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L'essenza delle eresie

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2008 13:42
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10/12/2008 13:30

L'essenza delle eresie

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Ripercorrendo la storia dell'eresia si coglie la sua progressiva trasformazione: da teologica, tesa a dibattere temi cristologici, liturgici; a mistica, popolare, animata da istanze etiche strettamente connesse con la realtà sociale, le cui cause vanno necessariamente ricercate anche al di fuori dello stretto ambito religioso per invadere il sociale, il politico, l'economico.

Parallelamente si coglie anche la storia della reazione, di come cioè il sistema si sia difeso, di quali strumenti si sia servito: da sostenitore di tali movimenti laici, contro la corruzione del Clero, ad accusatore severo avvertendo in essi una diversità pericolosa e destabilizzante.

Ciò che di seguito verrà descritto cerca di mettere in luce queste progressive trasformazioni, considerando sommariamente le eresie dei primi secoli, e soffermandosi su un particolare movimento religioso italiano agli albori dell'anno mille, la Pataria, che segna il definitivo passaggio alla lotta feroce a qualsiasi forma diversa di pensiero e di vita da quella tradizionale.

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Le prime eresie

Le prime eresie

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Alcune di esse erano in realtà qualcosa di ben diverso di una scelta diversa dall'ortodossia, ma vere e proprie religioni alternative, che dal Cristianesimo assumevano alcune tematiche adattandole o stravolgendole. Gnosticismo Gli gnostici distinguevano tra l'imperfezione del mondo visibile e la perfezione di un Dio supremo, la cui conoscenza (gnosis), individuale e riservata a pochi eletti, tramite forme iniziatiche di apprendimento, avrebbe portato alla salvezza.

Il pensiero gnostico incominciò a manifestarsi già nel I secolo d.C. nell'area del Giordano, quando, dopo la morte del Battista, un certo Simone di Gitta, identificato con il Simon Mago degli Atti degli Apostoli, si sarebbe definito la "Grande Potenza di Dio". Concetto di fondo era il dilemma umano per eccellenza: il significato dell'esistenza umana e della contrapposizio tra bene e male. La conoscenza avrebbe fornito, a coloro che sono destinati, la risposta al quesito.

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Il manicheismo

Il manicheismo

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Anche il Manicheismo non può essere considerato come deviazione del Cristianesimo, nonostante i numerosi imprestiti da tale religione. Mani, nato nel 216 da nobilissima famiglia persiana, ebbe a soli 12 anni, la rivelazione del Paracleto che gli aprì il mistero della luce e della tenebra. Incominciò così la sua attività missionaria, svoltasi principalmente in Iran, nell'attuale Pakistan, e nella regione Mesopotanica, e rivolta al fine specifico di fare del suo credo una religione di stato. Il pensiero di Mani, che dichiarava esplicitamente di aver avuto come precursori Gesù, Budda, Zoroastro, e di essere egli l'apostolo del vero Dio nella terra babilonese.

Tale movimento, pur basandosi sulla gnosi, si differenzia dallo Gnosticismo, perchè la conoscenza non era uno strumento di perfezione riservato a pochi eletti, ma il mezzo di proliferazione di una religione che voleva essere di tutti. Il Manicheismo considerava, inoltre, due principi coeterni, non inferiori l'uno all'altro, egualmente potenti ed in eterna lotta. L'uno, Dio, il Padre di grandezza, lo spirito, la luce, la pace; l'altro, il Re della tenebra, il signore della materia, del caos, della guerra, della magia malefica, della discordia perenne in cui egli stesso è coinvolto.

Il Padre di grandezza, buono per eccellenza, non può avere mezzi di difesa, ma solo di fronte alla rapace invidia del nemico, offrire se stesso come olocausto. A tale scopo emana la Madre della vita e questa, a sua volta, l'uomo primordiale che accetta personalmente il combattimento con le forze del male. Luce e materia sono frammiste nel mondo e per timore della vittoria di Dio, le tenebre inviano due demoni che generano Adamo ed Eva, figli dell'odio e della lussuria.

Da qui il concetto manicheo del corpo umano considerato quale sostanza diabolica. Ma il bene continua la sua opera redentrice e cerca di risvegliare in Adamo la coscienza della sua origine divina. Ecco allora l'arrivo di Gesù, il luminoso, e la conseguente liberazione di Adamo. Dopo una grande guerra e dopo la fine del mondo, si avrà il definitivo trionfo della luce sulla materia e le tenebre saranno definitavamente relegate nel loro mondo.

