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SALMI CON COMMENTO

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2023 18:37
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06/02/2012 19:21

INTRODUZIONE

La parola "salmi" (in ebraico tehillìm, in greco psalmoì) significa inni, lodi, canti musicali. Scrive Calvino "Sono solito definire questo libro (dei salmi) un’anatomia di tutte le parti dell’anima, perché non c’è sentimento dell’uomo che non sia qui rappresentato come in uno specchio. Anzi, per meglio dire, lo Spirito Santo ha messo qui, al vivo, tutti i dolori, le tristezze, i timori, i dubbi, le speranze, le preoccupazioni, le perplessità, fino alle più confuse emozioni da cui l’animo degli uomini è abitualmente agitato".

E sant’Atanasio: "Nei salmi, come in uno specchio, ritroviamo anche il nostro volto." Essi sono la nostra autobiografia spirituale. Questo libro è attuale, è contemporaneo ad ogni uomo: non ha bisogno di essere aggiornato o adattato: va capito. Ma per capirlo non basta tradurlo dall’ebraico in italiano: bisogna leggerlo, pregarlo e meditarlo con amore. Il salterio narra la storia di tutti e quindi è il libro di tutti (anche dei laici). Nei salmi è tracciato l’itinerario essenziale di ogni uomo e viene indicata a tutti la via per raggiungere la felicità in Dio.

Il Dio dei salmi si svela come vicino, come Emmanuele (Dio con noi), inserito nella nostra storia, e non come un imperatore impassibile, anche quando è apparentemente assente e silenzioso.

I salmi, questi mirabili tesori di preghiera, hanno alimentato trenta secoli di preghiera personale e comunitaria, hanno strutturato il pensiero e la preghiera di Gesù, degli apostoli e dei cristiani di tutti i secoli. Ad esempio, gli stiliti della Siria, dall’alto del loro isolamento spirituale, sulla piattaforma delle colonne "passavano le notti a recitare i salmi, talora cinquanta, altre volte ottanta e anche l’intero salterio" (Niceforo).

Scrive Lutero: "Ogni cristiano che voglia pregare e raccogliersi dovrebbe servirsi del salterio. Sarebbe bene che ne acquistasse una tale familiarità da conoscerlo a memoria, parola per parola, e fosse in grado per ogni circostanza di citarne un passo appropriato. Perché, veramente, tutto quello che un animo pio desidera esprimere con la preghiera, lo trova formulato nei salmi in maniera così perfetta e così commovente che nessuno potrebbe esprimerlo meglio. Il salterio ci ammaestra e ci fortifica proprio con la preghiera. Esso si accorda con il "Padre nostro" e il "Padre nostro" si ritrova in esso in maniera così perfetta che uno serve a comprendere l’altro e tutti e due danno un identico suono".

L’uso dei salmi, per noi cristiani, non è un ritorno al culto della sinagoga, ma la maniera più consona per cantare i misteri di Cristo. Il solo senso definitivo di tutta la bibbia voluto veramente da Dio è quello che ha ricevuto la sua pienezza in Gesù Cristo.

Ma occorre fare un passo avanti. Noi siamo uomini del XX secolo. E Dio non ci chiede di tornare indietro. Dobbiamo pregare i salmi con la mentalità cristiana del nostro tempo, con la mentalità della chiesa di oggi. Quando prega i salmi, la chiesa non fa archeologismo, ma vive nel presente del mondo e della storia. I salmi, quindi, devono essere la nostra preghiera di oggi, devono esprimere il dialogo dell’uomo con Dio oggi.

Il Concilio Vaticano II definisce la lode dei salmi come "la voce della stessa sposa (la Chiesa) che parla al suo Sposo (Cristo)" (SC 84), secondo una famosa intuizione di san Girolamo: "Preghi? Sei tu che parli allo Sposo. Leggi? È lui che ti parla".

I salmi sono contemporaneamente parola di Dio al suo fedele e parola d’uomo al suo Dio

IL CRISTO E I SALMI

"Tutta la divina scrittura costituisce un unico libro e quest’unico libro è Cristo, perché tutta la Scrittura parla di Cristo e trova in Cristo la sua pienezza"

(Ugo di san Vittore).

"C’è un’unica Parola di Dio dilatata in tutte le Scritture, e un unico Verbo risuona dalla bocca di molti scrittori sacri"

(Agostino).

Questa verità fondamentale l’aveva detta Gesù stesso: "Voi scrutate le scritture... Ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza... Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto" (Gv 5,39-46).

Ciò è vero per tutta la bibbia, ma si realizza in modo speciale nel libro dei salmi; libro che tutta la Tradizione è concorde nel ritenere centrale, nel senso che riflette e condensa tutto il resto della bibbia. Scrive sant’Atanasio: "Tutta la Scrittura, sia l’antica che la nuova, è ispirata da Dio e utile per insegnare, ma il libro dei salmi merita una particolare attenzione". Il vangelo resta indecifrabile per chi non lo legga alla luce del salterio. Scrive sant’Ambrogio: "Nei salmi Gesù non solo nasce per noi, ma anche assume la passione salvifica del corpo, muore, risorge, ascende al cielo, siede alla destra del Padre". Gesù stesso lo afferma nel vangelo: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi" (Lc 24,44).

I salmi hanno valore profetico, come scrive sant’Ambrogio: "A Davide viene promesso in modo aperto e palese che il Signore Gesù sarebbe nato dal suo seme secondo questa parola del Signore: Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono (Sal 132,11)".

