ti comprende e nessuno ti approva, c’è sempre Dio, pronto ad accettare l’offerta del tuo ministerio; pensa che hai svolto il tuo servizio per Lui, soltanto per Lui; Egli lo ha gradito come un pegno del tuo amore e lo ha accettato.

Non sei tu soddisfatto?

Iddio ti ha forse promesso onori terreni e riconoscimenti umani? Non hai accettato di essere un Suo servo anche a costo di rinunciare alla tua personalità?

Devi stare ritto davanti a Lui e devi rendere ragione soltanto a Lui della tua attività e perciò non preoccuparti eccessivamente delle reazioni che si verificano intorno a te, ma preoccupati di essere fedele nel tuo compito cristiano. Fa che il tuo servizio sia sempre più accurato e compi il tuo lavoro con un amore sempre più profondo, e poi… guarda in alto, verso Colui dal quale dipendi, verso Colui che un giorno ti conferirà il premio finale.

Ricordati: non sei solo sul terreno dell’incomprensione e dell’ingratitudine; assieme a te intorno a te puoi scorgere la presenza di una schiera di servi del Signore che con il loro ministero hanno beneficato realmente il popolo, eppure, sono stati ripetutamente amareggiati dal popolo.

Guarda Mosè, l’uomo che sin dall’infanzia ha desiderato perdere ogni cosa per aiutare il popolo dell’Eterno: rigettato dai suoi fratelli in Egitto (Esodo 2:14); respinto dai capi del popolo, quando torna come liberatore dei suoi fratelli che gemono (Esodo 5:20-21); rattristato e turbato dalle ribellioni del popolo di Israele nel deserto (Esodo 32:19); combattuto da quello stesso popolo che è stato reso libero dal suo ministero (Numeri 12:1); invidiato dai suoi familiari (Numeri12.1); saettato dalla gelosia dei notabili del popolo (Numeri 16:3).

Guarda Davide, il liberatore di Israele, l’uomo intero davanti agli occhi di Dio (1 Samuele 16:1): insidiato da Saulle. (1 Sam. 19:10); incompreso dai suoi fratelli (1 Sam.17:28); sprezzato da sua moglie (2 Sam. 6:16); tradito da suo figlio (2 Sam. 15.13); abbandonato dal popolo (2 Sam. 16:15); combattuto dai suoi amici (2 Sam.17:1); maledetto dai suoi sudditi (2 Sam. 16: 7-8).

Guarda Samuele, Isaia, Geremia, Ezechiele, Gedeone… uomini che hanno dato tutto ed hanno ricevuto… ingratitudine, persecuzione, sprezzo. Il popolo, anche il popolo di Dio sa passare rapidamente da un sentimento ad un sentimento opposto, perché si lascia influenzare e suggestionare facilmente dalle circostanze e dagli uomini; oggi è pronto ad acclamare, domani è pronto a vituperare, oggi è pronto a stringersi con simpatia intorno al servo di Dio, domani è altrettanto pronto ad abbandonarlo per seguire, forse, un servo o un conduttore che non gli è stato dato da Dio.

Un solo fondamento rimane solido ed indistruttibile, quello della immutabilità di Dio. Lascia dunque che intorno al tuo servizio si serrino e si cozzino le più diverse reazioni e i più diversi sentimenti umani, ma tu rimani saldo in Dio. Egli avrà simpatia per te oggi e domani; ti comprenderà, ti aiuterà, ti benedirà oggi e sempre, perché tu gli appartieni per il sangue del Calvario, per lo Spirito della grazia e per la virtù del ministero.

Si, fratello, mi rivolgo a te che piangi silenziosamente nelle veglie della notte mentre senti ancora echeggiare le parole di offesa che ti sono state lanciate da coloro che hai esortati. Ricordati che anche Paolo, l’atleta della fede cristiana, fu obbligato a raccogliere gli insulti di coloro che avevano goduto i benefici più profondi del suo servizio (2 Corinzi 7:12).

Ma tu forse pensi anche alle espressioni di insubordinazione e di ribellione di quanti hai cercato di guidare nel sentiero del bene, e pensi alle defezioni che si sono verificate nel seno della chiesa che hai tanto amata e pensi all’ingratitudine di coloro che maggiormente sono stati l’oggetto delle tue cure e che pur hanno capeggiato rivolte contro a te.

