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UNIONE E COMUNIONE

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2012 18:06
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20/01/2012 17:52

di John Hudson Taylor

UNIONE E COMUNIONE

 

Meditazioni sul Cantico dei Cantici

 

di John Hudson Taylor

 

prefazione del pastore J. Stuart Holden

 

 

 

 

 

PREFAZIONE

 

 

     Lo scopo di questo libretto è condurre il devoto studente delle Scritture nei pascoli verdi del Buon Pastore, alla sala dei banchetti del Re, e al servizio nella Vigna. Esso è il retaggio di Hudson Taylor per la Chiesa. Sotto la potenza di un’evidente unzione dello Spirito Santo, egli ha spiegato con linguaggio semplice la profonda verità dell’unione personale del credente con il Signore, che sotto simboli e immagini è il soggetto trattato nel Cantico dei Cantici. E nel far questo egli ha fornito una guida sicura a uno dei libri più trascurati e meno compresi delle Sacre Scritture. Infatti molti, perplessi a causa della ricchezza di linguaggio e abbondanza di simbolismi, hanno detto come l’etiope di cui parla il Vangelo: “Come posso comprendere se nessuno mi fa da guida?”. Possiamo affermare con sicurezza che queste pagine non mancheranno di aiutare e benedire tali persone.

     Le parole di Hudson Taylor indicano la possibilità e la felicità dell’unione del credente con Cristo, e la sua intera vita dimostra come per lui sia stata realmente un’esperienza attuale. Egli visse come uno che “appartiene ad un Altro, cioè a Colui che è risuscitato dai morti” (Romani 7:4); e come risultato di quell’unione egli ha portato frutto per Dio. Il modo in cui egli ha vissuto ha confermato quello che ha scritto. Inevitabilmente ci saranno alcuni che leggeranno e rigetteranno queste parole, bollando come mistico e irrealizzabile quello che invece è così importante per la comunione con il Signore. Vorrei, comunque, azzardarmi a ricordare a tali persone che lo scrittore delle pagine che seguono ha fondato la China Inland Mission (missione per l’entroterra della Cina). Ha tradotto la sua visione dell’Amato nello strenuo servizio di tutta la sua vita, e l’ha mantenuta così viva attraverso tutti quegli anni che difficilmente possiamo trovare un parallelo in questi nostri giorni.

     I seguenti brevi capitoli proclamano l’Evangelo come risultato dell’esperienza, e tracciano alfine un sentiero attraverso questa porzione della Parola di Dio, che condurrà coloro che lo percorreranno nella gioia del Regno dell’Emmanuele.

 

 

J. STUART HOLDEN

 

St. Paul's, Portman Square, Londra.

 

1 Giugno 1914.

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20/01/2012 17:53

IL CANTICO DI SALOMONE

INTRODUZIONE

Il meraviglioso fine verso cui tendono tutte le benedizioni di Dio ci è rivelato nel quindicesimo capitolo della prima epistola di Paolo ai Corinzi: “Affinché Dio sia tutto in tutti”. Tale affermazione è concorde con l’insegnamento che il nostro Signore ci dà in Giovanni 17:3: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo”. Sapendo queste cose, comportiamoci con saggezza tenendole sempre presenti nella vita di tutti i giorni e studiando la santa Parola di Dio.
Tutta la Scrittura è ispirata da Dio ed è utile, e dunque nessuna parte di essa è, o può essere, trascurata senza perdere qualcosa di prezioso. Una delle parti della Parola che aiuteranno maggiormente i credenti diligenti ad approfondire questa importantissima “conoscenza di Dio” è il fin troppo trascurato “Cantico di Salomone”. Come le altre porzioni della Parola di Dio, anche questo libro può risultare difficile da comprendere; e del resto ciò accade con tutte le opere di Dio. Il fatto stesso che, senza l’aiuto del Signore, l’intelletto dell’uomo non riesca a sondarle e a comprenderle, non è forse una prova della divinità del loro autore? Può un fragile uomo pensare di afferrare la sapienza divina, o capire e interpretare le opere della provvidenza dell’Altissimo? E se no, ci sorprende forse che anche la Sua Parola necessiti della divina sapienza per la sua interpretazione? Grazie siano rese a Dio, per l’illuminazione dello Spirito Santo che è promessa a tutti coloro che la ricercano: cos’altro potremmo desiderare?
Letto senza la chiave d’interpretazione, il Cantico è particolarmente difficile da comprendere, ma tale chiave si trova facilmente negli insegnamenti del Nuovo Testamento. La “Parola fatta carne” è la vera chiave alla Parola scritta; ma ancor prima dell’incarnazione, il credente troverà negli scritti profetici dell’Antico Testamento un aiuto importante per discernere i sacri misteri di questo libro; poiché lì leggiamo che a Israele veniva insegnato che il suo Creatore era anche suo Marito. Giovanni Battista, l’ultimo dei profeti, identificò lo Sposo nella persona di Cristo, e disse, “Colui che ha la sposa è lo sposo, ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ode, si rallegra grandemente alla voce dello sposo; perciò questa mia gioia è completa” (Giovanni 3:29). Paolo, nel quinto capitolo dell’Epistola agli Efesini, va ancora oltre, insegnando che l’unione di Cristo con la Sua Chiesa, e la dipendenza di quest’ultima da Lui, è alla base della stessa relazione che c’è tra gli sposi nel matrimonio.
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20/01/2012 17:53

In Salomone, il re sposo, nonché autore di questo poema, abbiamo un tipo del nostro Signore, il vero Principe della pace, nel Suo regno che sta per venire. Allora sarà fondato non soltanto sulla Sua sposa, la Chiesa, ma anche su quelle persone devote, Suoi servitori, sulle quali Egli regnerà gloriosamente. Allora i sovrani di regni lontani porteranno i loro beni, e ammireranno la gloria del Re, mettendolo alla prova con difficili domande, come fece la Regina di Sceba con Re Salomone (1 Re 10:1); benedetti coloro ai quali tale privilegio sarà accordato! Un breve sguardo sarà loro sufficiente per tutta la vita; ma quanto sarà grande la dignità reale e il benedetto splendore della sposa risorta ed esaltata! Per sempre col suo Signore, per sempre come il suo Signore, per sempre consapevole che il Suo desiderio è rivolto verso di lei, essa condividerà il Suo cuore e il Suo trono. Può uno studio che ci aiuti a comprendere questi misteri della grazia e dell’amore non essere della massima importanza?
È interessante notare il contrasto tra questo libro e quello che lo precede. Il libro dell’Ecclesiaste insegna con enfasi che “Vanità delle vanità, tutto è vanità” (Ecclesiaste 1:3): esso è dunque la necessaria introduzione al Cantico di Salomone, che ci mostra come possedere la vera benedizione e soddisfazione. Nella stessa maniera l’insegnamento del nostro salvatore Gesù Cristo nel quarto libro di Giovanni ci mostra l’inutilità delle cose materiali, in netto contrasto con la grandezza delle benedizioni che scaturiscono dalla presenza dello Spirito Santo (il cui compito è quello di rivelare non Se stesso, ma Cristo quale Sposo dell’anima del credente); “Chiunque beve di quest’acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna” (Giovanni 4:13).
Studieremo il libro suddividendolo in sei parti:

1. La Vita Insoddisfatta e il Rimedio ad Essa (Capitolo 1:2 - 2:7).

2. Comunione Infranta. Ristorazione (Capitolo 2:8 - 3:5).

3. Comunione Ininterrotta (Capitolo 3:6 - 5:1).

4. Comunione di Nuovo Infranta. Ristorazione (Capitolo 5:2 - 6:10).

5. I Frutti dell’Unione Riconosciuta (Capitolo 6:2 - 8:4).

6. Comunione Senza Limiti (Capitolo 8:5 - 8:14).
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20/01/2012 17:53

In ciascun capitolo parleranno talvolta la sposa, altre volte lo Sposo, o ancora le figlie di Gerusalemme; solitamente non è difficile capire chi stia parlando. La sposa si riferisce allo Sposo chiamandolo “il suo Amato”; lo Sposo parla di lei chiamandola “il Suo amore”, mentre le figlie di Gerusalemme si riferiscono alla sposa in diverse maniere. Nelle prime quattro sezioni la chiamano “la più bella fra le donne”, ma nella quinta viene chiamata “Sulamita”, o sposa del Re, e anche “figlia di Principe”.
Chi vorrà studiare questo libro tenga presente che la sposa è colei che parla per la maggior parte delle sezioni 1 e 2, e si può notare quanto sia occupata di se stessa; ma nella sezione 3, dove la comunione è ininterrotta, non parla molto, anzi è lei ad ascoltare; le figlie di Gerusalemme fanno un lungo discorso, e lo Sposo desidera la sua amata. In questa sezione, Egli la chiama per la prima volta “mia sposa”. Nella sezione 4, è di nuovo la sposa a parlare, ma dopo la sua ristorazione lo Sposo si rivolge a lei e non la rimprovera. Nella sezione 5, notiamo che la sposa non è più chiamata “la più bella fra le donne”, ma dice di essere, e viene riconosciuta, come la sposa del Re. Nella sezione 6, lo Sposo dice di conoscerla fin dalla sua nascita, e non soltanto dal giorno delle nozze, proprio come Dio parla di Israele nel capitolo 16 del libro di Ezechiele.

Nel segreto della Sua presenza
Quanto ama l’anima mia nascondersi!
Oh, quanto preziose sono le lezioni
Che imparo stando con Gesù!
Le preoccupazioni del mondo non potranno più tormentarmi,
Né potranno le prove abbattermi;
Poiché quando Satana viene per affliggermi,
Corro al luogo segreto!
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20/01/2012 17:54

TITOLO

“Il Cantico dei Cantici di Salomone”.

A ragione questo Libro della Bibbia può essere chiamato il Cantico dei Cantici! Non esiste un cantico pari a questo. Leggerlo porta gioia al cuore, una gioia che è tanto superiore a quella prodotta dalle cose terrene quanto sono alti i cieli al di sopra della terra. È stato detto giustamente che questo è un cantico che solo la grazia può insegnare, e che solo l’esperienza può apprendere. Il nostro Salvatore, parlando dell’unione dei tralci con la vite, aggiunge, “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa” (Giovanni 15:11). E anche gli amati discepoli, scrivendo di “Colui che è dal principio”, che era col Padre ed è stato manifestato a noi affinché possiamo partecipare alla comunione nella quale Egli viveva, dicono, “Vi scriviamo queste cose affinché la vostra gioia sia completa” (1 Giovanni 1:4). Unione con Cristo, e dimorare in Cristo, di che altro dovremmo preoccuparci? Pace, pace perfetta; riposo, riposo costante; risposte a tutte le nostre preghiere; vittoria su tutti i nostri nemici; una vita pura, santa; e frutti sovrabbondanti. Tutte, tutte queste cose sono il gioioso risultato del dimorare in Cristo. Approfondire questa unione, e renderla ancora più costante, è lo scopo di questo prezioso Libro.
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20/01/2012 17:54

PARTE 1



LA VITA INSODDISFATTA E IL RIMEDIO AD ESSA

Cantico dei Cantici 1:2 - 2:7



Non c’è alcuna difficoltà nel riconoscere la sposa come colei che sta parlando nei versi 2-7. Le parole non sono quelle di uno che è spiritualmente morto nelle trasgressioni e nei peccati, al quale il Signore appare come “una radice da un arido suolo, senza figura né bellezza”. Al contrario, chi sta parlando ha gli occhi aperti per ammirare la Sua bellezza, e desidera una comunione maggiore nel Suo amore.

Mi baci egli dei baci della sua bocca,
Poiché le tue carezze sono migliori del vino.


È bene che sia così; questo è un segno distintivo dello sviluppo della vita della grazia nell’anima. Questa esperienza è frutto dell’opera divina che produce il desiderio della manifestazione della Sua presenza, del Suo amore. Non è sempre stato così per la sposa. Un tempo ella era soddisfatta in Sua assenza; altre persone e altre occupazioni la impegnavano; ma ora non potrà mai più essere così. Il mondo non potrà mai più essere per lei quello che era un tempo; la sposa ora ama il suo Signore, e nessun’altra compagnia all’infuori della Sua può soddisfarla. Le Sue visite possono essere occasionali e brevi, ma sono preziosi momenti di gioia. Ella ripensa teneramente a quei momenti, e anela al prossimo incontro. Non esiste soddisfazione nella Sua assenza, eppure, Egli non è sempre con lei, ma va e viene. Ora la sua gioia in Lui è come il paradiso in terra; ma poi di nuovo cerca, cerca invano la Sua presenza. Come una mutevole marea, la sua esperienza è fatta di alti e bassi; forse l’ansietà è la regola, e la soddisfazione è l’eccezione. Non esiste aiuto per questa situazione? Continuerà sempre così? Può Egli aver creato questo desiderio inestinguibile solo per illuderla? Certamente no. Eppure non ci sono tanti nel popolo del Signore, la cui esperienza abituale corrisponde con la sua? Essi non conoscono il riposo e la gioia di dimorare in Cristo, e non sanno come raggiungerli, né il motivo per cui non ci riescono. Non sono forse tanti quelli che guardano indietro ai tempi piacevoli del loro fidanzamento con lo Sposo, quelli che anziché crescere ancora nella conoscenza di Cristo, consci di aver perduto il loro primo amore, possono esprimere la loro esperienza con il triste lamento:

Dov’è la felicità che conobbi
Quando per la prima volta incontrai il Signore?
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20/01/2012 17:55

Altri, ancora, che forse non hanno perduto quel loro primo amore, a mano a mano che Egli cresce e che il mondo diminuisce di importanza nella loro vita, trovano sempre più insopportabili le occasionali interruzioni nella loro comunione. La Sua assenza è un dolore sempre maggiore. “Oh, se sapessi dove trovarLo! Mi baci egli dei baci della sua bocca, poiché le tue carezze sono migliori del vino. Se solo il Suo amore fosse forte e costante come il mio, cosicché Egli non allontanasse mai la luce del Suo volto!”.
Quale errore, in questo ragionamento! Un amore più forte del tuo ti aspetta, e desidera essere soddisfatto. Lo Sposo ti sta aspettando in ogni momento; le condizioni che impediscono che Egli ti raggiunga sono prodotte proprio da te. Disponiti a cercarLo nel modo giusto, ed Egli sarà impaziente, e ben felice, di soddisfare il desiderio dell’anima tua, e di venire incontro a ogni tua necessità. Cosa penseremmo di una donna fidanzata, la cui presunzione e ostinatezza impedissero non solo la realizzazione della propria gioia, ma anche di quella dell’uomo a cui ella ha dato il suo cuore? Sebbene ella non riesca ad essere in pace in sua assenza, ciononostante non ha piena fiducia in lui; e non vuole abbandonare il suo nome, i suoi diritti e proprietà, la sua volontà a colui che è diventato necessario per la sua felicità. Lo vorrebbe volentieri tutto per sé, ma senza dare tutta se stessa a lui; ma ciò non potrà mai essere: se vuole conservare il proprio nome, non potrà mai rivendicare quello di lui. Ella non può promettere di amarlo e onorarlo se non promette anche di obbedirgli: e fino a quando il suo amore non raggiungerà il punto di arrendersi, rimarrà un’amante insoddisfatta; ella non può, come una sposa felice, trovare riposo in casa di suo marito. Fintanto che continuerà a rimanere attaccata alla propria volontà, e ai propri beni materiali, dovrà accontentarsi di vivere con quelle cose: non può reclamare quelle di suo marito.

Ci potrebbe mai essere una prova dell’estensione e della realtà della caduta dell’uomo, più triste di quella radicata mancanza di fiducia verso il nostro amorevole Signore e Maestro, e che ci fa esitare ad abbandonarci completamente a Lui, per timore che Egli possa chiederci qualcosa di troppo difficile, o di troppo importante per noi? Il vero segreto della vita insoddisfatta risiede troppo spesso in una volontà non arresa. Che cosa sciocca e sbagliata! Riteniamo di essere più saggi di Lui? O forse l’amore che noi abbiamo per noi stessi è più tenero e forte del Suo verso di noi? O ci conosciamo meglio di quanto ci conosce Lui? Questa nostra mancanza di fiducia, quanto deve addolorare e ferire nuovamente il tenero cuore di Colui che è stato per noi “Uomo di Dolore”! (cfr. Isaia 53:3) Cosa proverebbe uno sposo terreno se scoprisse che la sua eletta sposa avesse paura di sposarlo, per timore che, una volta sua moglie, lui le rendesse la vita insopportabile? Eppure quanti credenti trattano il Signore proprio in questa maniera! Non c’è da meravigliarsi che essi non siano né felici né soddisfatti!

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20/01/2012 17:55

Ma il vero amore non può restare fermo; esso deve o declinare o crescere. Malgrado tutte le meschine paure dei nostri miseri cuori, l’amore divino è destinato a conquistare. La sposa esclama:

I tuoi profumi hanno un odore soave;
Il tuo nome è un profumo che si spande;
Perciò ti amano le fanciulle!


Nessun profumo era pari a quello col quale il Sommo Sacerdote era unto; e il nostro Sposo è un Sommo Sacerdote, oltre che Re (cfr. Ebrei 4:14, 5:10, 6:20, ecc.). La sposa tremante non può allontanare del tutto le sue paure; ma l’inquietudine e il desiderio di comunione diventano insopportabili, e così ella decide di arrendersi completamente, e di accettare senza riserve quello che potrà seguire. Darà tutta se stessa a Lui, e tutto il suo cuore e i suoi possedimenti. Quand’anche Egli la conducesse con sé verso un altro Moriah, o anche a un Calvario, ella Lo seguirà.

Attirami a te!
Noi ti correremo dietro!


Ma cosa accade in seguito? Quale sorpresa! Nessun Moriah, né Calvario; al contrario, un Re! Quando il cuore si sottomette, allora Gesù regna. E quando Gesù regna, c’è riposo.
E dove conduce la Sua sposa?

Il re mi ha condotta nei suoi appartamenti.


Non prima nella sala delle nozze; quello verrà poi, al momento opportuno. Ma prima desidera restare solo con Lei.
Quale perfezione! Potremmo noi essere soddisfatti di incontrare la persona amata soltanto in pubblico? No; vogliamo poter stare insieme in disparte, noi due soli.
Così è con il nostro Signore: Egli conduce la Sua sposa, che ora è pienamente consacrata a Lui, ad assaporare e gioire della sacra comunione con il Suo meraviglioso amore. Lo Sposo della Sua Chiesa brama la comunione con il Suo popolo più di quanto essi bramino la Sua compagnia, e spesso deve gridare:

Mostrami il tuo viso,
Fammi udire la tua voce;
Poiché la tua voce è soave, e il tuo viso è bello.


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20/01/2012 17:56

Non siamo troppo inclini a cercarLo per le nostre necessità piuttosto che per la Sua gioia e piacere? Non dovrebbe essere così. Noi non ammiriamo i figli egoisti che pensano solo a cosa possono ottenere dai propri genitori, e non si curano di procurargli gioia o di rendergli dei servizi. Eppure non stiamo correndo il pericolo di dimenticare che piacere a Dio significa fargli piacere, dargli gioia? Alcuni di noi ripensano ai tempi in cui le parole “piacere a Dio” significavano solo non peccare contro di Lui, e non rattristarLo; ma l’amore di genitori terreni potrebbe essere soddisfatto con la mera assenza di disobbedienza? O uno sposo, se la sua sposa lo cercasse solo quando le servisse qualcosa?