Il salterio, infatti, ci presenta la generazione eterna del Cristo nel seno del Padre (Sal 110,3); la sua generazione nel tempo, nella carne (Sal 2,7; 87,5); la sua corsa da gigante (Sal 19,6), lui il più forte vincitore del forte (Lc 11,21-22; Sal 18,37-40), l’unico innocente e immacolato (Sal 26,1) in mezzo alla corruzione di tutti (Sal 14,1), il pastore che guida alle acque battesimali, all’unzione crismale, al calice inebriante (Sal 23); ce lo mostra nella luce della trasfigurazione (Sal 104,2), ci presenta la sua passione e la sua morte (Sal 69) e il suo grido sulla croce (Sal 22; 30,6), la sua discesa agli inferi, libero tra i morti (Sal 88), la sua risurrezione e ascensione (Sal 3,6; 24; 139), la costituzione degli apostoli come principi su tutta la terra (Sal 45,17), la chiamata alla fede di tutte le genti (Sal 47) e finalmente il suo ritorno glorioso nell’ultimo giorno per fare il giudizio (Sal 96; 97; 98) e il suo regno eterno nei cieli fra i santi glorificati con lui (Sal 148; 149; 150).

Scrive sant’Ilario: "Il Salvatore ha la chiave di Davide (Ap 3,7) per aprire il libro e i suoi sigilli (Ap 5,6) perché nei salmi sono racchiusi tutti i misteri del Cristo, dall’incarnazione al giudizio. C’è bisogno della rivelazione del Signore per rendere tutto manifesto, ma del resto tutto era stato detto dal divino Spirito per mezzo di Davide".

Sant’Agostino riconosce in tutto il salterio la voce di Cristo. Egli ode in tutto il salterio la voce di Cristo che parla a suo nome, come Salvatore nato dalla Vergine, o che parla a nome delle sue membra con cui si identifica, Sposo che è una cosa sola con la Sposa, come è scritto in Ef 5,31-32, capo del Corpo, Figlio di Dio e Chiesa, "quell’uomo sparso ovunque, il cui Capo è in alto mentre le membra sono in basso; dobbiamo sentire ormai nota e familiare, come se fosse la nostra, la sua voce in ogni salmo, sia che canti o che gema, si allieti nella speranza oppure sospiri..." Cristo è insieme cantore dei salmi, eroe dei salmi, e con il Padre termine della preghiera dei salmi. Non solo i salmi sono il libro dell’AT più citato e più evocato nel nuovo, ma sono quelli che offrono i maggiori argomenti per l’attribuzione al Cristo delle prerogative divine (Sal 45,7-8 citato in Eb 1,8-9; Sal 102,26-28 citato in Eb 1,10; ecc.).

L’ALTRO: L’AVVERSARIO

In ogni pagina del salterio, come nel vangelo, è presente l’altro: il nemico, il ribelle, l’accusatore, il maligno, l’avversario, continuamente in conflitto contro l’Innocente e i suoi fedeli: il diavolo.

È sempre in scena con tutte le sue schiere: i nemici di cui si parla continuamente nei salmi sono gli spiriti malvagi. Le frequenti maledizioni, che troviamo nel salterio e che spesso ci lasciano perplessi per la loro violenza, in definitiva sono esorcismi contro di lui e contro i suoi alleati, sono dichiarazioni dell’incompatibilità delle due vie, sono anticipazioni e sollecitazioni del giudizio finale. Scrive don Divo Barsotti: "Con cinquanta nomi diversi è sempre lui, il maligno. Si veste e si traveste sotto il segno di tutti, ma rimane sempre lui, il servo del male, lui che opprime il povero, lui che opera la menzogna e vuole la morte, lui la cui vittoria non è che la distruzione". Il salmista ce lo presenta come l’Adamo del male. Il salterio infatti lo chiama anche semplicemente "l’uomo": "Sorgi, Signore, non prevalga l’uomo" (Sal 9-10,20); "Pietà di me, o Dio, perché l’uomo mi calpesta" (Sal 56,1). Anche in questo il salterio è straordinariamente conforme al vangelo, che chiama il diavolo, seminatore della zizzania nel campo che è il mondo, "uomo nemico" (Mt 13,28. 39), e, sempre nel vangelo, Gesù stesso chiama Pietro addirittura "satana" quando tenta di distoglierlo dall’andare verso la morte e la risurrezione (Mt 16,23).

Il vangelo e il salterio non lasciano illusioni: l’uomo non redento da Cristo, non purificato dalla Parola (Gv 15,3), non trasformato da Dio e in Dio nel mistero della croce, è satanizzato, è quella carne (= uomo) nemica di Dio (Rm 8,7) che non può ereditare il regno di Dio (1Cor 15,50).

Nella bibbia non si parla della bontà naturale dell’uomo intesa "alla Rousseau". I salmi ci mostrano la lotta continua tra Dio e satana e tra i loro rispettivi satelliti. Scrive sant’Agostino: "Ognuno consideri il suo nemico: se è cristiano, il mondo è il suo nemico. Nessuno pensi alle sue inimicizie private mentre sta per ascoltare le parole di questo salmo (Sal 65). Sappiamo che la nostra lotta non è contro la carne e il sangue (= gli uomini), ma contro i principati e le potestà, contro gli spiriti del male (Ef 6,12), cioè contro il diavolo e i suoi angeli".

Sant’Ambrogio nel suo commento al salmo 1, che è di fatto un discorso introduttivo a tutto il salterio, dice: "Se uno vuol essere munito contro le incursioni della malizia spirituale, che altro deve fare se non dire i salmi? Davide da giovane cantava i salmi e metteva in fuga lo spirito maligno da cui Saul era posseduto". La vita di san Sergio (sec. XIV), in perfetta armonia con tutta la tradizione più antica, racconta: "Una volta Sergio durante la notte entrò in chiesa per cantare il mattutino; appena iniziò a cantare, i muri della chiesa si scostarono ed entrò il demonio accompagnato da una moltitudine di servitori. Essi si precipitarono sul beato e, digrignando i denti, lo minacciarono: "Fuggi, esci di qui, non dimorare in questo luogo, altrimenti noi ti lacereremo e tu morirai nelle nostre mani". Il santo fiducioso nelle preghiere, disse ad alta voce: "Sorga Dio e i suoi nemici si disperdano" (Sal 68,1), e i demoni scomparvero" (Kovalevsky).

