IN SPIRITO E VERITA'

GESU' E' SPIRITO E I VERI CRISTIANI
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LA TRINITÀ - Sant'AGOSTINO

Ultimo Aggiornamento: 23/02/2012 18:50
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11/02/2012 18:28

Tutta la Trinità abita in noi

9. 19. Ma si penserà forse che lo Spirito Santo sia escluso dalla dimora del Padre e del Figlio in chi lo ama? In questo caso che significa ciò che il Signore ha detto più sopra a proposito dello Spirito Santo: Quello che il mondo non può ricevere perché non lo vede, ma voi lo conoscete perché abita in voi ed è in voi 147? Non è dunque estraneo a questa dimora colui del quale fu detto: Abita con voi ed è in voi, a meno di non toccare l’assurdo pensando che quando il Padre ed il Figlio vengono a dimorare presso chi li ama, lo Spirito Santo se ne vada e lasci il posto a coloro che sono più grandi di lui. Ma la stessa Scrittura previene questa concezione così grossolana, perché poco prima il Signore dice: Ed io pregherò il Padre e vi darà un altro difensore perché resti con voi in eterno 148. Lo Spirito Santo non se ne andrà dunque alla venuta del Padre e del Figlio, ma sarà insieme con loro nella stessa dimora in eterno, perché non venne senza di quelli né quelli senza di lui. Per indicare la Trinità si fanno attribuzioni nominativamente alle singole persone separatamente, ma tali attribuzioni non intendono escludere le altre persone, data l’unità della medesima Trinità e l’unicità della sostanza e della deità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.


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La contemplazione di Dio

10. 20. Gesù Cristo Signore nostro consegnerà dunque il regno a Dio Padre 149 e non sarà separato né lui né lo Spirito Santo, quando condurrà i credenti alla contemplazione di Dio, contemplazione che è il fine di tutte le nostre buone azioni, la pace eterna, la gioia che non ci sarà tolta. Questo ci vuole insegnare Cristo quando dice: Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia 150. Un’immagine di questa gioia già offriva Maria quando sedeva ai piedi del Signore e intenta alla sua parola 151, cioè libera da ogni attività e tutta intenta alla verità nel modo che questa vita permette, ma tanto tuttavia da prefigurare quello che si avrà in futuro per l’eternità. Sua sorella Marta era tutta presa da un’azione necessaria al momento che, per quanto buona e utile, tuttavia è destinata a finire quando verrà l’ora del riposo; Maria invece riposava nella parola del Signore. Ecco perché il Signore così rispondeva a Marta che si lamentava con lui che la sorella non l’aiutasse: Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta 152. Non disse che ciò che faceva Marta era una parte cattiva ma che la parte migliore è quella che mai ci sarà tolta. La parte destinata al servizio del bisogno infatti sarà eliminata quando i bisogni cesseranno; l’opera buona che passa ha come ricompensa la pace che non passerà. In quella contemplazione perciò Dio sarà tutto in tutti 153, perché non vi sarà niente altro più da chiedergli, ma ci basterà partecipare della sua luce e di lui godere. È ciò che implora colui nel quale lo Spirito intercede con gemiti inenarrabili 154. Una sola cosa domandai al Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della vita per contemplare le delizie del Signore 155. E contempleremo Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, quando Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, consegnerà il regno a Dio Padre 156. Allora non intercederà più per noi come nostro mediatore e sacerdote 157, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, ma a sua volta in quanto sacerdote per la natura di servo assunta per noi si sottometterà a colui che gli sottomise tutte le cose ed al quale tutto egli sottomise; come Dio gli saremo sottomessi come lo siamo al Padre; come sacerdote si sottometterà con noi al Padre 158. Perciò, essendo il Figlio insieme Dio e uomo, in lui la sostanza divina è diversa da quella umana e questa è nel Figlio diversa da lui più che non sia diverso nel Padre il Figlio dal Padre, come la carne che riveste la mia anima è una sostanza diversa dalla mia anima, sebbene si tratti di un unico uomo, più dell’anima di un altro uomo.
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Quando avrà condotto i credenti alla contemplazione, il Figlio non intercederà più per noi

10. 21. Quando Cristo avrà consegnato il regno a Dio Padre, cioè quando avrà condotto coloro che credono e vivono di fede, e per i quali ora intercede come mediatore 159, a quella contemplazione che è oggetto dei nostri sospiri e dei nostri gemiti, e sarà passato il faticare e il gemere 160, egli non intercederà più per noi, essendo ormai il regno affidato nelle mani di Dio Padre. Questo voleva significare il Signore quando diceva: Vi ho parlato di queste cose in parabole ma verrà l’ora in cui non vi parlerò più in parabole ma vi parlerò del Padre apertamente 161, ossia non saranno più necessarie le similitudini quando ci sarà data la visione a faccia a faccia. È questo il senso dell’espressione: Vi parlerò del Padre apertamente, come a dire: "Apertamente vi mostrerò il Padre". E dice: Vi parlerò, perché egli è la Parola del Padre. Il Signore continua: In quel giorno chiederete in mio nome e non vi dico che pregherò il Padre, poiché il Padre stesso vi ama per il fatto che voi mi amate e avete creduto che io sono uscito da Dio. Sono uscito dal Padre per venire in questo mondo; ora lascio il mondo e ritorno al Padre 162. Che significa: sono uscito dal Padre se non questo: sono apparso inferiore a lui non nella natura per la quale sono uguale al Padre ma in un’altra maniera, cioè nella creatura assunta? Che significa l’espressione: sono venuto in questo mondo, se non questo: ho messo sotto lo sguardo, anche dei peccatori che amano questo mondo, la natura di servo che presi esinanendomi? E che vuol dire con le parole: ora lascio il mondo se non: tolgo agli sguardi di chi ama il mondo ciò che essi hanno visto? E le parole: ritorno al Padre, significano: insegno ai miei fedeli a considerarmi, come lo sono in realtà, uguale al Padre. Coloro che hanno questa fede saranno ritenuti degni di essere condotti dalla fede alla visione, cioè alla contemplazione ed è perché ci conduce ad essa che la Scrittura ha detto di lui: Consegnerà il regno a Dio Padre. Suo regno infatti sono i suoi fedeli che egli ha redento col suo sangue e per i quali attualmente intercede, mentre non pregherà più per loro il Padre quando li unirà a sé là dove egli è uguale al Padre. Il Padre stesso infatti - egli dice - vi ama. Perché in quanto inferiore al Padre prega il Padre, ma in quanto è uguale al Padre, insieme con lui ci esaudisce. Perciò non si separa da lui dicendo: Il Padre vi ama, ma con quella frase fa capire quello che ho già ricordato e sufficientemente spiegato, cioè che di solito ogni persona della Trinità è nominata in modo che siano sottintese anche le altre. Perciò è stato detto: Anche il Padre vi ama, affinché si pensi anche al Figlio e allo Spirito Santo; non che attualmente non ci ami, lui, che non risparmiò il proprio Figlio, anzi lo consegnò per noi tutti 163. Ma ci ama non per quello che siamo, bensì per quello che saremo, perché ci ama quali ci conserva in eterno. È quello che accadrà quando avrà consegnato il regno a Dio Padre colui che ora intercede per noi per non avere più da intercedere un giorno, poiché anche il Padre ci ama. Ma ciò a quale titolo, se non per la fede per la quale noi crediamo, prima di vederlo, quanto ci è promesso? Per questa fede, infatti, giungeremo alla visione. Allora egli amerà in noi quello che ora vuole in noi. Allora non avrà più da odiare in noi quello che ora siamo, quello che ci esorta e ci aiuta a non essere in eterno.



