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Il Papa e Pinochet

Ultimo Aggiornamento: 22/02/2012 22:04
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Sesso: Femminile
08/12/2008 08:45

Con affetto ed enfasi
 Inviato: 20/12/2007 16.10
IL POTENTE, TRA I POTENTI DELLA TERRA
dre
Il Papa stringe la mano del dittatore Pinochet
Interessante articolo di F. Barbero
25 anni di pontificato
Un uomo generoso e un papato disastroso
  La gara è aperta. Chierichetti di destra e di sinistra,
su tutti i video e su tutti i giornali (le eccezioni quasi
non si vedono) stanno andando a gara nello “straparlare”,
nel tessere elogi per questo pontificato che ”ha cambiato
la storia”, “si è aperto a tutte le religioni”, “ha visitato
tutto il mondo”, “ha parlato ai grandi e ai piccoli”,
“si è esposto come un eroe della pace”. E chi più ne ha
più ne metta. In tutto questo interessato esercizio di
retorica ci sono parecchie omissioni, numerose menzogne,
molte dimenticanze. In questo modo si fanno tacere i fatti.
La struttura della chiesa
Non voglio certo negare la generosità dell’uomo Karol Wojtyla
e le sue intenzioni sincere. Non stiamo parlando di questo.
La sua attuale sofferenza (a parte l’uso interessato e
perverso che ne fa l’istituzione ecclesiastica) ci inclina
al rispetto. Anzi, di Wojtyla mi è sempre piaciuta la passione,
anche se quasi sempre essa è stata contaminata da una cultura
del dominio e della spettacolarità.
I fatti ci dicono che in questi 25 anni il papa ha cambiato
tutta la gerarchia, ma soprattutto ha azzerato la collegialità,
soffocandola sotto la sua immagine imperiale onnipresente e
sotto una curia vaticana onnipotente. I vescovi sono stati
ridotti a “caporali di giornata” perché il minimo sgarro
può segnare la destituzione, l’accantonamento o il
prepensionamento. Gli ultimi “frammenti” del Concilio sono
stati sepolti sotto una montagna di documenti vaticani.
Su questioni vitali per la testimonianza del Vangelo nel
mondo di oggi (bioetica, etica sessuale, femminismo,
ministero delle donne, possibilità delle seconde nozze,
omosessualità, celibato dei preti, innovazioni liturgiche…)
questo papato ha avuto l’arroganza di porsi come detentore
della verità, lasciando in eredità una serie di
pronunciamenti che potranno degnamente figurare nell’albo
familiare del “cristianesimo criminale”.
Ha avuto la spudoratezza di presentare come modello, di
proclamare “santo” Escrivà De Balaguer, un uomo autoritario,
amico della dittatura, sessuofobico. Non parliamo poi di
ecumenismo: si dialoga con tutti, ma da un trono
sopraelevato. Il papato ha dovuto necessariamente
“rifare i conti” con l’ebraismo, con l’Olocausto, con
l’islam e le religioni asiatiche. Tutto è avvenuto con
toni e linguaggi diplomatici, ma con l’incessante e
sottile richiamo alla indiscussa “supremazia cattolica”.
La teologia della compagnia, del “camminare alla pari” è
stata totalmente disattesa. Così pure questo papato è
giunto alla scomunica ufficiale (si pensi al caso del
teologo Tissa Balasuriya) e alla defenestrazione sistematica
di teologi, di preti, di operatori pastorali mentre ha
promosso ai massimi livelli della curia romana un cardinale
come Pio Laghi, grande collaboratore nello sterminio di
giovani argentini invisi alla dittatura.
Il sospetto per la libertà di ricerca e di espressione ha
determinato un atteggiamento sacrale (il sacerdozio al
centro della chiesa) e tradizionalistico, sopprimendo la
ricca pluralità della tradizione cristiana.
Insomma… la “struttura wojtyliana” della chiesa ha prodotto
un'amara macedonia, una velenosa miscela di patriarcalismo,
di sessuofobia-omofobia, di sacralità, di repressione, di
oscurantismo. Né possono bastare solenni confessioni dei
peccati passati come “captatio benevolentiae” se poi non
avviene una reale conversione.
Non si dica che ci vorrà un altro papato per riparare i
guasti di questo “papa re e imperatore”. Potremmo trovarci
qualche brutta sorpresa nei prossimi mesi. Il gioco della
successione è in atto e non promette nulla di buono. Ma
non spendo la mia speranza nel cambiamento del timoniere.
Ci vuole ben altro: è necessaria, a mio avviso, una
