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COSA C'E' ALLA RADICE DEGLI INSEGNAMENTI NELLA CHIESA CATTOLICA ROMANA

Ultimo Aggiornamento: 19/03/2012 17:28
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19/03/2012 17:28




[10] Vedi il matrimonio.

[11] Codice di diritto canonico, can. 85

[12] Secondo la chiesa cattolica questi impedimenti sono quelli che non permettono di contrarre il matrimonio ossia che lo rendono illecito. Tra di essi ci sono quello del voto semplice di castità, della disparità di culto, e della consanguineità in terzo grado di linea collaterale. Questi sono impedimenti di diritto ecclesiastico, ma il papa in virtù del suo potere di legare e sciogliere può persino dispensare da quelli di diritto divino. Ecco cosa si legge in Corso di Diritto Canonico II: ‘Ciò risolve l’altro problema se il Romano Pontefice possa dispensare dagli impedimenti di Diritto divino positivo. Tutti gli autori sono assolutamente dell’avviso che il Papa lo possa fare in virtù della sua potestà vicaria. (…) Il principio su cui si basa tale facoltà è il potere di ‘legare e sciogliere’, cui bisogna riconoscere la massima ampiezza ed efficacia finché non si provi che è stato limitato’ (Op. cit., pag. 40), ed ancora: ‘La dispensa, invece, dall’impedimento di consanguineità in secondo grado mescolato col primo, ossia fra zii e nipoti, è riservata alla Santa Sede; perché sia concessa, sono richieste ragioni più gravi’ (Ibid., pag. 60). Faccio presente a riguardo del permettere un matrimonio tra zii e nipoti che questo significa andare contro la Parola di Dio che afferma: “Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stretta parente; ambedue porteranno la pena della loro iniquità” (Lev. 20:19). Quindi, questa cosiddetta santa sede permettendo simili unioni permette a taluni di trasgredire la legge di Dio facendogli credere che il papa può dispensarli pure dalla legge di Dio. Anche essa dunque porterà la pena della sua iniquità; siatene certi.

[13] Enciclopedia Cattolica, vol. 7, 1050

[14] Ludovico Von Pastor, Storia dei Papi, vol. IV, Roma 1908, pag. 216, 218, 219

[15] Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 225

[16] Ibid., pag. 221. E dato che siamo in tema vogliamo ricordare anche queste altre cose del passato per fare comprendere come la chiesa romana si è arricchita in maniera disonesta facendo leva su insegnamenti falsi. Ci fu un periodo della storia della chiesa romana nel quale dei preti adottarono Il canone penitenziale di Teodoro nel quale erano annoverati tutti i peccati che questo arcivescovo aveva potuto immaginare; essi vi erano messi a modo di indice e a ciascuno d’essi era applicata una penitenza piuttosto grave (ricordiamo che le opere penitenziali per i Cattolici consistono in digiuni ed in pene corporali). Così quando i ‘laici’ andavano a confessare i loro peccati dai preti (ancora la confessione obbligatoria non era stata istituita) per sapere quanta penitenza essi dovevano fare, il prete traeva il suo penitenziale, calcola­va il numero dei peccati e tirava la somma delle penitenze che per un peccatore comune ascendevano a molti anni. Il ‘laico’ si spaventava, ma il prete lo tranquillizzava perché gli faceva sapere che esisteva la maniera per riscattare le penitenze con denaro sia per i poveri che per i ricchi. Per esempio, un giorno di penitenza, un ricco lo riscattava con tre denari mentre un povero con uno. In quel periodo è stato riscontrato che un denaro equivaleva al mantenimento di un giorno di tre uomini. E così avvenne che sorse la concorrenza dei monasteri e delle chiese che cominciarono ad offrire la remissione della penitenza a minore prezzo per farsi più clienti (queste cose le ha raccontate l’aba­te Ludovico Muratori nella sessantottesima dissertazione delle Antichità Italiane, dal titolo: ‘Della redenzione dei peccati, per cui molti beni calarono una volta nei sacri luoghi’). Ancora più sfacciata fu la vendita del perdono dei peccati che inventò Giovanni XXII (1316 – 1334). Questo papa, che a dire degli storici cattolici era molto avido di denaro, pubblicò la Tassa della Cancelleria Apostolica, un libro in cui i peccati, che erano in numero di 610, venivano rimes­si dai confessori dietro il pagamento di una precisa somma di denaro stabilita per ogni peccato. Così l’incestuoso, l’adultero, il fornicatore, il ladro, l’omicida, il sodomita, il bugiardo potevano ottenere l’assoluzione dei loro misfatti soltanto pagan­do la relativa somma prescritta! E questa tassazione fu molto redditizia perché quando Giovanni XXII morì, le casse papali erano stracolme di denaro; il tesoro lasciato da questo papa ammontava infatti a 25 milioni di fiorini d’oro.
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