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11/02/2012 18:30

Le due nature in Cristo

11. 22. Perciò una volta trovata la regola per interpretare le Scritture quando ci parlano del Figlio di Dio, cioè tener sempre distinto ciò che in esse è detto di lui in riferimento alla natura di Dio nella quale egli è, ed è uguale al Padre, da ciò che è detto in riferimento alla natura di servo che prese e per la quale è inferiore al Padre, non avranno più da inquietarci le affermazioni delle Scritture come se fossero contraddittorie e opposte tra loro. Infatti il Figlio secondo la natura divina è, come lo Spirito Santo, uguale al Padre, poiché nessuno dei due è creatura, come abbiamo già mostrato, ma secondo la natura di servo è inferiore al Padre come egli stesso ha detto: Il Padre è più grande di me 164. È inferiore anche a se stesso, poiché di lui è detto: Esinanì se stesso 165; è inferiore allo Spirito Santo, perché egli stesso dice: Chiunque parlerà contro il Figlio sarà perdonato, ma non sarà perdonato chi avrà parlato contro lo Spirito Santo 166. È nello Spirito Santo che egli operò i suoi miracoli: Se io caccio i demoni nello Spirito di Dio, dunque il regno di Dio è giunto in mezzo a voi 167. E in un passo di Isaia di cui dette lettura lui stesso nella sinagoga e di cui non ebbe alcuna esitazione a mostrare il compimento nella sua persona, dice: Lo Spirito del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto per annunciare la buona novella ai poveri, per predicare agli schiavi la liberazione 168, e tutte le altre cose al cui compimento dichiara di essere stato mandato, perché lo Spirito del Signore è sopra di lui 169. In quanto Dio tutte le cose per mezzo di lui furono fatte 170, in quanto servo egli stesso fu formato da donna, formato sotto la Legge; come Dio lui e il Padre sono tutt’uno 171, come servo non venne per compiere la propria volontà ma quella di colui che lo mandò 172. In quanto Dio, come il Padre ha la vita in se stesso, così diede anche al Figlio di avere la vita in se stesso 173; come servo dice: L’anima mia è triste fino alla morte e implora: Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice 174. Come Dio egli è il vero Dio e la vita eterna 175, come servo divenne obbediente fino alla morte e alla morte di croce 176.

11. 23. In quanto egli è Dio, tutto ciò che ha il Padre gli appartiene 177 ed egli lo conferma: Ogni cosa tua è mia ed ogni cosa mia è tua 178. In quanto uomo la sua dottrina non è sua ma di Colui che lo ha mandato 179.
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11/02/2012 18:31

Il Figlio ignora il giorno del giudizio, perché non lo sapeva per farlo conoscere allora ai discepoli

12. 23. Ecco un’altra affermazione di Cristo: Quanto poi a quel giorno e a quell’ora nessuno ne sa nulla, neppure gli Angeli in cielo né il Figlio, ma solo il Padre 180. Egli infatti ignora ciò che fa ignorare, cioè ignorava quanto non poteva in quel momento insegnare ai suoi discepoli, nel senso in cui fu detto ad Abramo: Ora so che tu temi Dio 181. Cioè: ora ho fatto in modo che tu sapessi, perché Abramo ha imparato a conoscersi da quella prova 182. Infatti anche il Signore avrebbe rivelato ai discepoli quel giorno e quell’ora al momento opportuno e parlando di questo momento futuro come se già fosse passato dice: Non vi chiamerò più servi ma amici. Il servo infatti ignora la volontà del suo padrone; ma io vi ho chiamati amici perché resi noto a voi tutto ciò che udii dal Padre mio 183. Egli non l’aveva ancora fatto, ma poiché l’avrebbe fatto di certo, parlò come se lo avesse già fatto. Dice infatti loro: Ho da dirvi molte cose ma per ora non siete capaci di sopportarle 184. E fra le altre cose si tratta anche del giorno e dell’ora 185. Anche l’Apostolo dichiara: Io non volli sapere altra cosa in mezzo a voi che Gesù Cristo e questi crocifisso 186. Parlava infatti a gente che non poteva capire la sublimità della divinità di Cristo e rivolgendosi agli stessi poco più avanti dice: Non potei parlare a voi come a uomini spirituali ma come a persone carnali 187. Così l’Apostolo ignorava tra di loro proprio ciò che essi non potevano apprendere per suo mezzo e dichiarava di conoscere ciò che essi avevano bisogno di imparare per mezzo di lui, ma poi sapeva tra i perfetti ciò che ignorava tra i semplici perché disse: Predichiamo la sapienza tra i perfetti 188. Infatti noi diciamo che si ignora ciò che si nasconde con lo stesso genere di espressione con cui diciamo cieca una fossa che è nascosta 189. Così la Scrittura non si esprime in modo diverso da quello che è proprio alla consuetudine umana, perché è proprio agli uomini che si rivolge 190.
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11/02/2012 18:31

Alcune affermazioni della Scrittura su Cristo riguardano la sua natura divina, altre la sua natura umana