S. Agostino ci aiuta a comprendere meglio quanto stiamo dicendo, offrendoci un commento al salmo 7,7: "Sorgi, Signore, nella tua ira". Egli scrive: "Perché invoca ancora l’ira di Dio colui che abbiamo chiamato perfetto? Non si dovrebbe forse ritenere perfetto piuttosto colui che, quando veniva lapidato, disse: "Signore, non imputar loro questo peccato" (At 7,59)? Oppure, anche chi parla in questo salmo non invoca l’ira contro gli uomini, ma contro il diavolo e i suoi angeli, sotto il cui possesso sono gli uomini peccatori ed empi? Non è dunque crudele, ma misericordioso verso il peccatore, colui che prega che questa schiavitù gli sia tolta dal Signore che giustifica l’empio (Rm 4,5). Quando infatti l’empio viene giustificato, da empio diventa giusto e da possesso del diavolo diventa tempio di Dio. E poiché costituisce una pena il togliere a uno il possesso su cui desiderava esercitare il suo dominio, questa pena è detta ira di Dio contro il diavolo perché cessi di possedere quel che possiede".

I salmi sono la preghiera attuale di Cristo e della sua chiesa. Paragonati alle altre preghiere, pur belle e buone, che sono parole di uomini, essi risultano infinitamente migliori perché sono parola di Dio.

 

DRE
[Modificato da Tealacrema 06/02/2012 19:24]
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06/02/2012 19:25

SALMO 1

Le due vie

1 Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi,

non indugia nella via dei peccatori

e non siede in compagnia degli stolti;

2 ma si compiace della legge del Signore,

la sua legge medita giorno e notte.

3 Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua,

che darà frutto a suo tempo

e le sue foglie non cadranno mai;

riusciranno tutte le sue opere.

4 Non così, non così gli empi:

ma come pula che il vento disperde;

5 perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,

né i peccatori nell’assemblea dei giusti.

6 Il Signore veglia sul cammino dei giusti,

ma la via degli empi andrà in rovina.


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06/02/2012 19:26

COMMENTO AL SALMO 1


Il salmo 1 rappresenta il portale d’ingresso attraverso il quale si entra nel ricco mondo dei salmi. S. Girolamo lo definisce: prefazione dello Spirito Santo. Veramente queste poche righe del salmo 1 sono la prefazione di tutto il libro dei salmi e il riassunto di tutta la vita umana. Per Dio gli uomini sono alberi (v. 3) o pula (v. 4). L’albero è solido, vive, produce frutti. La pula è in balìa del vento, è morta, non serve a nulla: è scarto.

Nel vangelo secondo Matteo (7,24-27) Gesù usa un paragone molto simile a questo per descrivere l’uomo saggio e l’uomo stolto: il primo è solido perché ha edificato la sua casa sopra la roccia della parola di Dio ascoltata e messa in pratica, il secondo è inconsistente e crolla perché ha edificato la sua casa sulla sabbia. L’uomo attinge stabilità e vita dalla meditazione costante (giorno e notte: v. 2) della parola di Dio.

L’albero della vita campeggia all’inizio della bibbia nella pagina della creazione (Gen 2,9); l’albero della vita domina il paradiso verso cui è orientata la storia (Ap 2,7); l’albero vivo e verdeggiante è al centro della prima pagina della preghiera biblica (Sal 1,3).

Il tema dominante di questo salmo è l’evanescenza dell’empio in contrapposizione al radicamento del giusto. I giusti portano frutto. Gesù ha detto: "Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv 15,7).

Questo salmo è anche il prologo delle beatitudini evangeliche (Mt 5,3-12). Con qualche secolo di anticipo sul discorso programmatico di Cristo, scocca la parola "beato", "beato l’uomo": è Dio che si felicita con l’uomo. Cristo è l’albero della vita, il Beato, il Giusto. Pregando questo salmo ci confrontiamo con la sua parola e con le sue scelte: noteremo le somiglianze e le dissomiglianze con lui.

Scrive sant’Agostino di Canterbury: "Il primo salmo è da collegare al mistero di Cristo. Egli, infatti, è l’uomo perfetto che non ha mai camminato con l’assemblea degli empi".

Questa piccola composizione vuole quasi fungere da sottofondo musicale che accompagna la magnifica collezione di preghiere del salterio.

L’appello di questo salmo è semplice: l’invito a una decisione per Dio e per la sua legge o contro di lui perché la condizione fondamentale della beatitudine consiste nella trasparenza, nella chiarezza, nella decisione e nella certezza.

È necessario che la vita sia radicata là dove l’elemento vitale offre un nutrimento sicuro e duraturo. Nessuna creatura, nessun albero, nessun uomo porta in sé la vita: noi dipendiamo dal luogo in cui la nostra vita si radica. Perciò il salmista afferma che felicità o corruzione dell’uomo si decidono là dove affonda le sue radici per succhiare in sé la vita come fa l’albero. L’apostolo Paolo augura ai cristiani di Efeso di essere "radicati e fondati nella carità... e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza per essere ricolmi di tutta la pienezza di Dio" (Ef 3,17-19).

Due vie si aprono dinanzi all’uomo ed egli può scegliere liberamente di camminare sull’una o sull’altra. Via è sinonimo di vita, di atteggiamento, di condotta. "La via dei giusti è come la luce all’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio. La via degli empi è come oscurità: non sanno dove saranno spinti a cadere" (Pr 4,18-19).

Leggiamo nel Deuteronomio: "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male... Prendo a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posta davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, perché è lui la tua vita e la tua longevità" (Dt 30,15-20).

La decisione fondamentale della vita consiste in questo: "amare il Signore tuo Dio, camminare per le sue vie, osservare i suoi comandamenti, le sue leggi e le sue norme perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica" (Dt 30,16), proprio come suggerisce il salmo 1 che pone la legge di Dio al centro della via del bene (v. 2).

Nel vangelo leggiamo: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano" (Mt 7,13-14).

Negli Atti degli apostoli la "via" per eccellenza è quella del vangelo a cui sono invitati tutti gli uomini (At 9,2; 16,17...). Nel vangelo secondo Giovanni la via è Cristo stesso: "Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6).

