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SALMI CON COMMENTO

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2023 18:37
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06/02/2012 19:26

COMMENTO AL SALMO 1


Il salmo 1 rappresenta il portale d’ingresso attraverso il quale si entra nel ricco mondo dei salmi. S. Girolamo lo definisce: prefazione dello Spirito Santo. Veramente queste poche righe del salmo 1 sono la prefazione di tutto il libro dei salmi e il riassunto di tutta la vita umana. Per Dio gli uomini sono alberi (v. 3) o pula (v. 4). L’albero è solido, vive, produce frutti. La pula è in balìa del vento, è morta, non serve a nulla: è scarto.

Nel vangelo secondo Matteo (7,24-27) Gesù usa un paragone molto simile a questo per descrivere l’uomo saggio e l’uomo stolto: il primo è solido perché ha edificato la sua casa sopra la roccia della parola di Dio ascoltata e messa in pratica, il secondo è inconsistente e crolla perché ha edificato la sua casa sulla sabbia. L’uomo attinge stabilità e vita dalla meditazione costante (giorno e notte: v. 2) della parola di Dio.

L’albero della vita campeggia all’inizio della bibbia nella pagina della creazione (Gen 2,9); l’albero della vita domina il paradiso verso cui è orientata la storia (Ap 2,7); l’albero vivo e verdeggiante è al centro della prima pagina della preghiera biblica (Sal 1,3).

Il tema dominante di questo salmo è l’evanescenza dell’empio in contrapposizione al radicamento del giusto. I giusti portano frutto. Gesù ha detto: "Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv 15,7).

Questo salmo è anche il prologo delle beatitudini evangeliche (Mt 5,3-12). Con qualche secolo di anticipo sul discorso programmatico di Cristo, scocca la parola "beato", "beato l’uomo": è Dio che si felicita con l’uomo. Cristo è l’albero della vita, il Beato, il Giusto. Pregando questo salmo ci confrontiamo con la sua parola e con le sue scelte: noteremo le somiglianze e le dissomiglianze con lui.

Scrive sant’Agostino di Canterbury: "Il primo salmo è da collegare al mistero di Cristo. Egli, infatti, è l’uomo perfetto che non ha mai camminato con l’assemblea degli empi".

Questa piccola composizione vuole quasi fungere da sottofondo musicale che accompagna la magnifica collezione di preghiere del salterio.

L’appello di questo salmo è semplice: l’invito a una decisione per Dio e per la sua legge o contro di lui perché la condizione fondamentale della beatitudine consiste nella trasparenza, nella chiarezza, nella decisione e nella certezza.

È necessario che la vita sia radicata là dove l’elemento vitale offre un nutrimento sicuro e duraturo. Nessuna creatura, nessun albero, nessun uomo porta in sé la vita: noi dipendiamo dal luogo in cui la nostra vita si radica. Perciò il salmista afferma che felicità o corruzione dell’uomo si decidono là dove affonda le sue radici per succhiare in sé la vita come fa l’albero. L’apostolo Paolo augura ai cristiani di Efeso di essere "radicati e fondati nella carità... e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza per essere ricolmi di tutta la pienezza di Dio" (Ef 3,17-19).

Due vie si aprono dinanzi all’uomo ed egli può scegliere liberamente di camminare sull’una o sull’altra. Via è sinonimo di vita, di atteggiamento, di condotta. "La via dei giusti è come la luce all’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio. La via degli empi è come oscurità: non sanno dove saranno spinti a cadere" (Pr 4,18-19).

Leggiamo nel Deuteronomio: "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male... Prendo a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posta davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, perché è lui la tua vita e la tua longevità" (Dt 30,15-20).

La decisione fondamentale della vita consiste in questo: "amare il Signore tuo Dio, camminare per le sue vie, osservare i suoi comandamenti, le sue leggi e le sue norme perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica" (Dt 30,16), proprio come suggerisce il salmo 1 che pone la legge di Dio al centro della via del bene (v. 2).

Nel vangelo leggiamo: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano" (Mt 7,13-14).

Negli Atti degli apostoli la "via" per eccellenza è quella del vangelo a cui sono invitati tutti gli uomini (At 9,2; 16,17...). Nel vangelo secondo Giovanni la via è Cristo stesso: "Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6).

Facciamo una prima conclusione parziale. È di Cristo che si parla in questo salmo. È lui l’uomo beato (Mt 5,3-12) che non segue il consiglio degli empi (Mt 4,1-11), che non indugia nella via dei peccatori (2Cor 5,21; Eb 4,15; 1Pt 2,22; Lc 23,41), che non siede in compagnia degli stolti (Mt 7,26; 23,17; 25,2-12; Lc 11,40; 12,20), che si compiace della legge del Signore (Lc 2,49; Gv 4,34; Lc 22,42; Mt 26,39-44; Eb 10,7), che medita la sua legge giorno e notte (Lc 6,12; Gv 3,1-12; 8,1): Lui è "l’uomo" (Gv 19,5), Lui è "la via" (Gv 14,6).