12. 24. Di Cristo in quanto Dio è detto: Mi ha generato prima delle colline 191, cioè prima delle creature più alte, e: Ti ho generato prima della stella del mattino 192, cioè prima di tutti i tempi e delle cose temporali. Invece di lui in quanto servo è detto: Il Signore mi ha creato al principio delle sue vie 193; perché come Dio egli disse: Io sono la verità, e come servo: Io sono la via 194. Intanto evidentemente egli fu creato in principio delle vie di Dio in vista delle sue opere, in quanto, primogenito fra i morti 195, aprì la strada verso il regno di Dio, verso la vita eterna, alla sua Chiesa, di cui è il capo, per l’immortalità anche del corpo. Infatti come Dio è il principio che ci parla 196, quel principio in cui Dio fece cielo e terra 197; in quanto servo è lo sposo che esce dal suo talamo 198. In quanto Dio è primogenito di tutte le creature, colui che è prima di tutti gli esseri e nel quale tutte le cose sussistono; nella sua natura umana è lui il capo del corpo della Chiesa 199. Come Dio è il Signore della gloria, perciò è lui evidentemente che glorifica i suoi santi; infatti: Quelli che ha predestinati li ha pure chiamati e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati 200; di lui è stato detto che giustifica l’empio 201, di lui che è giusto e fonte di giustizia 202. Se dunque i giustificati e i glorificati sono gli stessi, lo stesso è pure il giustificatore e il glorificatore, e costui è, come ho detto, il Signore della gloria. Ma, come servo, ai discepoli che si preoccupavano della loro glorificazione rispose: Sedere alla mia destra o alla sinistra non sta a me concederlo, ma è per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio 203.
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11/02/2012 18:32

Il Figlio prepara la gloria agli eletti

12. 25. Ma ciò che è stato preparato dal Padre è stato preparato anche dal Figlio, perché Padre e Figlio sono tutt’uno 204. Abbiamo già dimostrato infatti con molti esempi tratti dalla Sacra Scrittura che in questa Trinità alle singole persone si attribuisce ciò che appartiene a tutte, per l’operare inseparabile della loro unica e identica sostanza 205. Così quando il Signore parla dello Spirito Santo dice: Quando me ne andrò lo manderò a voi 206; non dice: "manderemo", ma come se fosse il Figlio in procinto di mandare e non anche il Padre; mentre altrove afferma: Vi ho detto queste cose mentre sono con voi, ma quel difensore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà in mio nome, vi chiarirà tutto 207. Qui sembra dire che lo Spirito Santo deve essere mandato solo dal Padre e non anche dal Figlio. È dunque nello stesso senso che parla di coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio 208. Egli vuole farci intendere che lui stesso insieme al Padre prepara i troni della gloria ai suoi eletti. Ma qualcuno obietterà: "Dove egli parla dello Spirito Santo dice che lui stesso lo manderà senza negare che lo manderà anche il Padre e nell’altro passo dice che il Padre lo manderà senza negare che lui stesso lo manderà, ma qui apertamente dichiara: Non sta a me concederlo, aggiungendo che il Padre ha preparato questo". Ma noi abbiamo precisato che questa espressione si riferisce alla sua natura di servo e che: Non sta a me concederlo, si deve intendere come se fosse: "Non è in potere dell’uomo concedere questo"; e occorre concludere che questo potere di concederlo gli appartiene in quanto è Dio e uguale al Padre. Non sta a me concederlo, cioè non per umano potere concedo questo; ma a coloro ai quali è preparato dal Padre mio: si deve subito capire che se ogni cosa che è del Padre è anche mia 209, questo pure appartiene anche a me, ed è con il Padre che l’ho preparato.

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In che senso il Figlio non giudicherà e nello stesso tempo giudicherà

12. 26. Mi chiedo anche in che senso è detto: Se qualcuno non ascolta la mia parola, io non lo giudicherò 210. Forse non lo giudicherò è detto nello stesso senso di: Non sta a me concederlo. Ma che significa ciò che segue: Non venni infatti per giudicare il mondo, ma per salvarlo; e poi aggiunge: Chi disprezza me e non accoglie la mia parola ha chi lo giudica 211? A questo punto noi penseremmo subito al Padre, se non trovassimo subito dopo: La parola che io ho annunciato, questa lo giudicherà nell’ultimo giorno 212. Come? Non giudicherà dunque il Figlio perché ha detto: Io non lo giudicherò, non il Padre ma la Parola detta dal Figlio? Ma ascolta quello che dice ancora: Giacché non ho parlato di mia iniziativa ma il Padre che mi ha mandato mi ha prescritto quello che debbo dire e quello che debbo insegnare e so che il suo comando è vita eterna. Le cose che dico le dico tali e quali il Padre le ha dette a me 213. Pertanto se non è il Figlio a giudicare ma la parola detta dal Figlio, questa parola detta dal Figlio non giudica se non in quanto il Figlio non ha parlato da sé ma per comando del Padre che lo ha mandato e gli ha prescritto quello che doveva dire e annunciare; è dunque il Padre che giudica perché sua è la parola detta dal Figlio e perché Parola del Padre è lo stesso Figlio. Il comando del Padre infatti non è altro che la Parola del Padre, perché il Signore lo ha chiamato indifferentemente parola e comando. Io non ho parlato da me stesso. Vediamo se dicendo tale espressione il Signore non abbia voluto che noi si intenda: Non sono nato da me. Infatti se il Signore annuncia la parola del Padre, poiché egli è la Parola del Padre, egli annuncia se stesso. Spesso infatti dice: Il Padre mi ha dato 214. Intende che il Padre lo ha generato, non che esistesse già e il Padre gli abbia dato qualcosa che non aveva, gli ha dato di avere, in quanto lo ha generato all’esistenza; infatti non avviene anche nel Figlio di Dio ciò che avviene nelle creature: prima dell’incarnazione nell’Unigenito, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 215, l’essere e l’avere non si distinguono; egli è al contrario quello che è ciò che ha. Questo è detto più chiaramente, se si è in grado di capirlo bene, nel testo seguente: Come il Padre ha la vita in se stesso, così dette al Figlio di avere la vita in se stesso 216. Il Padre non lo ha messo in possesso della vita come se prima esistesse senza vivere, perché egli è la vita in forza della sua stessa esistenza. L’espressione: dette al Figlio di avere la vita significa dunque: il Padre generò il Figlio a essere la vita immutabile, la vita eterna. Se dunque la Parola di Dio è lo stesso Figlio di Dio e il Figlio di Dio è il vero Dio e la vita eterna, come dice Giovanni nella sua Lettera 217, perché dare un altro senso alle parole del Signore: La parola che ho pronunciato, essa lo giudicherà nell’ultimo giorno 218, dal momento che egli stesso dichiara che questa stessa parola è nello stesso tempo Parola del Padre e comando del Padre e lo stesso comando è la vita eterna? So - egli dice - che il tuo comando è la vita eterna 219.