Facciamo una prima conclusione parziale. È di Cristo che si parla in questo salmo. È lui l’uomo beato (Mt 5,3-12) che non segue il consiglio degli empi (Mt 4,1-11), che non indugia nella via dei peccatori (2Cor 5,21; Eb 4,15; 1Pt 2,22; Lc 23,41), che non siede in compagnia degli stolti (Mt 7,26; 23,17; 25,2-12; Lc 11,40; 12,20), che si compiace della legge del Signore (Lc 2,49; Gv 4,34; Lc 22,42; Mt 26,39-44; Eb 10,7), che medita la sua legge giorno e notte (Lc 6,12; Gv 3,1-12; 8,1): Lui è "l’uomo" (Gv 19,5), Lui è "la via" (Gv 14,6).

Accanto al simbolismo delle due vie viene collocato quello dell’albero rigoglioso (v. 3).

Il giusto, nella bibbia, è come albero vigoroso che partecipa alla vita stessa di Dio: "Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. Egli è come albero piantato lungo l’acqua, verso la corrente stende le radici, non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell’anno della siccità non intristisce, non smette di produrre frutti" (Ger 17,7-8).

L’acqua viva infatti è simbolo di Dio. L’acqua che dà la vita esce dal lato destro del tempio di Dio e diventa un fiume sulle cui sponde verdeggiano una grande quantità di alberi da frutto le cui fronde non appassiranno e i cui frutti non cesseranno e ogni mese matureranno perché le acque sgorgano dal santuario (Ez 47,1-12). Il santuario di Dio da cui sgorgano le acque della vita (lo Spirito Santo), il nuovo tempio in cui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9) è il corpo di Cristo (Gv 2,21). È lui la sorgente dell’acqua viva (Gv 4,10; 7,37-39; 19,33-34). Cristo paragona il regno dei cieli a un albero (Mt 13,31-32), il giusto e l’ingiusto a due alberi con i loro frutti buoni e cattivi (Mt 7,15-20), la comunione con lui alla vite e al tralcio (Gv 15,1-8). San Paolo descrive Israele e la Chiesa come un olivo e il suo innesto (Rm 11,16-24) e invita i cristiani ad essere "radicati" in Cristo (Col 2,7; Ef 3,17) e a dare il frutto dello Spirito (Gal 5,22).

Alla solidità dell’albero si oppone la vacuità della pula (v. 4) arida, leggera e inconsistente. Una lunga tradizione biblica equipara l’empietà a questa realtà inutile e impalpabile (Sal 18,43; 35,5; 83,14; Is 17,13; 29,5).

Nel vangelo il Battista annuncia il Cristo come colui che "ha in mano il ventilabro per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile" (Lc 3,17; Mt 3,12).

In questo salmo il giusto è un solitario, un emarginato, un nonconformista, mentre l’empio è massa, assemblea, compagnia (v. 1). Ma alla fine il malvagio sarà disperso in una solitudine peggiore: l’emarginazione del giudizio nell’assemblea dei giusti (v. 5).

Come nel discorso della montagna (Mt 5,1-12), il comportamento del giusto è posto sotto il segno della beatitudine. Il salmo 112,1 recita: "Beato l’uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoi comandamenti". La beatitudine non nasce da una esecuzione formalistica della morale, ma dall’amore di Dio per l’uomo e dall’amore dell’uomo per Dio. Pascal ha scritto: "Nessuno è felice, né ragionevole, né virtuoso, né amabile, come un vero cristiano" (Pensieri, n° 541).

Il credente deve correre il rischio di essere un eccentrico, un isolato: di essere minoranza (1Gv 2,15-18; 1Cor 5,9-13).

La tentazione di mimetizzarsi nell’ambiente e nell’opinione corrente è fortissima. L’autenticità del credente è uno scandalo che suscita la reazione energica degli empi: "Tendiamo insidie al giusto perché ci è d’imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l’educazione da noi ricevuta... È diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita è diversa da quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade" (Sap 2,12-15).

La via del giusto è fondata sull’adesione alla legge del Signore (la torah) che non è una cappa di piombo fatta di norme, di precetti e di prescrizioni, ma è la rivelazione divina, l’alleanza offerta da Dio alla quale l’uomo aderisce con gioia. "Il giusto si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte" (v. 2). È la celebrazione entusiasta, appassionata della parola di Dio, della bibbia. Il salmo 19 esprime questa attonita felicità di sentirsi Dio accanto, presente nella legge: "La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice. Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore; i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi" (vv. 8-9). Il commento ideale al v. 2 potrebbe essere il monumentale canto della legge che è il salmo 119.

Gli empi, i trasgressori della legge (vv. 4-5) sono votati alla condanna e al fallimento: "La via degli empi andrà in rovina" (v. 6). Dio è il fondamento della nostra esistenza; chi si allontana da lui si allontana dalla vita: "È in te la sorgente della vita" (Sal 36,10); "Io sono la vita" (Gv 14,6).

L’uomo beato, fedele nella sua scelta per Dio, dedicato interamente alla parola è Cristo. L’albero piantato sul corso d’acqua è la sua croce che produce frutti di salvezza per tutti.

Il salmista rifiuta di correre il rischio del contatto col male; Gesù invece, libero da ogni tentazione integralista, ha accettato di "sedersi" con i peccatori e coi malvagi come medico e salvatore (Mt 9,10-13; Lc 15,1-2) perché il vangelo è fermento e luce. Cristo non si tiene lontano dal contagio con i peccatori che siamo noi. Egli si è unito a noi, è diventato uno di noi, ha condiviso i suoi pasti con noi, nonostante la derisione dei benpensanti e di quelli che si ritenevano giusti. Egli si siede in compagnia di noi stolti (v. 1) perché lui è la sapienza di Dio (1Cor 1,24.30).


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06/02/2012 19:27

SALMO 2

Il dramma messianico

1 Perché le genti congiurano

perché invano cospirano i popoli?

2 Insorgono i re della terra

e i principi congiurano insieme

contro il Signore e contro il suo Messia:

3 «Spezziamo le loro catene,

gettiamo via i loro legami».