generazione di donne e di uomini che prendano in mano la
gestione della propria fede, senza più attendere il permesso,
l’autorizzazione o la benedizione della casta gerarchica.
Da oggi, senza attendere un miracoloso domani.
Il mito del papa della pace
Questa è l’ultima favola: Wojtyla eroe della pace. Non
mi sembra che un papato di pace avrebbe diviso la chiesa
in chi è dentro e chi è fuori, in ortodossi e in eretici,
in “naturali” e “contro natura”, in buoni e cattivi, in
maschi che possono esercitare il ministero e in donne che
debbono servire, in clero che comanda e laici che
obbediscono… Non solo: un papa di pace non avrebbe toccato
la mano, dato la comunione e benedetto un tiranno assassino
come Pinochet. Gesù, quando incontrava i potenti, parlava
chiaro. Se tutti ora partecipano ai festeggiamenti per
questi 25 anni di pontificato, è perché, tutto sommato,
anche i più criminali non si sono sentiti profeticamente
attaccati ed evangelicamente sconfessati dalla retorica
papale…
A Gesù i potenti hanno fatto ben altri festeggiamenti
a Gerusalemme e sul Calvario. Restano le parole del papa
nel corso dell’ultima guerra. Parole decantate da tutti
come “straordinaria profezia di pace”. Il convegno annuale
di “Missione Oggi”, mensile dei saveriani, svoltosi a
Brescia il 17 maggio, ha analizzato le dichiarazioni delle
gerarchie cattoliche sulla guerra. Le conclusioni sono
chiare: le gerarchie cattoliche non sono pacifiste.
L’agenzia Adista, in data 7 giugno 2003, riporta le
affermazioni di Massimo Tosco, uno studioso non sospetto:
“Se le chiese non vogliono sfigurare il Vangelo devono
testimoniare con forza la pace, senza addentrarsi in
improbabili distinzioni, dalla legittima difesa alla
necessità di disarmare i dittatori. Le gerarchie
ecclesiastiche all’inizio non erano contro la guerra,
ma solo contro la guerra preventiva. E anche
successivamente, quando hanno 'radicalizzato' le loro
posizioni, non sono mai riuscite a dire no alla guerra
in quanto tale: basta leggere le dichiarazioni e gli
interventi del card. Ruini, o i documenti delle
associazioni e dei movimenti ecclesiali benedetti dalla
Conferenza episcopale italiana come le Sentinelle del
mattino” (cfr. Adista 25 e 28/03).
Lo stesso Giovanni Paolo II, secondo Toschi,è su questa
linea: “Il papa non ha mai pronunciato un no alla guerra
'senza se e senza ma'; ha invece sempre arricchito i suoi
discorsi di sottili distinzioni ispirate alla dottrina
della guerra giusta, come in occasione del discorso agli
ambasciatori accreditati in Vaticano” (cfr. Adista 7/03).
La novità sorprendente è che, “nonostante queste
distinzioni, le parole del papa sono state interpretate
come un no secco alla guerra dai cattolici, che non
hanno tenuto in nessun conto i concetti della legittima
difesa o della necessità di disarmare l’aggressore.
Hanno invece, con molta semplicità, interpretato il
Vangelo dalla parte delle vittime”, facendo passare
anche il papa per un pacifista assoluto, il che non è vero.
La speranza che non muore
Oltre le ambiguità e i disastri di questo papato, resta
intatta la speranza. La chiesa imperiale e il cristianesimo
del potere sono giunti al capolinea. Le televisioni di
tutto il mondo riempiranno gli schermi e diffonderanno
ovunque le immagini di un funerale faraonico e di un
conclave sacro e storico. Sarà uno spettacolo di grande
smalto e di catturanti emozioni. Solenni liturgie in cui
i grandi della terra faranno adeguata comparsa. I gerarchi
vaticani, nelle loro porpore, annunceranno al mondo che
lo Spirito Santo ci regala un nuovo “vicario di Cristo”
mettendo sul conto di Dio la perpetuazione di una
istituzione mondana e oppressiva come il papato.
Sono sicuro che anche nel cuore di qualche cardinale si fa
strada una profonda inquietudine. Bisogna sempre ritornare
a Nazareth, sui sentieri del Nazareno, riprendere il suo
messaggio e il suo progetto di semplicità, di amore e di
giustizia. Il resto appartiene alla storia dei potenti.
 Pinerolo, 16 ottobre 2003  
                                                                                                       
[Modificato da Tealacrema 22/02/2012 22:04]
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