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Senso delle parole: La mia dottrina non è mia

12. 27. A questo punto indaghiamo il significato della frase: Io non giudicherò, ma la parola che vi ho detto giudicherà 220. Dal seguito del testo appare evidente che è detto in questo senso: "Non giudicherò io, ma giudicherà la Parola del Padre". Ora la Parola del Padre è lo stesso Figlio di Dio. Bisognerà dunque intendere: non giudicherò io, ma io giudicherò? Questo può essere vero solo in questo senso: "Io non giudicherò in base al potere umano, in quanto cioè sono Figlio dell’uomo, ma giudicherò con l’autorità del Verbo, perché sono Figlio di Dio". Se si trova che le affermazioni: "Io non giudicherò, ma io giudicherò", si contraddicono e si respingono, che diremo di questa: La mia dottrina non è mia? Come mai mia e non mia? Infatti non disse: "Questa dottrina non è mia", ma proprio: La mia dottrina non è mia 221; dice cioè "sua" la medesima dottrina che dichiara "non sua". In quale modo ciò sarà vero se non in quanto egli disse "sua" da un punto di vista e "non sua" da un altro punto di vista? Sua in quanto Dio, non sua in quanto uomo? Quando dice: Non è mia ma di Colui che mi ha mandato 222, ci fa risalire al Verbo. La dottrina del Padre infatti è il Verbo del Padre e dunque è il Figlio unigenito. E che significa ancora questo: Chi crede in me, non crede in me 223? Come "in lui", come "non in lui"? Come comprendere un’espressione così contraddittoria e così paradossale: Colui che crede in me, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato se non intendendo così: Colui che crede in me non crede in ciò che vede, affinché la nostra speranza non sia riposta nella creatura ma in chi assunse la creatura per mostrarsi agli occhi degli uomini e così purificare i cuori di coloro che credono alla sua uguaglianza al Padre per contemplarlo? Perciò quando per volgere l’intenzione dei credenti verso il Padre dice: Egli non crede in me ma in Colui che mi ha mandato, non intese che lo si separasse dal Padre, cioè da colui che lo ha mandato, ma piuttosto che si credesse in lui allo stesso modo in cui si crede al Padre al quale egli è uguale. Altrove dice questo apertamente: Credete in Dio e credete in me 224, cioè come credete in Dio così credete anche in me, perché io e il Padre siamo un Dio solo 225. Come dunque in questo passo distoglie in qualche modo da sé la fede degli uomini per volgerla al Padre, dicendo: Non credete in me ma in Colui che mi ha mandato 226, senza tuttavia separare assolutamente sé dal Padre, così anche dove dice: Non sta a me concederlo ma è per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio 227 è chiaro, mi sembra, in che senso debbano essere accolte entrambe le affermazioni. Così anche quando dice: Io non giudicherò 228, mentre egli stesso verrà a giudicare i vivi e i morti 229.

Ma perché ciò non sarà per l’autorità umana, perciò facendo appello alla deità eleva i cuori degli uomini per sollevare i quali è disceso.




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11/02/2012 18:33

È esatto dire: Dio crocifisso

13. 28. Tuttavia se un solo e medesimo soggetto non fosse insieme Figlio dell’uomo per la sua natura di servo da lui assunta e Figlio di Dio per la natura divina che gli è propria, l’apostolo Paolo non direbbe dei prìncipi di questo mondo: Se l’avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria 230. Fu crocifisso infatti nella natura di servo e tuttavia fu crocifisso il Signore della gloria. Quell’assunzione infatti fu tale che Dio divenne uomo e l’uomo Dio 231. Con l’aiuto di Dio poi il lettore prudente, attento e pio potrà discernere il perché e il come di quanto viene detto. Infatti noi abbiamo affermato, per esempio, che come Dio glorifica i suoi perché è Signore della gloria, e tuttavia il Signore della gloria fu crocifisso; infatti è esatto parlare anche di Dio crocifisso, non per la sua divina potenza, ma per la debolezza della carne 232. Come diciamo che egli giudica in quanto Dio, cioè in forza del potere divino, non in forza dell’autorità umana, tuttavia è l’uomo stesso che giudicherà come fu crocifisso il Signore della gloria. Così egli infatti dice con tutta chiarezza: Quando verrà il Figlio dell’uomo nella sua gloria e tutti gli Angeli con lui, allora saranno radunate davanti a lui tutte le genti 233, e tutto ciò che in quel passo è annunciato circa il giudizio futuro sino all’ultima sentenza. Anche i Giudei, che in quel giudizio debbono venir puniti, perché si ostineranno nella malizia, come è scritto altrove: Guarderanno a colui che hanno trafitto 234. Poiché tanto i buoni che i cattivi dovranno vedere il giudice dei vivi e dei morti 235, i cattivi non lo potranno certamente vedere se non nella natura per la quale è Figlio dell’uomo, tuttavia nello splendore in cui giudicherà, non nell’umiliazione in cui fu giudicato. Del resto senza dubbio gli empi non vedranno la natura divina per la quale è uguale al Padre; infatti non sono puri di cuore ed è scritto: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 236. E questa visione è a faccia a faccia 237; promessa come sommo premio ai giusti, essa sarà data quando il Signore consegnerà il regno a Dio Padre; in questo egli vuole che si intenda anche la visione della sua natura, una volta sottomessa a Dio ogni creatura, compresa quella stessa nella quale il Figlio di Dio è divenuto uomo. Poiché secondo questa umanità anche il Figlio sarà allora sottomesso a colui che gli sottomise tutte le cose affinché Dio sia tutto in tutti 238. D’altra parte se il Figlio di Dio giudice, quando starà per giudicare apparisse anche ai malvagi nella natura in cui è uguale al Padre, quale sarebbe il vantaggio che egli promette a chi lo ama quando dice: Io dunque lo amerò e mostrerò me stesso a lui 239? Perciò il Figlio di Dio giudicherà, ma non in forza dell’autorità umana, bensì in forza di quel potere che lo fa Figlio di Dio. D’altra parte il Figlio di Dio giudicherà senza apparire in quella natura nella quale, come Dio, è uguale al Padre, ma mostrandosi in quella per cui è Figlio dell’uomo 240.
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In che senso il Figlio dell’uomo giudicherà e non giudicherà