4 Se ne ride chi abita i cieli,

li schernisce dall’alto il Signore.

5 Egli parla loro con ira,

li spaventa nel suo sdegno:

6 «Io l’ho costituito mio sovrano

sul Sion mio santo monte».

7 Annunzierò il decreto del Signore.

Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio,

io oggi ti ho generato.

8 Chiedi a me, ti darò in possesso le genti

e in dominio i confini della terra.

9 Le spezzerai con scettro di ferro,

come vasi di argilla le frantumerai».

10 E ora, sovrani, siate saggi

istruitevi, giudici della terra;

11 servite Dio con timore

e con tremore esultate;

12 che non si sdegni e voi perdiate la via.

Improvvisa divampa la sua ira.

Beato chi in lui si rifugia.
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06/02/2012 19:27

COMMENTO AL SALMO 2


È una delle pagine più celebri del salterio: col Sal 110 costituisce il testo classico della preghiera messianica cristiana.

Il salmo 2 suppone lo sfondo della monarchia e appartiene al genere dei "salmi regali". Sotto l’immagine dell’intronizzazione d’un re d’Israele vuol far scoprire il progetto di Dio che si realizzerà nel suo Messia, nel Cristo.

È chiaro che il salmista non prevedeva Gesù di Nazaret. Si limitava a sfruttare l’ideologia regale in vigore presso le dinastie dell’epoca ("Mio figlio sei tu" è anche la formula con cui gli dèi intronizzavano un faraone in Egitto, per divinizzarlo agli occhi dei sudditi). Ma non possiamo non pensare che lo Spirito Santo, ispiratore di tutta la bibbia, intendesse porre un "addentellato" in vista della più perfetta rivelazione della filiazione divina di Gesù. E la precisazione sorprendente: "Oggi ti ho generato" non fa pensare solo alla nascita di un re ordinario, ma a quel "giorno eterno" in cui il Verbo è continuamente generato dal Padre.

Ugualmente, la splendida vittoria del Messia di Dio sui nemici coalizzati, non è una vittoria qualsiasi avvenuta nel corso della storia d’Israele, ma è la vittoria definitiva e finale (escatologica), nell’ultimo giorno, sul peccato e sulla morte.

Quando a Natale celebriamo la nascita di un bambino nato da Maria, non dimentichiamo che quella nascita visibile, nel tempo, è l’icona di un’altra nascita eterna: "Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato". A questo salmo allude san Luca quando scrive, a proposito di Gesù, discendente di Davide, re d’Israele, che "sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre, e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,32-33).

Ma avanziamo ancora oltre. Gesù che a varie riprese aveva annunciato profeticamente la sua risurrezione (Mc 8,31; 9,31; 10,34), ha applicato questo salmo alla sua "seconda nascita", la risurrezione, nella quale il Padre gli avrebbe concesso di distruggere il suo nemico, la morte, frantumandola come creta di vasaio. È la parola di Dio nel NT che fa questo accostamento e questa lettura dei fatti: il compimento di questa parola profetica: "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato". Leggiamo negli Atti degli apostoli: "E noi vi annunciamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato" (At 13,32-33). E nella lettera agli Ebrei (1,5) troviamo espressa la stessa verità.

Così nella venuta dei Magi a Betlemme (Mt 2,1-12) possiamo vedere una misteriosa realizzazione dell’omaggio annunciato dal salmo: "E ora, sovrani, siate saggi... servite Dio con timore e con tremore esultate" (v. 10-11). Anche la rivolta di Erode che fa massacrare gli innocenti (Mt 2,12-16) e il tentativo di soffocare la nascita della chiesa primitiva ad opera dell’autorità di Gerusalemme furono interpretati dai primi cristiani come una realizzazione di questo salmo: "Tutti insieme levarono la loro voce a Dio, dicendo: "Signore, tu che hai creato il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide: Perché si agitarono le genti e i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra e i principi si radunarono insieme, contro il Signore e contro il suo Cristo; davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d’Israele, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse. Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunciare con tutta franchezza la tua parola" (At 4,24-29).

In Ap 2,26-27; 12,5; 19,15, sono citati i v. 8-9 di questo salmo: sono riferiti a Cristo risorto che ha ogni potere su tutte le genti ed è vincitore del male.

Diciamo una volta per tutte che questi accostamenti e queste applicazioni non sono fittizi, stiracchiati o cervellotici. La parola di Dio si spiega con la parola di Dio. Il NT, quindi, è la migliore esegesi dell’antico.

In questo salmo si odono rumori di guerra, si intuiscono ribellioni, congiure e attentati. Quante sfide a Dio per detronizzarlo (da Adamo, alla torre di Babele, ad oggi)! E Dio come reagisce? Se la ride beatamente: "Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall’alto il Signore" (v. 4). Riuscite ad immaginare un pazzo che scaglia frecce contro il sole? Tale è l’uomo che attenta a Dio. Ci crediamo o no che il mondo è nelle mani di Dio e che Cristo ha vinto il male e quindi non dobbiamo avere paura? Leggiamo nel vangelo queste parole di Gesù: "Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribulazioni nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!" (Gv 16,33).

Dio ride. È una scoperta importante. Il mondo sarebbe una cosa più seria se noi credessimo al sorriso di Dio. Dio ride perché sa che, alla fin fine, tutto è buono, e si può sempre cavare dal male un bene maggiore. Dio, che sa come andranno a finire tutte le faccende, ride. Allora rido anch’io. Ridi anche tu: dimostrerai di essere lungimirante e intelligente perché assomiglierai a Dio. Dio ride perché è amore, e l’amore avrà sempre l’ultima parola.

L’umorismo è la gentilezza del cuore e il rivestimento dell’amore. Dio ama: per questo è capace di ridere, per questo è un Dio simpatico. A questo proposito leggiamo il libro di Giona. Chi è privo di umorismo, si copre di ridicolo. Chi non capisce l’umorismo di Dio, non riesce a capire la profondità, l’onnipotenza e la "serietà" dell’amore di Dio.