Una parola sulla preghiera al mattino non credo sia fuori luogo qui. Non esiste tempo speso in modo migliore di quello che nelle prime ore del mattino possiamo dare solo a Gesù. Prestiamo sufficiente attenzione a questo momento di preghiera? Se no, dovremmo ricominciare a praticarla; non c’è niente che possa sostituirla. Dobbiamo investire del tempo per essere santi! E c’è un’altra cosa: quando portiamo a Dio le nostre domande, non passiamo oltre nelle nostre richieste, oppure lasciamo la stanza senza attendere le risposte? Questo non dimostra forse che non speriamo in una risposta, o che non ne desideriamo una? È così che ci aspettiamo di essere trattati? Attendere Dio in silenzio salverebbe dal commettere molti sbagli e da molte sofferenze.

Abbiamo visto che la sposa ha fatto la felice scoperta che ad attenderla c’era un Re - il suo Re - e non una croce, come si aspettava; questa è la primizia dei frutti della consacrazione.

Noi gioiremo, ci rallegreremo a motivo di te;
Noi celebreremo le tue carezze più del vino!
A ragione sei amato!


Un’altra scoperta non meno importante l’aspetta. Ella ha visto il volto del Re, e come il sole che sorge rivela ciò che era nascosto nell’oscurità, così la Sua luce ha rivelato alla sposa ciò che il lei è oscuro: “Sono scura”, ella grida. “Ma bella”, interviene lo Sposo, con grazia e tenerezza, “come le tende di Chedar, come i padiglioni di Salomone”. Niente umilia maggiormente l’anima come la sacra e intima comunione col Signore; ma c’è una dolce gioia nel sentire che Egli conosce tutto e, ciò nonostante, ci ama lo stesso. Le cose che una volta chiamavamo “piccole negligenze” ora le vediamo con nuovi occhi “nel segreto della Sua presenza”. Lì vediamo lo sbaglio, il peccato, il non prenderci cura della nostra vigna. La sposa confessa:

Non guardate se sono scura;
È il sole che mi ha abbronzata;
I figli di mia madre si sono adirati contro di me;
Mi hanno fatta guardiana delle vigne,
Ma io, la mia vigna, non l'ho custodita.
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20/01/2012 17:56

La nostra attenzione qui è portata su un pericolo preminente in questi giorni: l’intensa attività dei nostri tempi può portare allo zelo nel servizio, ma a trascurare la comunione personale; e tale noncuranza non solo ridurrà il valore del servizio, ma ci renderà incapaci verso il servizio maggiore. Se badiamo alle anime degli altri, e trascuriamo la nostra, se stiamo cercando di togliere la pagliuzza dall’occhio del nostro fratello, senza badare alla trave che è nel nostro, saremo spesso delusi dalla nostra impotenza ad aiutare i nostri fratelli, e il nostro Signore non sarà meno deluso di noi. Non dimentichiamo mai che quello che siamo è più importante di quello che facciamo; e che ogni frutto nato quando non dimoriamo in Cristo deve essere frutto della carne, e non dello Spirito. Il peccato del trascurare la comunione con il Signore può essere perdonato, ma il suo effetto rimane permanentemente; come quelle ferite che pur quando guariscono lasciano spesso una cicatrice.

Veniamo ora a una dolcissima prova della realtà dell’unione della sposa con il suo Signore. Ella è uno con il Buon Pastore: ora il suo cuore si rivolge istintivamente alla cura del gregge, calcando le orme di Colui che la sua anima ama, e non lavorerebbe mai senza di Lui, o in altra compagnia al di fuori della Sua:

O tu che il mio cuore ama,
Dimmi dove conduci a pascolare il tuo gregge,
E dove lo fai riposare sul mezzogiorno.
Infatti, perché sarei io come una donna sperduta,
Presso le greggi dei tuoi compagni?


Ella non confonde la compagnia dei Suoi servitori con quella del loro Padrone.

Se non lo sai, o la più bella delle donne,
Esci e segui le tracce delle pecore,
E fa’ pascolare i tuoi capretti
Presso le tende dei pastori.


Queste sono le parole delle figlie di Gerusalemme, e danno una risposta corretta alle sue domande. Lasciatele mostrare il suo amore per il suo Signore nutrendo le Sue pecore, e prendendosi cura dei Suoi agnelli (cfr. Giovanni 21:15-17), e non dovrà temere di perdere la Sua presenza. Mentre si curerà di loro assieme agli altri servitori, troverà il Sommo Pastore al suo fianco, e godrà dei segni della Sua approvazione. Il servizio sarà con Gesù oltre che per Gesù.

Ma ancor più dolce della risposta delle figlie di Gerusalemme è la voce dello Sposo, che ora parla in prima persona. È il frutto vivente dell’unità del Suo cuore con quello della sposa, che Lo fa esprimere con le parole gioiose dei versi 9-11. Poiché non solo è vero che il nostro amore per il nostro Signore si rivela nella cura del Suo gregge, ma anche che il cuore di Colui che quando era qui in terra ha detto: “In quanto lo avete fatto a uno di questi Miei minimi fratelli, l’avete fatto a Me” (Matteo 25:40) è commosso e non di rado Egli rivela Se stesso a coloro che stanno ministrando per Lui.

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20/01/2012 17:56

La lode rivolta alla sposa nel verso 9 colpisce per la sua appropriatezza e bellezza:

Amica mia, io ti assomiglio
Alla mia cavalla tra i carri del Faraone.


Bisogna ricordare che i cavalli in origine furono portati dall’Egitto, e che i purosangue che ancora si trovavano in Arabia furono portati durante il regno di Salomone dai suoi mercanti per tutti i re dell’est. Quelli scelti per i carri di Faraone stesso non solo sarebbero dovuti essere della razza più pura, perfetti in proporzioni e simmetria, ma anche perfetti nell’addestramento, docili e obbedienti; l’unica volontà che essi avrebbero conosciuto era quella dell’auriga, e l’unico scopo della loro esistenza sarebbe stato quello di seguire il re ovunque egli fosse andato. Così dovrebbe essere con la Chiesa di Cristo; un corpo con molte membra, abitato e guidato da un unico Spirito; la cui testa non conosce altra volontà che la Sua; e i cui movimenti rapidi e armoniosi dovrebbero far avanzare il Suo regno nel mondo.