13. 29. Abbiamo visto così che si può affermare l’una e l’altra cosa: sia che il Figlio dell’uomo giudicherà sia che non giudicherà; infatti il Figlio dell’uomo giudicherà, affinché si adempia l’affermazione: Quando verrà il Figlio dell’uomo, allora saranno radunate tutte le genti al suo cospetto 241, e non giudicherà affinché si compiano le altre: Io non giudicherò 242; e: Io non cerco la mia gloria, vi è colui che la cerca e che giudica 243. Anzi se consideriamo che nel giudizio apparirà non la natura divina ma la natura del Figlio dell’uomo, neppure il Padre giudicherà; in questo senso è stato detto: Il Padre non giudica nessuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio 244. C’è da decidere se questo si debba intendere nel senso dell’affermazione già esaminata: Così dette al Figlio di avere la vita in se stesso 245, per far intendere che così egli generò il Figlio, oppure secondo quest’altra in cui l’Apostolo dice: Ecco perché Dio lo esaltò e gli dette un nome che è sopra ogni altro nome 246. E qui si riferiva al Figlio dell’uomo, perché come tale il Figlio di Dio fu risuscitato dai morti. Egli è uguale al Padre nella natura divina, rispetto al quale si è esinanito assumendo la natura di servo; in questa stessa natura di servo opera e patisce e riceve ciò che l’Apostolo, continuando, afferma: Egli si umiliò, fatto obbediente fino alla morte, anzi alla morte di croce; per questo anche Dio lo esaltò e gli diede il nome che è sopra ogni altro nome, cosicché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature celesti, terrestri e sotterranee e ogni lingua confessi che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre 247. Appare dunque ben chiaro da questo se il Signore ha detto: Ha affidato al Figlio ogni giudizio, secondo il senso di quella prima o di quest’ultima espressione. Se l’avesse detto nello stesso senso in cui ha detto: Dette al Figlio di avere in se stesso la vita, non direbbe: Il Padre non giudica alcuno. È secondo la natura divina nella quale il Padre ha generato il Figlio uguale a sé che il Padre giudica insieme al Figlio. Si dice dunque che il Padre non giudica per dire che nel giudizio non apparirà la natura di Dio ma la natura del Figlio dell’uomo. Non che colui che ha affidato ogni giudizio al Figlio non abbia a giudicare, dal momento che il Figlio dice di lui: Vi è colui che cerca la mia gloria e che giudicherà. Ma il Signore ha detto: Il Padre non giudica alcuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio, come se avesse detto: "Nessuno vedrà il Padre nel giudizio dei vivi e dei morti, ma tutti vedranno il Figlio", perché egli è anche Figlio dell’uomo, affinché appunto anche i malvagi lo possano vedere, allorché vedranno colui che hanno trafitto.



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11/02/2012 18:34

Nel giorno del giudizio solo i buoni vedranno Cristo nella sua divinità, i cattivi solo nella sua umanità

13. 30. Affinché non sembri che noi più che dimostrare in maniera evidente facciamo delle congetture, riportiamo la chiara e aperta dichiarazione del Signore nella quale appare che il motivo per cui disse le parole: Il Padre non giudica alcuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio sta nel fatto che il giudice apparirà con la natura umana di Figlio dell’uomo che non è la natura del Padre, ma del Figlio e non del Figlio in quanto uguale al Padre, ma in quanto inferiore al Padre, cosicché nel giudizio stesso possa essere visibile ai giusti e ai malvagi. Dunque poco più avanti il Signore dice: In verità, in verità vi dico che chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non sarà chiamato a giudizio ma passerà dalla morte alla vita 248. Questa vita eterna è quella visione che non spetta ai malvagi. E prosegue: In verità, in verità vi dico che verrà l’ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che lo avranno ascoltato vivranno 249. Ciò è proprio dei giusti che, sentendo parlare dell’incarnazione di lui, credono che egli è il Figlio di Dio, ossia ammettono che egli per loro è divenuto inferiore al Padre nella natura di servo, ma credono che è uguale al Padre nella natura divina. Perciò prosegue sottolineando la stessa verità: Come il Padre infatti ha la vita in se stesso, così diede al Figlio di avere la vita in se stesso 250; poi giunge a parlare della visione della sua gloria nella quale verrà a giudicare, visione che sarà comune ai malvagi e ai giusti. Dice infatti continuando: E gli diede il potere di giudicare perché è il Figlio dell’uomo 251. Credo che nulla vi sia di più chiaro. Infatti poiché è Figlio di Dio ed è uguale al Padre non riceve questo potere di giudicare, ma lo possiede con il Padre indivisibilmente. Lo riceve invece come Figlio dell’uomo affinché buoni e cattivi lo vedano in funzione di giudice. Infatti la visione del Figlio dell’uomo sarà offerta anche ai cattivi, mentre la visione della natura divina sarà data soltanto ai puri di cuore, perché sono essi che vedranno Dio, ossia ai buoni solamente, al cui amore ha promesso di manifestarsi. Perciò si osservi quello che segue: Non vi meravigliate 252. Di che cosa ci proibisce di meravigliarci se non di ciò che suscita meraviglia in chiunque non comprende che il Signore ha detto che il Padre gli ha dato potere di giudicare perché egli è Figlio dell’uomo, mentre ci si sarebbe aspettato che dicesse piuttosto: Poiché è il Figlio di Dio? Ma i cattivi non possono vedere il Figlio di Dio in quanto nella natura divina è uguale al Padre e tuttavia è necessario che in qualità di giudice dei vivi e dei morti lo vedano sia i buoni che i cattivi, quando saranno giudicati al suo cospetto. Per questo egli dice: Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti quelli che giacciono nelle tombe udranno la sua voce e ne usciranno quelli che hanno fatto il bene nella risurrezione di vita, quelli che hanno fatto il male per udire la condanna 253. Occorreva dunque che egli ricevesse quel potere in quanto Figlio dell’uomo affinché i risorti lo vedessero nella natura in cui è visibile a tutti, ma gli uni per la dannazione, gli altri per la vita eterna 254. Che è infatti la vita eterna, se non quella visione che non è concessa ai cattivi? Egli disse: Affinché conoscano te come il solo vero Dio e colui che tu hai mandato 255. E come conosceranno lo stesso Gesù Cristo se non nel medesimo modo dell’unico vero Dio? Egli si mostrerà a loro, ma non nel modo in cui si mostrerà con la sua natura di Figlio dell’uomo a coloro che riceveranno la condanna.