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06/01/2012 17:21

È vero, fratello caro, quello che forma l’oggetto dei tuoi pensieri è triste, profondamente triste, ma non abbastanza triste da giustificare uno scoraggiamento che paralizzi il tuo ministero. Gli offensori dovranno rendere ragione a Dio, i ribelli dovranno comparire davanti a Dio, i calunniatori dovranno rispondere nel cospetto di Dio… ma tu devi continuare a servire ed amare Iddio.

Puoi soltanto alzare la voce della tua mestizia in una preghiera che dica a Dio del tuo bisogno, della pena profondissima di quest’ora; puoi ripetere con me: "Padre e Signore, il servizio che io ho compiuto, l ‘ ho deposto umilmente sul tuo altare; esso è l’offerta del mio amore per te, della mia fedeltà verso di te; accetta questo olocausto, imperfetto del mio contributo, perfetto nell’opera della Tua grazia e manifesta la Tua approvazione mediante la tua celeste benedizione.

Pochi si sono accorti del mio servizio e molti lo hanno biasimato, sprezzato ed offeso; ma io l’ ho compiuto per te e se dagli uomini ho ricevuto soltanto indifferenza o male, son certo che da Te al quale ho offerto l’ardore del cuore, nella manifestazione di quest’opera, riceverò l’amplesso della comprensione e dell’affetto. Padre ricevi il frutto del mio ministerio e donami la forza ed il coraggio per adempierlo fino al ritorno del tuo figliuolo, il Benedetto in eterno. Amen!

Dopo questa preghiera ti sentirai incoraggiato; davanti a te non ci sarà più lo spettacolo desolante delle piccolezze umane, ma la visione grandiosa e luminosa dei piani divini. Vedrai chiaramente che il tuo compito non può tener conto del tempo e degli uomini perché ti impegna in un piano che riguarda Iddio e l’eternità.

Anche quando i risultati mancano e quando il favore umano si traduce in ostilità il lavoro del servo di Dio è prezioso davanti agli occhi di Colui che ha costituito il "servo" e ha ordinato il "lavoro".

Perciò, fratello amato, se il tuo ministero si svolge in mezzo a circostanze ingrate, non ti smarrire, non ti avvilire: quando nessuno ti comprende, Iddio ti comprende; quando nessuno ti vede, Iddio ti vede; quando nessuno ti approva, Iddio ti approva, e l’approvazione di Dio è la sola che ha valore nel tempo e nell’eternità.

Voglio concludere con una calda raccomandazione; vigila sul tuo ministero e sul sentimento interiore che muove il tuo ministero affinché tu possa avere sempre la certezza che il tuo servizio cristiano si adempie nella fedeltà più profonda ai piani e alla guida di Dio. Quando ti trovi nella volontà di Dio non hai bisogno di altro per andare avanti fino al compimento totale del tuo lavoro per il Signore.

Dopo il lavoro ti attende il riposo e come il Creatore si riposò quando tutta l’opera era finalmente compiuta davanti a Lui, così anche tu che hai faticato, sofferto, lacrimato potrai abbandonarti tra le braccia di Dio, ripagato così in eterno delle delusioni, delle incomprensioni e delle ingratitudini di quaggiù.

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06/01/2012 17:21

Parole di misericordia per il penitente dubbioso.

Non c’è argomento più dolce e contemporaneamente non c’è soggetto più profondo dell’amore di Dio. Parlare, scrivere dell’amore divino costituisce sempre un’ineffabile benedizione, ma in pari tempo rappresenta un’impresa durissima. È bello tuffarsi fra le spume argentee delle onde dell’amore, ma è arduo vincere le vivaci correnti che precludono i fondali del mare purissimo della carità di Dio. Eppure fratello, per te, proprio per te, voglio parlare ancore una volta di quell’amore che riempie l’infinito e l’eternità. Per te che lotti la più penosa battaglia voglio entrare nel soave argomento ed accingermi all’impossibile impresa di dire qualcosa del più sublime attributo di Dio.

Iddio è amore! L’uomo può possedere o non può possedere l’amore e quando possiede l’amore può possederlo in una misura od in una misura diversa, ma Iddio invece "è amore"; voler parlare della grandezza dell’amore di Dio significherebbe voler parlare delle dimensioni stesse di Dio. Iddio non ha dimensioni perché è infinito e perciò l’amore, che è la natura stessa di Dio, non è grande, immenso, ma infinito.