Soltanto chi ama può sorridere divertito di tutte le meschinità umane, perché è più forte di esse. Un giorno il santo curato d’Ars disse: "Se fossi triste, andrei subito a confessarmi".

Dove l’umorismo non ha cittadinanza, abita la pedanteria. Scrive Romano Guardini: "Il sorriso è una delle supreme forze dell’animo umano". L’umorismo è uno dei segni più sicuri di intelligenza: l’intelligenza consiste nel prendere una certa distanza dalle cose, dagli avvenimenti e dalle persone: nel vederli nella giusta prospettiva. Intelligenza è guardare con benevolenza e senza catastrofismi le persone e le cose.

Ma c’è sorriso e sorriso. Non v’è nulla di più opprimente e di più rivoltante di certi sorrisi allestiti per l’occasione. No. Il sorriso deve nascere spontaneo dall’armonia profonda dell’essere, e ciò richiede una faticosa ascesi, tanta fede e tanta virtù.

L’umorismo è il senso del relativo che fa da indispensabile contrappeso al gusto dell’Assoluto. Bisogna agire con serietà senza prendere eccessivamente sul serio ciò che si fa e ciò che si è. Per essere veramente sorridenti è necessario ritrovare un sereno equilibrio collocandosi al giusto posto in rapporto con Dio: tutto questo si chiama umiltà.
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06/02/2012 19:28

SALMO 3

Invocazione mattutina
del giusto perseguitato

1 Salmo di Davide quando fuggiva il figlio Assalonne.

2 Signore, quanti sono i miei oppressori!

Molti contro di me insorgono.

3 Molti di me vanno dicendo:

«Neppure Dio lo salva!».

4 Ma tu, Signore, sei mia difesa,

tu sei mia gloria e sollevi il mio capo.

5 Al Signore innalzo la mia voce

e mi risponde dal suo monte santo.

6 Io mi corico e mi addormento,

mi sveglio perché il Signore mi sostiene.

7 Non temo la moltitudine di genti

che contro di me si accampano.

8 Sorgi, Signore,

salvami, Dio mio.

Hai colpito sulla guancia i miei nemici,

hai spezzato i denti ai peccatori.

9 Del Signore è la salvezza:

sul tuo popolo la tua benedizione.


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06/02/2012 19:29

COMMENTO AL SALMO 3


Preghiera dell’aurora: fa dittico col salmo seguente che è carico di tonalità crepuscolari ed è quindi adatto come preghiera della sera.

All’innumerevole schiera degli avversari si oppone solo la difesa di Dio che neutralizza e vince ogni aggressione umana e diabolica: all’orgoglio sprezzante dei nemici si oppone la gloria di Dio, Dio stesso, che si rivela e si comunica all’uomo salvandolo ed esaltandolo. Questo salmo si riferisce a Cristo umiliato nella sofferenza e nella morte e innalzato nella gloria divina (Gv 3,14-15; 12,32; Fil 2,8-9); da pietra scartata diviene architrave indispensabile (Sal 118,22; Mt 21,42).

È più facile contare gli amici o i nemici? Il salmista non ha dubbi al riguardo! "Quanti sono i miei oppressori! Molti contro di me insorgono. Molti di me vanno dicendo..." (v. 2-3).

La conta degli amici nei momenti cruciali, nei momenti della verità nuda e cruda, non assorbe molto tempo. Se poi nella lista opposta, quella dei nemici, o dei non amici, dovessimo includere i mediocri, coloro che avallano i nostri errori e ci elogiano quando meriteremmo biasimo, attizzano la nostra vanità e blandiscono la parte peggiore di noi stessi, allora il numero dei nemici assumerebbe proporzioni allarmanti e quello già striminzito degli amici si squaglierebbe quasi del tutto. Anche per Gesù, al quale il salmo si riferisce nel senso più pieno, c’è stato il momento della conta degli amici e dei nemici: al Getsemani, durante i due processi pubblici e sulla croce. Leggiamo nel vangelo secondo Marco: "Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono" (Mc 14,50) e nel vangelo secondo Luca: "Essi si misero a gridare tutti insieme: A morte costui! Dacci libero Barabba!" (Lc 23,18).

"Signore quanti sono i miei oppressori!" (v. 1), "più numerosi dei capelli del mio capo sono coloro che mi odiano senza ragione" (Sal 69,5).

Sembrerebbe logico concludere per il salmista, per Gesù e anche per noi: nemici tantissimi, amici pochi o punti. A me però la cosa non convince. L’unità di misura degli amici e dei nemici non è il numero, ma il peso. Il salmista e Gesù sono d’accordo con me, e forse lo sarete anche voi. Gli amici e i nemici non si contano, si pesano. Già il salmo 1 ci ha insegnato che i malvagi sono come pula che il vento disperde: leggeri e inconsistenti. Il salmo 3, ai tanti oppressori, ai molti che insorgono contro, ai molti che vanno dicendo: "Neppure Dio lo salva!", contrappone una sola persona, un "tu Signore," e come per incanto il piatto della bilancia pende a nostro favore. Alla canea di tanti nemici che abbaiano si sostituisce la serenità, la pace e il riposo fiducioso: "Io mi corico e mi addormento, mi sveglio perché il Signore mi sostiene. Non temo la moltitudine di genti che contro di me si accampano" (vv. 6-7). Non occorre essere dei grandi conoscitori della bibbia per intravedere in queste poche righe un annuncio profetico della morte fiduciosa di Gesù e della sua gloriosa risurrezione.
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06/02/2012 19:30

SALMO 4

Preghiera della sera

1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Davide.

2 Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:

dalle angosce mi hai liberato;

pietà di me, ascolta la mia preghiera.

3 Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?

Perché amate cose vane e cercate la menzogna?

4 Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:

il Signore mi ascolta quando lo invoco.

5 Tremate e non peccate,

sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.

6 Offrite sacrifici di giustizia

e confidate nel Signore.

7 Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene?».

Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

8 Hai messo più gioia nel mio cuore

di quando abbondano vino e frumento.

9 In pace mi corico e subito mi addormento:

tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare.
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06/02/2012 19:30

COMMENTO AL SALMO 4


Un’atmosfera di pace e di serenità avvolge questo breve salmo dominato dalla fiducia in Dio. È una preghiera della sera. Il salmo è la testimonianza di una coscienza pura e serena: le sue parole si trasformano in un inno di letizia interiore.

Leggendo questo salmo riandiamo a quella breve parabola in cui Gesù descrive un ricco contadino il quale, avendo raccolto grandi messi e fatta copiosa vendemmia, progetta di ingrandire i magazzini (Lc 12,16-21).

L’uomo moderno, non meno di quello di altri secoli, è avido di felicità. La nostra società dei consumi e dello spreco secerne una specie di fiele che rende amara ogni dolcezza egoista. Ben pagato, ben nutrito, ben istruito, ben riscaldato, ben alloggiato.... l’uomo continua a chiedersi: "Chi ci farà vedere il bene?" (v. 7).

Il salmista, in perfetta semplicità, osa affermare di essere più felice di tutti quelli che rigurgitano di beni materiali: "Hai messo più gioia nel mio cuore di quando abbondano vino e frumento" (v. 8).

I beni terreni sono necessari, ma servono solo per quello che servono. Chi cerca la felicità solo in essi si sbaglia di grosso, perché Dio non ha messo la felicità in essi. Quando facciamo i sapienti e ci riempiamo la bocca di filosofia e di teologia, elogiamo il distacco, la povertà e l’esempio di Cristo e dei santi: "Questi beni sono fragili, futili, illusori, deludenti...", ma quando smettiamo di parlare, subito riprendiamo ad arraffare e... addio bei discorsi! In un mondo frastornato dal baccano, percorso dall’agitazione più frenetica, divorato dai miti dell’efficienza e del rendimento, ai cristiani rimane un’unica possibilità per rendersi veramente utili: diventare inutili (Lc 17,10), ossia riaffermare i valori della contemplazione, riacquistare il senso dell’inutile: collocare Dio, l’Unico, al posto delle cose, al suo posto, al primo posto.

Contemplazione, dunque, come conoscenza di sé e scoperta di Dio che mi ama. Dio avvolge la mia miseria con la sua misericordia, soccorre la mia povertà con la sua ricchezza, accorda la mia vita con la sua armonia. Rendendoci inutili diventiamo indispensabili; perdendoci acquistiamo valore: perché il valore di una vita dipende dal suo peso di adorazione. "Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto" (v. 7): ecco una definizione della contemplazione. Lasciarsi investire, guarire, rifare dalla luce del volto di Dio, dal suo sorriso. Quando dalla nostra faccia saranno caduti i segni della paura, dell’egoismo, della pigrizia, dell’indifferenza, dell’orgoglio, della durezza, allora potremo tornare con il volto trasformato dalla luce di Dio e presentarci al mondo per manifestare il bene, quello vero, quello che tutti cercano e reclamano: "Chi ci farà vedere il bene?" (v. 7).

Ai nevrotici del nostro tempo, che divorano tonnellate di tranquillanti, vengono proposte, come medicine, la preghiera, la contemplazione e la fiducia in Dio. Il salmista non è turbato, non ha i nervi a pezzi perché il suo segreto è l’abbandono fiducioso in Dio. Anche Gesù sapeva dormire tranquillo nella furia della tempesta (Mt 8,24). "Tremate e non peccate, sul vostro giaciglio riflettete e placatevi" (v. 5).

La sera, il termine della giornata, è l’ora del bilancio, della revisione di vita, dell’esame di coscienza. È il momento per riflettere, per convertirsi a Dio e per rettificare ciò che non ha corrisposto all’amore di Dio. Poi, Signore, "in pace mi corico e subito mi addormento: tu solo al sicuro mi fai riposare" (v. 9) perché sono tuo ospite, tuo figlio.
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06/02/2012 19:31

SALMO 5

Preghiera del mattino

1 Al maestro del coro. Per flauti. Salmo. Di Davide.

2 Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole:

intendi il mio lamento.

3 Ascolta la voce del mio grido,

o mio re e mio Dio,

perché ti prego, Signore.

4 Al mattino ascolta la mia voce;

fin dal mattino t’invoco e sto in attesa.

5 Tu non sei un Dio che si compiace del male;

presso di te il malvagio non trova dimora;

6 gli stolti non sostengono il tuo sguardo.

Tu detesti chi fa il male,

7 fai perire i bugiardi.

Il Signore detesta sanguinari e ingannatori.

8 Ma io per la tua grande misericordia

entrerò nella tua casa;

mi prostrerò con timore

nel tuo santo tempio.

9 Signore, guidami con giustizia

di fronte ai miei nemici;

spianami davanti il tuo cammino.

10 Non c’è sincerità sulla loro bocca,

è pieno di perfidia il loro cuore;

la loro gola è un sepolcro aperto,

la loro lingua è tutta adulazione.

11 Condannali, o Dio, soccombano alle loro trame,

per tanti loro delitti disperdili,

perché a te si sono ribellati.

12 Gioiscano quanti in te si rifugiano,

esultino senza fine.

Tu li proteggi e in te si allieteranno

quanti amano il tuo nome.

13 Signore, tu benedici il giusto:

come scudo lo copre la tua benevolenza.

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06/02/2012 19:32

COMMENTO AL SALMO 5

"Ci impressiona un’invocazione a Dio fatta con parole così forti, con tanta passione... Ci pare esagerata anche se non irreligiosa.

Per noi la religiosità è divenuta sinonimo di una disposizione d’animo ben temperata, caratterizzata da un’imperturbabilità priva di contrasti, dalla repressione ed eliminazione di tutti gli affetti più forti. Perciò ci siamo abituati ad un linguaggio di preghiera in cui non si grida più, ma tutto viene avvolto nella mediocrità" (G. Ebeling). La tonalità prevalente è quella della lamentazione intensa, ma composta. Questo salmo è anche un amaro appello a Dio muto e sordo, perché appaia di nuovo all’orizzonte vuoto e desolato del credente. Questa preghiera del mattino è sostanzialmente una supplica contro gli incubi e le amarezze dell’esistenza e una proposta di orientamento morale e religioso.