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Solo Dio è buono

13. 31. Nella visione in cui si mostrerà ai puri di cuore Dio è pieno di bontà, perché: Quanto è buono il Dio d’Israele verso i retti di cuore 256! Ma quando i cattivi lo vedranno come loro giudice non sembrerà loro buono, poiché non godranno di lui in fondo al loro cuore ma gemeranno su di sé tutte le genti della terra 257. Cioè tutti i cattivi e i non credenti. Per questo anche a chi lo aveva chiamato "Buon Maestro", chiedendogli consiglio per conseguire la vita eterna, Gesù rispose: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio solo 258. E tuttavia in un altro passo il Signore dice buono anche l’uomo: L’uomo buono estrae dal tesoro buono del suo cuore cose buone, il cattivo estrae dal cattivo tesoro del suo cuore cose cattive 259. Ma quello gli chiedeva della vita eterna e la vita eterna consiste in quella contemplazione nella quale Dio è visto non a nostra condanna, ma per la nostra eterna felicità; e non capiva l’interlocutore con chi stava parlando, poiché lo riteneva solo un Figlio dell’uomo. Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono, gli disse; cioè: "Perché interroghi questa natura che vedi riguardo a ciò che è buono? Perché da quel che vedi mi chiami Buon Maestro? Questa natura è quella del Figlio dell’uomo, quella creatura che è stata assunta, quella che apparirà nel giudizio non solo ai buoni ma anche ai cattivi e la cui visione non si volgerà in bene per quelli che compiono il male. Ma vi è una visione della natura a me propria, quella in cui non ritenni rapina la mia uguaglianza con Dio, ma mi sono esinanito per assumere questa. È dunque lui questo unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che non apparirà che per il gaudio che non sarà mai tolto ai giusti; a questo gaudio futuro aspira colui che gemendo dice: Una sola cosa domandai al Signore e questa cercherò: di abitare nella sua casa tutti i giorni della mia vita per contemplare le delizie del Signore 260. È l’unico Dio dunque che solo è buono perché nessuno lo vede per affliggersi e lamentarsi, ma solo per la propria salvezza e felicità vera. Se tu dunque mi consideri dal punto di vista di quella natura, io sono buono; ma se mi consideri dal punto di vista di questa che vedi, perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono se tu sarai di quelli che vedranno colui che hanno trafitto 261? Questa visione sarà a loro infelicità perché sarà di castigo". I testi che ho citato sembrano provare che in questo senso il Signore ha detto: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio solo 262. Infatti quella visione di Dio nella quale contempleremo la sostanza immutabile che occhi umani non possono vedere, visione che è promessa solo ai santi e che Paolo chiama a faccia a faccia 263, di cui l’apostolo Giovanni afferma: Saremo simili a Dio, perché lo vedremo come egli è 264, della quale ancora è detto: Una sola cosa domandai al Signore, che io possa contemplare le sue delizie 265, e di cui il Signore stesso afferma: Io lo amerò e mostrerò me stesso a lui 266, questa sola visione per la quale si purificheranno i nostri cuori con la fede perché possiamo essere: Beati dal cuore puro perché vedranno Dio 267, la visione circa la quale altri testi sparsi in grandissima quantità nella Scrittura può trovare chi per cercarla tende gli occhi dell’amore: essa sola è il nostro sommo bene per il cui raggiungimento ci è comandato di fare quanto facciamo di bene. Ma la visione, già preannunciata del Figlio dell’uomo, quando tutte le genti saranno radunate al suo cospetto e gli chiederanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e assetato? 268, e quel che segue, non sarà di gaudio per i cattivi che saranno gettati nel fuoco eterno 269 né di sommo bene per i buoni perché egli li invita inoltre al regno che è stato preparato loro fin dall’inizio del mondo 270. Se a quelli comanderà: Andate nel fuoco eterno, dirà a questi: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi. Come quelli andranno nel fuoco eterno, così i giusti entreranno nella vita eterna 271. Ma che cos’è la vita eterna? Che conoscano te - egli dice - come l’unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo 272 e lo conoscano beninteso in quella magnificenza della quale egli dice al Padre: Quella che io avevo presso di te prima che il mondo fosse 273. Allora consegnerà il regno a Dio Padre, perché il servo buono e fedele entri nella gioia del suo Signore 274, e per nascondere coloro che Dio possiede nel segreto del suo volto, lontani dal turbamento degli uomini 275, di quelli cioè che nell’udire quella sentenza saranno agitati. Il giusto non temerà nell’udire quella condanna 276, se fin d’ora nel tabernacolo, cioè nella fede della Chiesa cattolica, trova protezione di fronte agli attacchi delle malelingue, ossia di fronte ai calunniosi errori degli eretici. Ma se è possibile un’altra interpretazione delle parole del Signore: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono? Nessuno è buono se non Dio solo 277, purché non sì ritenga che la sostanza del Padre è migliore di quella del Figlio per la quale egli è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte 278, e purché non ci si allontani in nulla dalla retta dottrina, noi l’accetteremo serenamente e non solo quella, ma ogni altra che si potrà trovare. Perché avremo ragione degli eretici tanto più saldamente quanto più numerose si aprono le vie d’uscita per sfuggire ai loro inganni. In quanto agli altri argomenti che ancora dobbiamo prendere in considerazione, li affronteremo in un’altra parte della nostra ricerca.
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LIBRO SECONDO




Proemio



Due cose difficilmente sopportabili nell’errore umano

1. 1. Quando gli uomini cercano Dio e tendono lo spirito per attingere la Trinità, per quanto lo permette la debolezza umana, dopo aver fatto esperienza delle difficoltà estenuanti che si trova di fronte lo sguardo dello spirito che si sforza di contemplare una luce inaccessibile 1, e di quelle che scaturiscono dal linguaggio complicato e vario della Scrittura (di fronte a ciò, ritengo, l’uomo della stirpe di Adamo non può che sentirsi oppresso perché risplenda nella sua gloria la grazia di Cristo) una volta che, dissipate tutte le ombre, abbiano raggiunto qualche certezza, debbono con grande facilità essere indulgenti con quelli che errano nell’investigazione di un così grande mistero. Ma nell’errore umano vi sono due cose che molto difficilmente si tollerano: prendere partito prima che appaia la verità e, una volta che la verità sia apparsa evidente, difendere ostinatamente la falsa opinione accolta prematuramente 2. Se Dio, come prego e spero, mi difenderà e proteggerà sotto lo scudo della sua benevolenza 3 e con la grazia della sua misericordia, da queste due colpe così incompatibili con la scoperta della verità e con lo studio delle divine e sante Scritture, non mi mostrerò pigro nell’indagine della sua sostanza, sia per mezzo della Scrittura, sia per mezzo della creatura. L’una e l’altra è offerta alla nostra riflessione precisamente per spingerci a cercare e amare Colui che ha ispirato l’una e creato l’altra 4. Nemmeno esiterò ad esprimere la mia opinione, perché avrò più piacere che essa venga a conoscenza degli onesti, che timore che essa venga dilaniata dai malvagi 5. È con gioia infatti che la meravigliosa e umilissima carità si sente sotto lo sguardo della colomba; quanto al dente dei cani l’umiltà è sempre attentissima ad evitarlo e per smussarlo vi è tutto il vigore della verità; e preferirò essere criticato dal primo venuto piuttosto che essere lodato da chi è in errore e da chi adula. Chi ama la verità infatti non deve temere nessuno che lo critichi, perché chi criticherà sarà un amico o un nemico. Se è un nemico che ti attacca bisogna sopportarlo; se è un amico, bisogna istruirlo se è in errore, ascoltarlo se ci istruisce. Invece chi ci loda, ci conferma nell’errore se è in errore, ci induce all’errore se agisce per adulazione 6. Dunque il giusto mi critichi e mi corregga con carità, ma l’olio del peccatore non ungerà il mio capo 7.