Molti anni fa un caro amico, ritornando per terra dall’est, soggiornò da Suez al Cairo nella ingombrante diligenza allora in uso. I passeggeri presero posto, una dozzina di giovani cavalli selvaggi furono imbrigliati con corde al veicolo, il conducente si mise al suo posto, fece schioccare la frusta, e i cavalli presero a correre, alcuni a destra, alcuni a sinistra, altri in avanti, facendo partire la carrozza con balzo, per poi fermarsi improvvisamente, con l’effetto di far cadere quelli che erano seduti sui sedili anteriori addosso a quelli seduti sui sedili posteriori, e viceversa. Con l’aiuto di un certo numero di arabi che corsero ai lati per indirizzare quei cavalli selvaggi nella giusta direzione, i passeggeri furono scossi e sballottati, agitati e coperti di lividi, finché, raggiunta la loro destinazione, furono troppo esausti e doloranti per concedersi il riposo di cui avevano tanto bisogno.

Non è la Chiesa di Dio oggi più simile a quei destrieri non addestrati che ai cavalli dei carri di Faraone? E se l’ostinatezza e la disunione sono manifeste nella Chiesa, c’è da meravigliarsi che il mondo giaccia ancora nel maligno, e che le grandi nazioni pagane siano a stento toccate?

Cambiando similitudine, lo Sposo continua:

Le tue guance sono belle in mezzo alle collane,
Il tuo collo è bello tra i filari di perle.
Noi ti faremo delle collane d’oro
Con dei punti d’argento.


La sposa non è solo bella e utile al suo Signore, ma anche adornata, ed è Suo diletto aggiungere altri ornamenti. I Suoi doni non sono fiori deperibili, o ciondoli privi di reale valore; l’oro più fino, l’argento più puro, e i gioielli più preziosi e durevoli sono i doni che Sposo reale fa alla Sua sposa; e questi, intrecciati tra i capelli di lei, aumentano la gioia di Colui che glieli ha donati.

Nei versi 12-14 la sposa risponde:

Mentre il re è nel suo convito,
Il mio nardo esala il suo profumo.

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20/01/2012 17:57

È nella Sua presenza e attraverso la Sua grazia che si rivela qualunque fragranza o bellezza che possa trovarsi in noi. Di Lui come fonte, attraverso Lui come strumento, e a Lui come fine, è tutto quello che è grazioso e divino. Ma Egli stesso vale molto di più di tutta le Sue opere di grazia in noi.

Il mio amico è per me come un sacchetto di mirra,
Che passa la notte sul mio seno.
Il mio diletto è per me un mazzo di fiori di alcanna
Nelle vigne di En-Ghedi.


È bene che i nostri occhi contemplino la Sua bellezza e i nostri cuori siano occupati con Lui. Nella misura in cui questo è vero per noi comprenderemo la corrispettiva verità che il Suo grande cuore è occupato con noi. Notate la risposta dello Sposo:

Come sei bella, amica mia,
Come sei bella!
I tuoi occhi sono come quelli delle colombe.


Come può lo Sposo, senza mentire, usare tali parole per una che riconosce di essere “nera come le tende di Chedar” ? E ancora più forti sono le parole dello Sposo nel capitolo 4, verso 7:

Tu sei tutta bella, amica mia,
E non c’è nessun difetto in te.


Troviamo la soluzione a questo dilemma in II Corinzi al capitolo 3. Mosè nel contemplare la gloria divina fu trasformato a tal punto che gli Israeliti non riuscivano a fissare lo sguardo sul suo volto a motivo della gloria che era sul suo volto (cfr. verso 7). “E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito” (verso 18). Ogni specchio ha due superfici; una è opaca, non riflette ed è coperta di macchie; ma quando l’altra superficie viene girata in avanti non vediamo macchie, ma vediamo la nostra immagine. Così mentre la sposa si diletta nella bellezza dello Sposo, Egli vede in Lei la Sua stessa immagine: non c’è alcuna macchia, è interamente bella. Che noi possiamo sempre mostrare questo riflesso alla Sua vista, e al mondo in cui viviamo con lo scopo di riflettere Lui.

Notate ancora le Sue parole:

I tuoi occhi sono come quelli delle colombe.

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20/01/2012 17:57

L’aquila è un uccello meraviglioso, e ha occhi stupendi, acuti e penetranti; ma lo Sposo non desidera gli occhi di un’aquila nella Sua sposa. I teneri occhi della colomba innocente sono quelli che Egli ammira. Fu nelle sembianze di una colomba che lo Spirito Santo venne sopra di Lui al Suo battesimo in acqua, e il carattere della colomba è quello che Egli cerca in ciascuno nel Suo popolo.
Il motivo per cui a Davide non fu permesso di costruire il Tempio fu molto significativo. La sua vita non era affatto perfetta; i suoi errori e i suoi peccati ci sono stati fedelmente tramandati dallo Spirito Santo. Essi furono per lui causa di castigo da parte di Dio, eppure non fu per questi che non gli fu consentito di costruire il Tempo, quanto piuttosto per il suo spirito guerriero; e questo nonostante molte delle sue battaglie, se non tutte, furono per stabilire il Regno di Dio e l’adempimento delle Sue promesse ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe. Soltanto Salomone, il Principe della Pace, poté edificare il Tempio. Se vogliamo essere pescatori d’anime ed edificare la Chiesa, che è il Suo Tempio, notiamo questo: non mediante discussioni, né mediante litigi, ma solamente innalzando Cristo porteremo gli uomini a Lui.

Veniamo ora alla risposta della sposa. Egli l’ha definita bella; saggiamente e a ragione ella risponde:

Come sei bello, amico mio, come sei amabile!
Anche il nostro letto è verdeggiante.
Le travi delle nostre case sono di cedro,
I nostri soffitti sono di cipresso.


Lo sposo risponde:

Io sono la rosa di Sharon,
Il giglio delle valli.
Quale un giglio tra le spine,
Tale è l’amica mia tra le fanciulle.


Al che la sposa replica ancora:

Qual è un melo tra gli alberi del bosco,
Tal è l’amico mio fra i giovani.
Io desidero sedermi alla sua ombra,
Il suo frutto è dolce al mio palato.


Il melo è un magnifico albero sempreverde, che dà una piacevole ombra e dei frutti rinfrescanti. Ombra, ristoro e riposo ella trova in Lui. Che contrasto tra la sua presente condizione e sentimenti e quelli con i quali era iniziato il discorso! Egli ben conosceva la causa delle paure della sposa: la sua mancanza di fiducia derivava dalla sua mancanza di conoscenza dello Sposo, così Egli l’ha presa in disparte, e nella dolcezza della loro comunione le paure i sospetti sono svaniti come la nebbia del mattino prima del sorgere del sole.
E ora che ella ha imparato a conoscerLo, riceve un’ulteriore prova del Suo amore. Egli non si vergogna a riconoscerla pubblicamente.