Forse un esempio può aiutarti a comprendere in che modo l’amore "è" la natura di Dio. Pensa al sole e pensa che cosa intendiamo quando diciamo che il "sole è calore" oppure che il "sole è luce"; noi non diciamo e non pensiamo che nel sole c’è il calore come se i calore fosse una cosa estranea al sole, non potremmo infatti separare il calore dal sole o il sole dal calore. Per noi il calore, la luce rappresentano la natura del sole e se nel sole non ci fossero calore e luce non ci sarebbe neanche il sole. Così l’amore rappresenta la natura di Dio; Dio e amore non sono due realtà distinte e separate, ma soltanto due definizioni di una sola infinità realtà.

Colui che è amore è il tuo Creatore, il tuo Salvatore, il tuo Benefattore e, meglio ancora, il tuo Padre celeste. Tu quindi occupi un posto importante nel Suo pensiero e nel Suo cuore, cioè occupi un posto importante nell’amore. L’amore infinito ed eterno è stato volto, è volto e sarà volto verso di te perché tu sei una creatura di Dio, un redento da Dio, un figliuolo di Dio.

Che cosa "non potrà fare" l’amore per te? Ricordati, quest’amore è Dio, e Dio è questo amore!

Tu dici "Non potrà perdonare il mio peccato" e aggiungi: "Io ho oltraggiato Iddio, ho respinto il Suo amore, ho sprezzato le sue promesse, ho trascurata la Sua parola".

Fratello io non posso minimizzare il tuo peccato e difendere le tue colpe; esse sono gravi, oltraggiose verso Dio… ma non posso accettare il concetto dell’impotenza dell’amore. Sopra il tuo peccato c’è l’amore, di fronte alle tue colpe c’è l’amore e se tu sei soltanto disposto ad accettare che Dio si prenda cura di te, puoi esperimentare, ancora una volta, la potenza dell’amore divino.

Non posso escludere che Iddio venga a te con la verga della correzione e che assuma di fronte a te l’attitudine severa del Padre che mortifica, ma non posso ammettere che in questa manifestazione divina ci sia qualcosa di diverso dello amore. La Scrittura ci ricorda, che anche i padri della carne, hanno manifestato il loro amore verso di noi attraverso il metodo della correzione; ci hanno ripreso e castigato per il nostro bene, cioè per il nostro bene terreno, mentre Iddio ci castiga per renderci partecipi della Sua santità, quindi per il nostro bene eterno (Ebrei 12:10).

Non perderti d’animo di fronte alla severità di Dio; quella severità nasce dall’amore ed è mossa dall’amore. Mentre l’anima tua è angosciata per il senso della colpa e mentre la tua vita è forse provata dalle conseguenze del peccato, guarda a Dio e contempla il suo volto luminoso di Padre. Forse puoi anche leggere i segni della severità, ma non puoi non vedere la luce dell’amore; Egli è tuo padre!

Se ascolti la voce del crudele avversario, del calunniatore, senti ripetere frasi antiche che cercano di farti dubitare di Dio; forse non tutto quello che odi è falso perché Satana sa mescolare astutamente la menzogna con la verità per rendere accettevole il falso e per trasformare in menzogna il vero. Il tentatore ti parla della giustizia divina, della santità di Dio, dell’odio che Iddio ha per il peccato… ma perché ti parla di queste cose o di queste cose soltanto?

Per farti dimenticare che Iddio è amore! Iddio odia il peccato; Egli l’odia fuori di noi e lo odia in noi, ma l’odio che ha per il peccato non può superare l’amore che ha per noi. L’amore quindi induce Iddio a combattere il peccato e a distruggerlo quando esso, purtroppo, ha trovato un posto nella nostra vita.

Ma non sai tu che quando ti accosti a Dio umiliato non fai altro che aprirti all’opera benefica dello Spirito? Non fai altro cioè che consentire a Dio di distruggere il peccato che è in te: l’amore e la giustizia divina si fondono assieme e Iddio opera e si manifesta nel suo carattere e nella sua essenza che includono ambedue questi attributi divini.

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06/01/2012 17:22

Umiliati, confessa, ma spera, spera nell’amore di Dio perché Egli ti ha amato oltre il limite del tempo e dello spazio, del concepibile e del descrivibile. Se il Padre ha offerto il "diletto Unigenito" per te, può ora dimenticarti?