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Regola canonica per intendere le espressioni della Scrittura riguardanti Cristo

1. 2. Perciò noi teniamo come assolutamente certo il principio, riscontrabile ovunque nella Scrittura e dimostrato dai dotti esegeti cattolici come regola di fede, che ci permette di concepire nostro Signore Gesù Cristo come Figlio di Dio ed uguale al Padre secondo la natura divina nella quale sussiste, ed inferiore al Padre secondo la natura di servo che assunse; nella quale natura è divenuto inferiore non solo al Padre, ma anche allo Spirito Santo e perfino a se stesso, tenuto conto che è uomo; non però inferiore a se stesso per quello che era prima, cioè per quella natura di Dio che ha conservato anche nell’assumere la natura di servo, come ci insegnano le testimonianze della Scrittura che abbiamo ricordato nel libro primo 8. Troviamo tuttavia nelle parole di Dio enunciazioni di tal sorta che resta dubbio con quale criterio giudicarle: se con il criterio della natura assunta per la quale consideriamo il Figlio come inferiore, oppure con il criterio della natura divina per la quale il Figlio non è inferiore ma uguale al Padre, benché abbia origine dal Padre come Dio da Dio, luce da luce. Infatti noi chiamiamo il Figlio, Dio da Dio; il Padre, solamente Dio, non Dio da Dio. Perciò appare chiaro che per il Figlio c’è un’altra persona da cui è e di cui è Figlio; per il Padre non c’è un Figlio da cui abbia origine, ma soltanto un Figlio di cui è Padre. Infatti ogni figlio è quello che è per origine da suo padre, ed è figlio di suo padre; viceversa nessun padre è quello che è per origine da suo figlio, ma è semplicemente padre di suo figlio.


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Dette espressioni sono di tre generi

1. 3. Vi sono dunque nella Scrittura alcuni testi sul Padre e il Figlio che indicano l’unità e l’uguaglianza della natura, come: Io e il Padre siamo una sola cosa 9, e: Sussistendo in natura di Dio, non considerò questa uguaglianza con Dio come una rapina 10, e tutti gli altri testi di questo genere. Ve ne sono alcuni invece che presentano il Figlio come inferiore al Padre per la natura di servo, cioè per la creatura da lui assunta nella natura umana mutevole, come quando è detto: perché il Padre è più grande di me 11; e: il Padre non giudica alcuno, ma ha rimesso ogni giudizio nelle mani del Figlio 12; poco dopo aggiunge: E gli ha dato il potere di giudicare perché è il Figlio dell’uomo 13. In altri testi ancora il Figlio non viene presentato né come inferiore né come uguale al Padre, ma vi si afferma solamente che il Figlio ha origine dal Padre, come quello che dice: Perché, come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di averla in sé 14, e l’altro: il Figlio non può fare nulla da sé ma solo quello che vede fare dal Padre 15. Se noi interpreteremo questa espressione nel senso che il Figlio è inferiore al Padre, per la natura assunta dalla creatura, ne conseguirà che il Padre camminò prima sulle acque o che aprì con la saliva e il fango gli occhi di un altro cieco nato e ha fatto le altre cose che il Figlio incarnato ha fatto tra gli uomini 16, affinché possa farle colui che disse che il Figlio non può fare nulla da sé, eccetto ciò che abbia visto fare dal Padre 17. Ma chi, per quanto stolto, penserà così? Non rimane dunque da intendere, che queste espressioni indichino che la vita del Figlio è immutabile come quella del Padre, ma che in lui ha origine dal Padre, e che l’azione del Padre e del Figlio, è inseparabile, ma che per il Figlio ha origine da colui da cui ha origine il suo essere, cioè dal Padre, e che il Figlio vede il Padre in modo che il vederlo sia per lui la stessa cosa che essere Figlio 18. Infatti per lui aver origine dal Padre, cioè nascere dal Padre, non è altra cosa che vedere il Padre; come il vederlo agire non è altra cosa che agire con lui; ma non agisce da sé perché non ha l’essere da se stesso, e perciò fa quello che vede fare dal Padre, perché ha origine dal Padre. Né fa altre cose in modo simile, come il pittore che dipinge altri quadri copiando quelli dipinti da un altro pittore, né le cose medesime in maniera diversa, come la bocca esprime le medesime lettere che la mente ha pensato; ma tutto ciò che fa il Padre - afferma il Signore - il Figlio lo fa allo stesso modo 19. Ha detto il Signore: Le stesse cose, e allo stesso modo; e per questo il Padre e il Figlio hanno in comune la medesima attività, ma il Figlio l’ha dal Padre. Perciò il Figlio non può far nulla da sé, se non quello che avrà visto fare dal Padre 20. Da questo principio secondo il quale la Scrittura non vuole indicare che uno è inferiore all’altro, ma chi abbia origine e chi ne sia il principio, alcuni hanno concluso che la Scrittura afferma che il Figlio è inferiore al Padre. Ma alcuni dei nostri, troppo ignoranti e privi di qualsiasi competenza in questa materia, mentre tentano di intendere queste affermazioni come riguardanti la natura di servo 21, poiché ne viene fuori un senso errato, rimangono turbati. Ma perché questo non accada si segua anche questa regola: il Figlio non è inferiore al Padre ma è dal Padre. Così si esprime non la sua ineguaglianza, ma la sua nascita 22.



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11/02/2012 18:37

Alcune espressioni della Scrittura riguardanti il Figlio non si sa a quale regola riferirle

2. 4. Vi sono dunque nei Libri santi alcune espressioni, come avevo iniziato a dire, che non si sa in che senso vadano interpretate: se in riferimento all’inferiorità del Figlio conseguente all’unione con la creatura o in riferimento, nonostante l’uguaglianza, alla sua origine dal Padre. E in verità mi pare che, se ci si trova davanti a un testo talmente ambiguo da non poter essere spiegato e chiarito, esso possa venire interpretato senza pericolo in base alla duplice regola di cui si è parlato. È il caso di questa affermazione: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato 23. Infatti la si può intendere in riferimento alla natura di servo, come si è spiegato nel libro primo, e in riferimento alla natura divina nella quale è uguale al Padre ma avendo origine dal Padre. Perché, secondo la natura divina, come il Figlio e la vita divina non sono due cose diverse, ma il Figlio è la vita stessa, così non sono due cose diverse il Figlio e la sua dottrina ma il Figlio è la stessa dottrina 24. E come per questo l’espressione: Diede la vita al Figlio 25 non significa nient’altro che "generò il Figlio che è la vita", così anche quando è detto: "diede al Figlio la dottrina" tale espressione viene intesa nel giusto senso se si interpreta: "generò il Figlio che è la dottrina". Cosicché l’affermazione: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato, va intesa come se il Signore avesse detto: "Io non ho l’essere da me stesso, ma lo ho da Colui che mi ha mandato".
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Lo Spirito Santo non parla da sé, perché procede dal Padre