Egli mi ha condotta nella casa del convito,
L’insegna che stende su di me è amore.
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20/01/2012 17:57

La casa del convito è ora appropriata come inizialmente lo erano le camere del Re. Senza timore e senza vergogna ella può sedersi al Suo fianco, è la Sua sposa riconosciuta, la Sposa che Egli ha scelto. Contemplando l’immensità del Suo amore ella esclama:

Fortificatemi con schiacciate d’uva passa,
Sostentatemi con mele,
Perché sono malata d’amore.
La sua sinistra sia sotto il mio capo,
la sua destra mi abbracci!


Ora ella riconosce che benedizione è appartenerGli. Non appartiene più a se stessa, ma trova riposo soltanto nel suo Sposo.

Figlie di Gerusalemme, io vi scongiuro
Per le gazzelle, per le cerve dei campi,
Non svegliate, non svegliate l’amore mio,
Finché lei non lo desideri!


Non è mai per Sua volontà che il nostro riposo in Lui è disturbato.

Tu puoi sempre dimorare,
Se lo vuoi, presso Gesù;
Nel segreto della Sua presenza
Puoi in ogni momento trovar riparo.


Il Suo amore non cambia; Egli è lo stesso ieri, oggi, e in eterno (Ebrei 13:8). Egli ci promette: “Io non ti lascerò e non ti abbandonerò” (Ebrei 13:5); e la Sua sincera esortazione, e comandamento, è “dimorate in me, e Io dimorerò in voi” (Giovanni 15:4).
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20/01/2012 17:58

PARTE 2



COMUNIONE INFRANTA. RISTORAZIONE

Cantico dei Cantici 2:8 - 3:5



“Perciò bisogna che ci atteniamo ancor di più alle cose udite, che talora non siamo portati via lontano da esse” (Ebrei 2:1).

Alla fine della prima parte abbiamo visto la sposa soddisfatta, riposare tra le braccia del suo Amato, il quale aveva raccomandato alle figlie di Gerusalemme di non svegliare la Sua amata finché lei non desiderasse essere destata. Potremmo supporre che un’unione tanto completa, una soddisfazione così piena, non potrebbe mai essere interrotta per qualche mancanza da parte della sposa felice. Ma, ahimè, l’esperienza della maggior parte di noi mostra quanto facilmente la comunione con Cristo può essere infranta, e quanto sono necessarie le esortazioni del nostro Signore per quelli che sono i tralci della vera Vigna, e sono lavati mediante la Parola che Egli ha annunciato, affinché dimorino in Lui. La mancanza non è mai da parte Sua. “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente” (Matteo 28:20). Ma, piuttosto, spesso la sposa dimentica le esortazioni che le sono state rivolte nel Salmo 45 (versi 10-11):

Ascolta, fanciulla, guarda e porgi l’orecchio;
Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre,
E il Re desidererà grandemente la tua bellezza;
Prostrati davanti a Lui, perché Egli è il tuo Signore.


In questa parte, la sposa si è allontanata dalla sua posizione di benedizione, verso uno stato di mondanità. Forse il riposo stesso della gioia che ha appena scoperto l’ha fatta sentire troppo sicura; forse ha pensato che l’esortazione “Figlioletti, guardatevi dagli idoli” (1 Giovanni 5:21) non la riguardava personalmente. Oppure deve aver pensato che l’amore per le cose del mondo doveva essere stato definitivamente annientato, cosicché ora fosse possibile per lei tornare indietro senza pericolo, e, con qualche piccolo compromesso da parte sua, potesse convincere anche i suoi amici a seguire il suo Signore. Forse non ha neppure pensato tanto: felice di essere stata salvata e liberata, ha dimenticato che la corrente - la direzione di questo mondo - è contro di lei; e inconsciamente è scivolata, trascinata indietro in quello stato dal quale era stata chiamata e liberata. Quando la corrente è contro di noi, non è necessario girare la barca per andare alla deriva; né, durante una gara, è necessario che un atleta corra in senso opposto, per perdere il premio.
Ah, quanto spesso il nemico riesce, tramite questo o quell’altro mezzo, a tentare il credente portandolo via da quella posizione di completa consacrazione a Cristo, nella quale soltanto è possibile sperimentare la pienezza della Sua potenza e del Suo amore. Dico la pienezza della Sua potenza e del Suo amore; poiché egli può non aver smesso di amare il suo Signore. Nel passaggio che abbiamo davanti, la sposa Lo ama ancora sinceramente, ma non completamente; ella avverte ancora una potenza nella Sua Parola, sebbene ella non obbedisca più con immediatezza. Non si rende conto di quanto male sta facendo al suo Signore, e quanto è reale il muro che li separa.
La mondanità le sembra una piccola cosa; non ha realizzato la solenne verità dei molti passaggi della Parola di Dio che parlano con schiettezza della follia, del pericolo, del peccato dell’amicizia col mondo. “Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui” (1 Giovanni 2:15). “O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio” (Giacomo 4:4). “Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi; infatti che rapporto c’è tra la giustizia e l’iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre? E quale accordo fra Cristo e Belial? O quale relazione c’è tra il fedele e l’infedele? . . . Perciò:

Uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore,
E non toccate nulla d’immondo,
Ed Io vi accoglierò,
E sarò come un Padre per voi,
E voi sarete per Me come figli e figlie, dice il Signore Onnipotente”.

(2 Corinzi 6:14-18).
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20/01/2012 17:58

Dobbiamo prendere una decisione: non possiamo godere del mondo e di Cristo. La sposa non ha imparato questo: ella resta volentieri in comunione con entrambi, senza preoccuparsi della loro incompatibilità. Ella osserva con gioia l’avvicinarsi dello Sposo:

Ecco la voce del mio amico! Eccolo che viene,
Saltando per i monti, balzando per i colli.
L’amico mio è simile a una gazzella, o a un cerbiatto.
Eccolo, egli sta dietro il nostro muro, e guarda per la finestra,
Lancia occhiate attraverso le persiane.