Ma tu rispondi: "È proprio questa la ragione del mio sgomento; Iddio ha offerto Cristo per la mia salvezza ed io ho sprezzato quel sacrificio divino consumando il mio peccato; Iddio non può più amarmi".

Fratello caro, il tuo pensiero è errato perché Iddio "ti può ancora amare" e "ti vuole amare"; chiede soltanto che tu entri nella sfera del Suo amore, cioè chiede che tu non dubiti che Egli è tuo padre. Riguarda al figliuolo della parabola: lontano, nell’avvilimento e nella degradazione volse il pensiero alla casa abbandonata; egli riconobbe le sue colpe, la sua condizione, il suo bisogno, ma riconobbe anche che colui nel quale aveva ancora speranza era "suo padre".

Mi umilierò, disse il figliuol prodigo, confesserò le mie colpe, mi accontenterò di essere soltanto un servo in casa, ma lo chiamerò: "padre, padre mio"! Egli potrà anche essere severo come me, pensò nell’intimo del cuore, potrà farmi udire i suoi rimproveri e potrà far pesare il suo castigo, ma non potrà negare che io sono il suo figliuolo. Il successo di "quel ritorno" trova la spiegazione nel fatto che quel giovane, benché in paese straniero, benché nella miseria più profonda e benché avvilito dalla colpa più grande, seppe riguardare a colui che aveva abbandonato come a " suo padre".

Egli sapeva che tante cose erano accadute e quindi tante cose erano state mutate dal tempo e dalle circostanze, ma "una cosa" era rimasta immutata e rimaneva immutabile la "relazione che lo univa a suo padre". Ricordati anche tu del prodigo e, nella desolazione che si è prodotta in te a causa del tuo peccato, pensa alla "casa lontana" e pensa soprattutto a tuo Padre.

Iddio ti ama e ti attende; naturalmente devi essere tu a volgere il pensiero verso lui e a compiere la decisione e l’azione del ritorno; devi muovere i tuoi passi nel sentiero spinoso dell’umiliazione e della confessione ed arrivare prostrato ai suoi piedi. Quando ti troverai di nuovo davanti a Lui rimarrai soltanto sorpreso dalla tenerezza e dalla dolcezza del Suo amore; Egli ti stringerà e ti sussurrerà parole di affetto ineffabile, Egli ti ristorerà e rivestirà la tua vita delle sue benedizioni.

Non si vergognerà di te e non avrà ripugnanza delle tue vesti contaminate e per riconoscerti figliuolo non aspetterà che il tuo abito sia mutato, perché il suo amore traboccante si manifesterà nell’amplesso più caldo e più espansivo. Quest’atto di amore divino non sarà, non è supina tolleranza per il peccato, anzi è azione energica contro il peccato, perché il Padre, che abbraccia ed accoglie il figliuolo pentito ed amareggiato dall’esperienza durissima, sa bene che egli non abbandonerà più quel tetto e non si allontanerà più da quella contrada. (Salmo 130:4).

Ma io, io ho peccato in maniera imperdonabile; il mio peccato è mortale…; queste sono le parole con le quali tu resisti al messaggio dell’amore e della misericordia. Fratello, ascolta, non c’è peccato che Iddio non sia disposto a perdonare e nessun peccato è "per natura" mortale. La potenza dell’amore infinito, dell’amore eterno è maggiore della potenza del peccato, di qualsiasi peccato e perciò questa potenza sublime può sempre coprire la colpa che si erge davanti a Dio.

Il peccato diventa imperdonabile nel momento che il "figliuolo" cessa di sentirsi tale, cioè nel momento che non riconosce più Iddio quale Padre. Quando il colpevole non avverte più il bisogno di "ritornare" e non sente più la nostalgia della casa, quando si sente estraneo a Dio e Dio diventa uno sconosciuto per lui, quando la coscienza diventa insensibile per un processo di cauterizzazione spirituale, il peccato diventa imperdonabile.

L’imperdonabilità del peccato non deriva quindi dalla natura del peccato, ma dalla posizione del peccatore di fronte all’amore di Dio: il colpevole che va alla fonte divina dell’amore trova il lavacro per il suo peccato, ma il peccatore che non va, non vuole andare, non sa più andare alla fonte purificatrice, rimane con la contaminazione delle sue colpe.