3. 5. Infatti anche dello Spirito Santo, sebbene di lui la Scrittura non abbia detto: Si esinanì assumendo la natura di servo 26, il Signore stesso ha affermato: Quando sarà venuto lo Spirito di verità, egli vi insegnerà tutta la verità, giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà e vi annunzierà le cose che dovranno succedere. Egli mi glorificherà perché prenderà dal mio e ve lo annunzierà. Se dopo queste parole non avesse immediatamente aggiunto: Tutto ciò che ha il Padre è mio; perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo annunzierà 27, si potrebbe forse credere che lo Spirito Santo è nato da Cristo come questi dal Padre. Infatti di se stesso Cristo aveva detto: La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato 28; dello Spirito Santo dice: Giacché non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà 29; e poi: perché prenderà dal mio e ve lo annunzierà 30. Ma, poiché spiega l’affermazione prenderà dal mio (dicendo: Tutto ciò che ha il Padre è mio, perciò ho detto che prenderà dal mio e ve lo annunzierà 31), non resta se non intendere che anche lo Spirito Santo riceve dal Padre come il Figlio. E questo come può avvenire se non nel senso già sopra indicato: Quando poi sarà venuto il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli renderà testimonianza di me 32? Per questo è detto che non parla da sé, in quanto procede dal Padre. E come il Figlio non è inferiore al Padre, sebbene abbia detto: Il Figlio non può fare nulla da sé, se non quanto avrà visto fare dal Padre 33 (infatti non ha detto questo in quanto servo ma in quanto Dio, come abbiamo già dimostrato, e queste parole non indicano che egli è inferiore al Padre ma che ha origine da lui), allo stesso modo non consegue che lo Spirito Santo sia inferiore al Padre, perché il Figlio ha detto di lui: infatti non parlerà da se stesso ma vi dirà quanto udrà 34. Con queste parole il Figlio voleva significare che lo Spirito procede dal Padre. Ma poiché il Figlio ha origine dal Padre e lo Spirito Santo procede dal Padre, perché non li chiamiamo ambedue "figli" né li chiamiamo ambedue "generati" ma chiamiamo Figlio Unigenito solamente il primo, mentre chiamiamo l’altro Spirito Santo e non "figlio" o "generato", espressioni queste equivalenti? È quello che spiegherò, se Dio lo concederà e nella misura in cui lo concederà 35.



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Il Figlio non è inferiore al Padre, perché questi lo glorifica

4. 6. Ma a questo punto stiano bene attenti, se lo possono, quanti hanno creduto di potersi valere, per dimostrare la superiorità del Padre sul Figlio, anche di queste parole del Figlio: Padre, glorificami 36. Si badi bene che anche lo Spirito Santo lo glorifica. Allora anche lui è superiore al Figlio? Si osservi però che, se lo Spirito Santo glorifica il Figlio in quanto riceverà dal Figlio, e riceverà dal Figlio perché tutto ciò che ha il Padre 37 è del Figlio, appare chiaro che, quando lo Spirito Santo glorifica il Figlio, è il Padre che glorifica il Figlio. Da questo si vede che tutto ciò che ha il Padre appartiene non solo al Figlio ma anche allo Spirito Santo, perché lo Spirito Santo ha il potere di glorificare il Figlio che il Padre glorifica. Se colui che glorifica è superiore a chi da lui viene glorificato, si conceda almeno che sono uguali quelli che si glorificano vicendevolmente. Ora la Scrittura afferma che anche il Figlio glorifica il Padre: Io - afferma il Figlio - ti ho glorificato sopra la terra 38. Ci si guardi bene dal considerare lo Spirito Santo superiore al Padre e al Figlio perché glorifica il Figlio che il Padre glorifica, mentre non si afferma nella Scrittura che egli sia glorificato né dal Padre né dal Figlio 39.
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Il Figlio e lo Spirito Santo non sono inferiori al Padre, perché questi li manda

5. 7. Quelli però, così confutati, ricorrono a quest’altro argomento: "Chi manda è superiore a chi è mandato"; perciò il Padre è superiore al Figlio, perché il Figlio afferma costantemente di essere mandato dal Padre 40; è anche superiore allo Spirito Santo, perché Gesù disse di lui: Colui che il Padre manderà in mio nome 41. Lo Spirito Santo da parte sua è inferiore al Padre e al Figlio perché lo manda il Padre, come abbiamo detto, e lo manda anche il Figlio, come testimonia la sua parola: Ma se me ne andrò, ve lo manderò 42. Circa questa questione chiedo anzitutto da dove sia stato mandato il Figlio e dove sia stato mandato. Io - egli ha detto - sono uscito dal Padre e sono venuto in questo mondo 43. Dunque uscire dal Padre e venire in questo mondo, questo significa essere mandato. Che cosa significa l’affermazione che fa su di lui lo stesso Evangelista: Egli era nel mondo e il mondo per mezzo di lui è stato fatto e il mondo non l’ha conosciuto? E subito aggiunge: è venuto nella sua proprietà 44. Certo egli è stato mandato là dove è venuto, ma se è stato mandato in questo mondo, perché è uscito dal Padre ed è venuto in questo mondo, ed era in questo mondo, allora è stato mandato là dov’era. D’altra parte quando il Profeta fa dire a Dio: Io riempio il cielo e la terra 45, se si riferisce al Figlio (alcuni infatti vogliono che sia lui che ha parlato ai Profeti o per bocca dei Profeti), dove è stato mandato se non là dov’era? Infatti era dovunque Colui che dice: Riempio il cielo e la terra. Se l’affermazione riguarda invece il Padre, dove ha mai potuto essere il Padre senza il Verbo suo e senza la sua Sapienza che si estende con potenza da un’estremità all’altra e tutto governa con bontà 46? Ma nemmeno poté essere in alcun luogo senza il suo Spirito. Perciò, se Dio è dovunque, dovunque è anche il suo Spirito. Dunque anche lo Spirito Santo è stato mandato là dov’era. È per questo che colui che non trovava luogo per sfuggire dallo sguardo di Dio e dice: Se salirò nel cielo, là sei tu; se scenderò negli inferi, tu sei presente 47, volendo significare che Dio è presente ovunque, prima aveva nominato il suo Spirito dicendo: Dove me ne andrò lontano dal tuo Spirito? e dove fuggirò al tuo sguardo? 48.



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