Il cuore della sposa sussulta sentendo la voce del suo Amato che viene in cerca di lei. Egli ha attraversato le colline; si avvicina a lei; Egli sta dietro il muro; osserva anche attraverso le finestre; con parole dolci e toccanti la chiama a Sé. Egli non la rimprovera: le Sue tenere suppliche affondano nei suoi ricordi:

Il mio amico parla e mi dice:
“Alzati, amica mia, mia bella, e vieni,
Poiché, ecco, l’inverno è passato,
Il tempo delle piogge è finito, se n’è andato;
I fiori spuntano sulla terra,
Il tempo del canto è giunto,
E la voce della tortora si fa udire nella nostra campagna.
Il fico ha messo i suoi frutti,
Le viti fiorite esalano il loro profumo.
Alzati, amica mia, mia bella, e vieni”.


Tutta la natura è sensibile al ritorno dell’estate, e tu, Sposa Mia, resterai insensibile al Mio amore?

Alzati, amica mia, mia bella, e vieni.


Può una tale supplica essere fatta invano? Ahimè, può esserlo, e lo fu!

Con parole ancor più toccanti lo Sposo continua:

Mia colomba, che stai nelle fessure delle rocce,
Nel nascondiglio delle balze,
Mostrami il tuo viso,
Fammi udire la tua voce;
Poiché la tua voce è soave, e il tuo viso è bello.
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20/01/2012 17:58

Che pensiero meraviglioso, che Dio desideri comunione con noi! E che Egli, il cui amore un tempo Lo rese l’Uomo di Dolori, ora può essere l’Uomo delle Gioie mediante la devozione amorevole dei cuori umani.
Ma per quanto sia forte il Suo amore, e struggente il Suo desiderio per la Sua sposa, Egli non può andare oltre. Dov’è ella adesso Egli non può raggiungerla. Ma certamente ella tornerà a Lui. Non ha Egli forse diritto su di lei? Ella, che sente e gioisce del Suo amore, lascerà che il Suo desiderio non conti nulla per lei? Poiché, notiamo, qui non è la sposa che cerca invano il suo Signore, ma è lo Sposo che sta cercando lei. Oh, che Egli non la cerchi invano!

Prendete le volpi, le piccole volpi che danneggiano le vigne,
Perché le nostre vigne sono in fiore.


Egli continua. I nemici possono essere piccoli, ma il danno fatto è grande. Un piccolo rametto in fiore, tanto piccolo da essere notato a malapena, può essere facilmente rovinato, ma così la fruttuosità dell’intero ramo può essere distrutta per sempre. E quanto sono numerose quelle piccole volpi! Piccoli compromessi con il mondo; disobbedienza nelle piccole cose alla piccola e ferma voce dello Spirito del Signore; qualche piccola condiscendenza della carne a trascurare il dovere; qualche piccola deviazione nella propria condotta; fare il male nelle piccole cose cosicché ne venga il bene; e la bellezza e la fruttuosità della vigna sono sacrificate!
Nella risposta della sposa abbiamo una triste illustrazione dell’illusorietà del peccato. Invece di correre a incontrarLo, prima consola il proprio cuore ricordando la Sua fedeltà, e la sua unione con Lui:

Il mio amico è mio, e io sono sua:
Di lui, che pastura il gregge fra i gigli.


La mia posizione, ella dice, è di sicurezza, non devo preoccuparmene. Egli è mio, e io sono Sua; e niente può alterare quella relazione. Posso trovarLo ora in ogni momento, Egli nutre il Suo gregge tra i gigli. Mentre il sole della prosperità risplende su di me posso con sicurezza godere di questo tempo qui senza di Lui. Se la prova e l’oscurità dovessero giungere, Egli certamente non mi abbandonerà.

Prima che spiri la brezza del giorno e che le ombre fuggano,
Torna, amico mio,
Come la gazzella o il cerbiatto
Sui monti che ci separano!


Senza preoccuparsi del desiderio del Suo Amato, ella pensa di poter aspettare ancora un po’ prima di dimorare nel Suo amore; e lo Sposo, addolorato, si allontana!
Povera sposa stolta! Presto si renderà conto che le cose che una volta la soddisfacevano ora non possono soddisfarla più; e che è più facile far orecchio da mercante alla Sua tenera chiamata che richiamare a sé o trovare il suo Signore assente.
Il giorno divenne freddo, e le ombre fuggirono; ma Egli non ritornò. Allora nella notte solenne ella scoprì il suo errore: era buio, e lei era sola. Ritirandosi per riposare spera ancora nel Suo ritorno; ma non ha ancora imparato la lezione che la mondanità è un ostacolo insormontabile alla piena comunione.

Sul mio letto, durante la notte, ho cercato il mio amore;
L’ho cercato, ma non l’ho trovato.


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20/01/2012 17:59

Ella attende e si stanca: la Sua assenza diventa insopportabile:

Ora mi alzerò, e andrò attorno per la città,
Per le strade e per le piazze;
Cercherò il mio amore;
L’ho cercato ma non l’ho trovato.


Quanto è diversa la sua posizione da quella che sarebbe dovuta essere! Invece di cercare lo Sposo sola, desolata, e nel buio, avrebbe potuto correrGli incontro alla luce del sole, appoggiandosi sul Suo braccio. Quando la sua comunione era compromessa, aveva scambiato la vista parziale del Suo Amato attraverso la finestra con la gioia del Suo abbraccio e la Sua pubblica confessione di averla scelta come Sua sposa!

Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata;
E ho chiesto loro: “Avete visto il mio amore?”
Di poco le avevo passate,
Quando trovai il mio amore.


Ella aveva obbedito al Suo comando: “Alzati, e vieni”. Senza temere il Suo rimprovero, Lo stava cercando nel buio; e quando inizia a confessare al Suo Signore, presto Lo trova e viene ristorata nel Suo favore:

Io l’ho preso, e non lo lascerò,
Finché non l’abbia condotto in casa di mia madre,
Nella camera di colei che mi ha concepita.


La Gerusalemme celeste è la madre di noi tutti. Lì la comunione non è vissuta in modo carnale o con ostinata indulgenza.
Questa parte si conclude con la comunione completamente ristorata come era al principio, con l’amorevole richiesta dello Sposo affinché nessuno disturbi la Sua sposa:

Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
Per le gazzelle, per le cerve dei campi,
Non svegliate, non svegliate l’amore mio,
Finché lei non lo desideri!


Che tutti noi possiamo, mentre viviamo quaggiù nel mondo senza appartenergli, trovare la nostra dimora nei luoghi celesti nei quali siamo seduti con Cristo (cfr. Efesini 2:6). Inviati nel mondo per testimoniare del nostro Signore, sforziamoci di rimanere come stranieri qui, pronti a confessare Lui come il vero oggetto della devozione delle nostre anime.