Come vedi, fratello, l’amore di Dio non ci incoraggia a peccare, ma ci chiama ad umiliazione e ravvedimento perché è ovvio che colui che peccasse col premeditato proposito di beneficare dell’amore perdonatore, consumerebbe anticipatamente il più turpe oltraggio verso Iddio e provocherebbe nella propria coscienza, quel processo di cauterizzazione che esclude il perdono divino.

Sovente la Scrittura presente davanti a noi la vita di Davide, cantore d’Israele e re penitente. Il suo peccato è orrendo e lo sviamento che lo tiene lontano da Dio per molti mesi è quasi incomprensibile, eppure nel giorno dell’umiliazione e della confessione egli trova misericordia in Dio.

La vita del re amato da Dio ci spiega profondamente il soggetto dottrinale che sta davanti a noi: Davide ha peccato non per oltraggiare Iddio, ma per soddisfare le voglie della sua natura impetuosa, eccitata dalla tentazione; egli non ha compiuto un calcolo vile onde sfruttare l’amore del Padre, ma è stato accecato dalle circostanze. Ha taciuto, sofferto, si è inaridito, ma quando finalmente ha udito il messaggio dell’Eterno, ha saputo riconoscere in quel messaggio gravido di severità, la parola dell’amore.

Davide non ha dubitato minimamente dell’amore di Dio e in un atto di fede e di umiliazione completa si è gettato fra le braccia di Colui che poteva ristorarlo.

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06/01/2012 17:23

Le mie parole quindi non ti dicono che puoi peccare e non ti dimostrano che Iddio è pronto a "chiudere gli occhi" sopra i tuoi peccati, ma ti dicono semplicemente che se sei caduto, se sei stato sconfitto in una battaglia, Iddio ti attende per sollevarti e per medicarti. Forse Egli dirà a te quello che Cristo disse all’ammalato di Betesda: "Non peccar più che peggio non ti avvenga " (Giovanni 5:14), ma intanto ti accoglierà e ti benedirà.

Non ascoltare, ti ripeto, le voci che cercano di insinuarsi nella tua coscienza per indurti a voltare le spalle a Dio; esse ti dicono che tutto è finito per te, ti dicono che il mondo ed il peccato ti attendono… ma non ti accorgi che sono le voci dell’inferno?

Il nemico non ha ancora ottenuta la vittoria definitiva sopra te e perciò cerca di spingerti lontano da Dio, lontano dal Suo amore, ma tu fratello, reagisci e reagisci prontamente, e benché lacero, disfatto, sanguinante, ritorna al Padre, rifugiati nel Suo infinito amore.

Volgi la tua mente alle espressioni visibili dell’amore di Dio; Egli ti ha amato prima che tu nascessi e per te, si, anche per te, ha mandato il Suo figliuolo nel mondo. La Parola eterna si è fatta carne, uomo tra gli uomini, ha conosciuto le limitazioni, le sofferenze e le tentazioni che sono della natura umana.

Contraddetto, sprezzato, ignorato, incompreso, il Figlio ha compiuto il Suo compito divino anche per te; anche per te è comparso davanti al Sinedrio e davanti a Pilato ed Erode; è stato schernito, giudicato condannato, ed anche per te le sue carni si sono lacerate sotto le sferze crudeli della flagellazione. Egli ha salito il Golgota, è stato inchiodato sulla croce ed ha sofferta l’agonia atroce anche per te. Quando Cristo, prima di rendere lo Spirito ha esclamato "Tutto è compiuto" (Giovanni 19:30), ha incluso anche te in quell’opera perfetta di amore e di redenzione.

Il Padre ha mandato il Figlio e il Padre ha permesso che il Figlio fosse lo sprezzato, il condannato. Lo ha veduto in mezzo agli uomini mentre l’ira e la collera degli empi cadevano sopra di Lui; lo ha veduto lacerato e sanguinante sotto i colpi delle sferze, lo ha veduto rotto, spezzato, spasimante nell’agonia della croce eppure lo ha lasciato lì in quelle sofferenze, in quel vituperio perché fosse un "dono a te " (Giovanni 3:16).

Iddio ti "ha dato" il Figlio e tu sei stato salvato per quest’offerta meravigliosa… puoi pensare che Egli ti rifiuterebbe ora il sorriso del Suo amore? No, Iddio non vuole negarti il Suo amplesso paterno perché ti ama, ma Egli chiede che tu abbia fiducia nel Suo amore e che in quest’ora ti umili davanti a Lui.

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06/01/2012 17:24

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