Accanto al simbolismo delle due vie viene collocato quello dell’albero rigoglioso (v. 3).

Il giusto, nella bibbia, è come albero vigoroso che partecipa alla vita stessa di Dio: "Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. Egli è come albero piantato lungo l’acqua, verso la corrente stende le radici, non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell’anno della siccità non intristisce, non smette di produrre frutti" (Ger 17,7-8).

L’acqua viva infatti è simbolo di Dio. L’acqua che dà la vita esce dal lato destro del tempio di Dio e diventa un fiume sulle cui sponde verdeggiano una grande quantità di alberi da frutto le cui fronde non appassiranno e i cui frutti non cesseranno e ogni mese matureranno perché le acque sgorgano dal santuario (Ez 47,1-12). Il santuario di Dio da cui sgorgano le acque della vita (lo Spirito Santo), il nuovo tempio in cui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9) è il corpo di Cristo (Gv 2,21). È lui la sorgente dell’acqua viva (Gv 4,10; 7,37-39; 19,33-34). Cristo paragona il regno dei cieli a un albero (Mt 13,31-32), il giusto e l’ingiusto a due alberi con i loro frutti buoni e cattivi (Mt 7,15-20), la comunione con lui alla vite e al tralcio (Gv 15,1-8). San Paolo descrive Israele e la Chiesa come un olivo e il suo innesto (Rm 11,16-24) e invita i cristiani ad essere "radicati" in Cristo (Col 2,7; Ef 3,17) e a dare il frutto dello Spirito (Gal 5,22).

Alla solidità dell’albero si oppone la vacuità della pula (v. 4) arida, leggera e inconsistente. Una lunga tradizione biblica equipara l’empietà a questa realtà inutile e impalpabile (Sal 18,43; 35,5; 83,14; Is 17,13; 29,5).

Nel vangelo il Battista annuncia il Cristo come colui che "ha in mano il ventilabro per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile" (Lc 3,17; Mt 3,12).

In questo salmo il giusto è un solitario, un emarginato, un nonconformista, mentre l’empio è massa, assemblea, compagnia (v. 1). Ma alla fine il malvagio sarà disperso in una solitudine peggiore: l’emarginazione del giudizio nell’assemblea dei giusti (v. 5).

Come nel discorso della montagna (Mt 5,1-12), il comportamento del giusto è posto sotto il segno della beatitudine. Il salmo 112,1 recita: "Beato l’uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoi comandamenti". La beatitudine non nasce da una esecuzione formalistica della morale, ma dall’amore di Dio per l’uomo e dall’amore dell’uomo per Dio. Pascal ha scritto: "Nessuno è felice, né ragionevole, né virtuoso, né amabile, come un vero cristiano" (Pensieri, n° 541).

Il credente deve correre il rischio di essere un eccentrico, un isolato: di essere minoranza (1Gv 2,15-18; 1Cor 5,9-13).

La tentazione di mimetizzarsi nell’ambiente e nell’opinione corrente è fortissima. L’autenticità del credente è uno scandalo che suscita la reazione energica degli empi: "Tendiamo insidie al giusto perché ci è d’imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni; ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l’educazione da noi ricevuta... È diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita è diversa da quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade" (Sap 2,12-15).

La via del giusto è fondata sull’adesione alla legge del Signore (la torah) che non è una cappa di piombo fatta di norme, di precetti e di prescrizioni, ma è la rivelazione divina, l’alleanza offerta da Dio alla quale l’uomo aderisce con gioia. "Il giusto si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte" (v. 2). È la celebrazione entusiasta, appassionata della parola di Dio, della bibbia. Il salmo 19 esprime questa attonita felicità di sentirsi Dio accanto, presente nella legge: "La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice. Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore; i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi" (vv. 8-9). Il commento ideale al v. 2 potrebbe essere il monumentale canto della legge che è il salmo 119.

Gli empi, i trasgressori della legge (vv. 4-5) sono votati alla condanna e al fallimento: "La via degli empi andrà in rovina" (v. 6). Dio è il fondamento della nostra esistenza; chi si allontana da lui si allontana dalla vita: "È in te la sorgente della vita" (Sal 36,10); "Io sono la vita" (Gv 14,6).

L’uomo beato, fedele nella sua scelta per Dio, dedicato interamente alla parola è Cristo. L’albero piantato sul corso d’acqua è la sua croce che produce frutti di salvezza per tutti.

Il salmista rifiuta di correre il rischio del contatto col male; Gesù invece, libero da ogni tentazione integralista, ha accettato di "sedersi" con i peccatori e coi malvagi come medico e salvatore (Mt 9,10-13; Lc 15,1-2) perché il vangelo è fermento e luce. Cristo non si tiene lontano dal contagio con i peccatori che siamo noi. Egli si è unito a noi, è diventato uno di noi, ha condiviso i suoi pasti con noi, nonostante la derisione dei benpensanti e di quelli che si ritenevano giusti. Egli si siede in compagnia di noi stolti (v. 1) perché lui è la sapienza di Dio (1Cor 1,24.30).


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