Oh, quanto amabili sono le Tue dimore,
O Eterno degli eserciti!
L'anima mia anela e si strugge per i cortili dell’Eterno;
Il mio cuore e la mia carne mandano grida di gioia al DIO vivente . . .
Beati coloro che abitano nella Tua casa e Ti lodano del continuo . . .
Un giorno nei Tuoi cortili val più che mille altrove;
Io preferisco stare sulla soglia della casa del mio DIO,
Che abitare nelle tende degli empi.
Perché l’Eterno DIO è sole e scudo;
L’Eterno darà grazia e gloria;
Egli non rifiuterà alcun bene a quelli che camminano rettamente.
O Eterno degli eserciti,
Beato l’uomo che confida in Te!

(Salmo 84).

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20/01/2012 17:59

PARTE 3



LA GIOIA DELLA COMUNIONE ININTERROTTA

Cantico dei Cantici 3:6 - 5:1



O Gesù, meraviglioso Re,
Celebre Conquistatore.
Ineffabile la Tua dolcezza,
Nella quale ogni letizia si trova!
Te, Gesù, possano le nostre voci benedire;
Te solo possiamo noi amare;
E sempre nelle nostre vite mostrare
L’immagine Tua.


Nelle prime due parti ci siamo occupati principalmente delle parole e degli avvenimenti che hanno interessato la sposa; in netto contrasto con questo, nella presente sezione la nostra attenzione sarà dapprima chiamata ad ascoltare lo Sposo, e poi da Lui sentiremo parlare della sposa come oggetto del Suo amore e gioia del Suo cuore. Le figlie di Gerusalemme sono le prime a parlare.

Chi è colei che sale dal deserto, simile a colonne di fumo,
Profumata di mirra e d'incenso e d’ogni aroma dei mercanti?


Esse stesse danno la risposta:

Il re Salomone si è fatto una lettiga
Di legno del Libano.
Ne ha fatto le colonne d'argento,
La spalliera d’oro, il sedile di porpora;
In mezzo è un ricamo, lavoro d’amore
Delle figlie di Gerusalemme.

Ecco la lettiga di Salomone,
Intorno a cui stanno sessanta prodi,
Fra i più valorosi d’Israele.
Tutti maneggiano la spada,
Sono esperti nelle armi;
Ciascuno ha la sua spada al fianco,
Per gli spaventi notturni.


In questi versi la sposa non è menzionata; ella è eclissata dalla magnificenza e dalla condizione del suo reale Sposo; ciononostante, ella prende parte e condivide quello splendore. L’aria stessa è profumata dal fumo dell’incenso, che sale come colonne verso le nuvole; e tutti quei prodi che stanno a guardia dello Sposo, dimostrano la Sua dignità, e sono a protezione della sposa che Lo accompagna, in quanto ella è partecipe della Sua gloria. I due viaggiano su un mezzo fatto di fragrante cedro del Libano, e l’oro e l’argento più fini sono stati impiegati nella sua costruzione. Il legno fragrante simbolizza la bellezza dell’umanità santificata, mentre l’oro ci ricorda della gloria divina del nostro Signore, e l’argento della purezza e preziosità della Sua Chiesa redenta. La porpora imperiale con la quale è fiancheggiato ci parlano dei Gentili, dei doni portati dalla “figlia di Tiro”, mentre il “lavoro d’amore delle figlie di Gerusalemme” è in accordo con la profezia: “i ricchi del popolo ricercheranno il tuo favore” (cfr. Salmo 45:12).

Queste sono le cose che attraggono l’attenzione delle figlie di Gerusalemme, ma la sposa è occupata con il Re stesso, ed esclama:

Uscite, figlie di Sion, ammirate il re Salomone
Con la corona di cui l’ha incoronato sua madre
Il giorno delle sue nozze,
Il giorno della gioia del suo cuore.
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20/01/2012 17:59

Il Re incoronato è tutto per lei, ed ella vorrebbe che anche le figlie di Sion provassero lo stesso sentimento. Ella contempla con piacere la gioia del Suo cuore nel giorno del matrimonio, poiché non si rivolge più a Lui per interesse personale, ma si rallegra nella Sua gioia, nel trovare in lei la Sua soddisfazione. Coltiviamo sufficientemente questo desiderio altruistico, essere tutto per Gesù, e fare tutto quello che Gli possa recare gioia? O siamo consapevoli del fatto che andiamo a Lui principalmente per le nostre necessità, o al massimo per il bene dei nostri simili? Quanto della preghiera incomincia e finisce con la creatura, dimenticando del privilegio di dare gioia al Creatore! Eppure è solo quando Egli vede nel nostro amore altruistico e nella nostra devozione a Lui il Suo riflesso, che il Suo cuore può sentire piena soddisfazione, e spandersi in preziose espressioni d’amore come quelle che troviamo nelle parole che seguono:

Come sei bella amica mia, come sei bella!
I tuoi occhi, dietro il tuo velo,
Somigliano a quelli delle colombe;
i tuoi capelli sono come un gregge di capre,
Sospese ai fianchi del monte di Galaad.
I tuoi denti sono come un branco di pecore tosate
Che tornano dal lavatoio;
Tutte hanno dei gemelli,
Non ce n’è una che sia sterile.
Le tue labbra somigliano a un filo scarlatto,
La tua bocca è graziosa,
etc. (vedere versi 4:3-5)


Abbiamo già visto la spiegazione del fatto che la sposa rifletta come in uno specchio la bellezza dello Sposo. Ben può Egli con soddisfazione descrivere la bellezza di lei mentre è così occupata con Lui! Le labbra che parlano solo di Lui sono come un filo scarlatto; la bocca o parola che non parla di sé, o per sé, è graziosa ai Suoi occhi.
Possiamo ben immaginare quanto dolci fossero le Sue parole di apprezzamento e di lode per la Sua sposa; ma la gioia di lei era troppo profonda per poter essere descritta; ella rimane silenziosa nel suo amore. Adesso non penserebbe più di mandarLo via fino al calar della sera come abbiamo visto prima.
E ancora meno lo Sposo pensa di trovare la Sua gioia in altri che nella Sua sposa. Egli dice:

Prima che spiri la brezza del giorno
E che le ombre fuggano,
Io andrò al monte della mirra
E al colle dell’incenso.


La separazione non viene mai da parte Sua. Egli è sempre pronto per la comunione con un cuore preparato, e in questa felice comunione la sposa diventa ancora più bella, e più simile al suo Signore. Ella viene progressivamente trasformata a Sua immagine, di gloria in gloria, attraverso la meravigliosa opera dello Spirito Santo, fino a che lo Sposo può dichiarare:

Tu sei tutta bella, amica mia,
E non c’è nessun difetto in te.
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