Oggi è più facile trovare gente pronta a parlare che disposta ad ascoltare. Noi tutti invece abbiamo bisogno di qualcuno che ci stia pazientemente ad ascoltare e ci comprenda. Dio ci ascolta con la massima calma e disponibilità: non ha altro da fare. Per essere ammessi in udienza da lui, non occorrono appuntamenti concordati con notevole anticipo e neppure credenziali di opere buone, anzi, è la nostra miseria il migliore appello alla sua misericordia.
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06/02/2012 19:32

SALMO 6

Implorazione nella prova

1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Sull’ottava. Salmo. Di Davide.

2 Signore, non punirmi nel tuo sdegno,

non castigarmi nel tuo furore.

3 Pietà di me, Signore: vengo meno;

risanami, Signore: tremano le mie ossa.

4 L’anima mia è tutta sconvolta,

ma tu, Signore, fino a quando...?

5 Volgiti, Signore, a liberarmi,

salvami per la tua misericordia.

6 Nessuno tra i morti ti ricorda.

Chi negli inferi canta le tue lodi?

7 Sono stremato dai lunghi lamenti,

ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio,

irroro di lacrime il mio letto.

8 I miei occhi si consumano nel dolore,

invecchio fra tanti miei oppressori.

9 Via da me voi tutti che fate il male,

il Signore ascolta la voce del mio pianto.

10 Il Signore ascolta la mia supplica,

il Signore accoglie la mia preghiera.

11 Arrossiscano e tremino i miei nemici,

confusi, indietreggino all’istante.
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06/02/2012 19:33

COMMENTO AL SALMO 6


Implorazione di perdono, di guarigione e di serenità fisica e morale.

Il salmo presenta a Dio la sofferenza più semplice ed elementare, quella fisica, nello stile di tante preghiere: "Guariscimi".

L’autore di questa supplica non ha nulla da far valere in sua difesa, per cui non può che appellarsi all’amore misericordioso di Dio.

Sofferenza fisica e amarezza interiore, senso del dolore e senso della vita, febbre e solitudine sono i due poli inestricabili attorno a cui ruota questa preghiera.

Anche se parzialmente spiegabile, il dolore rimane pur sempre una rocca inespugnabile, nonostante gli attacchi sferrati da tutte le grandi religioni e dalla ricerca filosofica e letteraria.

Evitiamo di fare filosofia e letteratura sul dolore per rispetto a chi soffre e non sa che farsene delle nostre divagazioni.

Ascoltiamo piuttosto la parola di Dio: "Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre, infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifestata nella nostra carne mortale... Colui che ha risuscitato il Signore Gesù risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui con voi... Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria... Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani d’uomo, nei cieli. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste... In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. È Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito" (2Cor 4,8 - 5,5).


proposta.dehoniani.it/txt/salmi1_25.html
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29/04/2023 18:36

SALMO 7
Salmo 7 Preghiera del giusto calunniato


Lamento che Davide cantò al Signore a. causa
delle parole di Cus, il Beniaminita

Signore, mio Dio, in te ho trovato rifugio:
salvami da chi mi perseguita e liberami,

perché non mi sbrani come un leone,
dilaniandomi senza che alcuno mi liberi.

Signore, mio Dio, se così ho agito,
se c'è ingiustizia nelle mie mani,

se ho ripagato il mio amico con il male,
se ho spogliato i miei avversari senza motivo,

il nemico mi insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la mia vita
e getti nella polvere il mio onore.

Sorgi, Signore, nella tua ira,
àlzati contro la furia dei miei avversari,
svégliati, mio Dio, emetti un giudizio!

L'assemblea dei popoli ti circonda:
ritorna dall'alto a dominarla!

Il Signore giudica i popoli.
Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo l'innocenza che è in me.

Cessi la cattiveria dei malvagi.
Rendi saldo il giusto,
tu che scruti mente e cuore, o Dio giusto.

Il mio scudo è in Dio:
egli salva i retti di cuore.

Dio è giudice giusto,
Dio si sdegna ogni giorno.

Non torna forse ad affilare la spada,
a tendere, a puntare il suo arco?

Si prepara strumenti di morte,
arroventa le sue frecce.

Ecco, il malvagio concepisce ingiustizia,
è gravido di cattiveria, partorisce menzogna.

Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto;

la sua cattiveria ricade sul suo capo,
la sua violenza gli piomba sulla testa.

Renderò grazie al Signore per la sua giustizia
e canterò il nome di Dio, l'Altissimo
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Post: 362
Sesso: Maschile
29/04/2023 18:37

COMMENTO SALMO 7
Commento

L’orante è un perseguitato senza sosta. E’ accusato ingiustamente e su di lui si vuole vendetta. Egli si presenta a Dio pronto, se colpevole, a subire l’affronto dei nemici; ma egli è innocente. Egli invita Dio a chiamare “l’assemblea dei popoli” a giudizio. A giudicare le cause dei popoli, cioè le loro inimicizie, i loro reciproci soprusi. Si rivolge al giudice per essere giudicato di quanto fa, della sua morale “la mia giustizia”, certo della sua innocenza di fronte alle accuse chi gli rivolgono gli empi, che lo perseguitano senza ragione. L’orante si fida totalmente di Dio giusto giudice, mentre umilmente chiede di essere rafforzato: “rendi saldo il giusto”. L’orante afferma che Dio non è assente e vede il male degli empi e prepara loro la disfatta, e che già da se stessi gli empi preparano la loro sconfitta, qui nel tempo. Infine l’orante esprime la fede che Dio lo sosterrà e che lo potrà lodare per la salvezza ricevuta, e soprattutto per la salvezza eterna nel cielo.

WEB PERFETTA LETIZIA.
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