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10/12/2008 13:37

Le eresie prima dell'anno mille

Le eresie prima dell'anno mille

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Tali eresie si sogliono definire cristologiche, ovvero che sorgono nella necessità di giustificare la compresenza di una natura umana e divina in Cristo. La soluzione cattolica fu quella di una trinità in cui il Padre, Figlio, Spirito Santo sono sia individualmente sia nell'unità un unico Dio. Ciò che determinò la nascita di tante eresie fu, perciò, lo sforzo di spiegare razionalmente ciò che non poteva essere accettato se non come dogma. Arianesimo Per comprendere il successo di questa eresia occorre aver presente la situazione storica dell'inizio del IV secolo. Con l'editto di tolleranza di Milano del 313 si apriva un nuovo periodo per la Chiesa, ricco di conseguenze non tutte positive.

Cessarono le persecuzioni, in quanto al cristianesimo venne riconosciuta pari dignità rispetto alle altre religioni. Tale scelta era volta a favorire l'unità dei cristiani anche attraverso la lotta contro gli eretici, i dissidenti, gli scismatici, coloro cioè che potevano in qualche modo creare difficoltà a tale intento. Non si trattava, tuttavia di una difesa disinteressata, di Costantino, dell'ortodossia, quanto piuttosto di costruire e difendere il suo Impero unitario e centralizzato, per cui il potere politico si sentiva legittimato ad intervenire nelle questioni religiose quando tale unità fosse stata in pericolo.

E' in tale clima politico che si diffuse l'Arianesimo. Nel IV secolo un prete alessandrino di nome Ario predicava, che essendo il Figlio generato dal Padre, essi fossero simili per divina natura, ma non esattamente uguali, relegando il figlio ad un ruolo subordinato infrangendo cosi il dogma trinitario.

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10/12/2008 13:38

Il Priscillianismo

Il Priscillianismo

Il nome deriva da Priscillano, un predicatore spagnolo della fine del IV secolo, che attirò su di se le ire del clero. Con tale movimento eretico si assiste al primo episodio di intervento del braccio secolare comportante una pena capitale, mentre fino ad allora le varie pronunce conciliari si erano limitate ad inflingere deposizioni, o l'esilio o l'allontanamento dalla sede episcopale.

Priscilliano, infatti nel 383, per volere dell'imperatore Magno Massimo, che voleva garantirsi l'appoggio economico della parte cattolica, fu processato e giudicato colpevole di maleficium e messo a morte nel 385. Alla caduta di Massimo, però, la traslazione in Spagna del corpo di Priscilliano si trasformò in un'apoteosi d'entusiasmo popolare che portò all'elezione di molti vescovi priscillianisti. Soltanto nel 563, con il concilio di Braga, il priscillianismo verrà condannato e si estinguerà.

Tale esperienza ben rileva come potere religioso e potere civile puntino l'uno sull'altro con fini puramente strumentali.

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10/12/2008 13:39

L'anno mille

L'anno mille

"Verso la fine dell'anno mille viveva in Gallia, nel villaggio di Vertus, un popolano chiamato Leutardo. La storia della sua temeraria follia ebbe questo inizio. Una volta si trovava da solo nei campi intento ad alcuni lavori agricoli. Vinto dal sonno per la stanchezza, gli parve in sogno che un grande sciame di api penetrasse nel suo corpo per la nascosta apertura naturale e che, uscito dalla bocca con un forte ronzi, lo trafiggesse con innumerevoli punture. Dopo essere stato a lungo tormentato, gli sembrò che le api gli parlassero, ordinandogli di fare molte cose che erano impossibili agli uomini. Alla fine si svegliò, esausto, e tornato a casa scacciò la moglie, affermando di voler divorziare in virtù degli insegnamenti evangelici. Uscì poi di casa ed entrò in chiesa come se volesse pregare: afferrò invece la croce e fece a pezzi l'immagine del Salvatore. I presenti che lo videro rimasero atterriti e lo ritennero, come era in realtà, pazzo. Ma Leutardo riuscì a persuaderli di aver compiuto queste azioni per una straordinaria rivelazione di Dio. Andava facendo in continuazione gran discorsi privi di utilità e di ogni fondamento di verità; voleva apparire un dottore, ma faceva dimenticare la dottrina dei maestri. Affermava infatti che i racconti dei profeti erano utili, ma in parte non degni di fede. In poco tempo la sua fama, quasi fosse quella di un uomo savio e pio, gli attirò il consenso di gran parte del popolo."

Questo racconto testimonia, come, con l'anno mille, si assiste ad una partecipazione sempre più qualitativamente e quantitativamente rilevante dei laici e del popolo. Infatti, fino a quel momento, essendo le eresie dottrine religiose basate su conoscenze possedute solo da una ristretta elite, non ebbero diffusione tra il popolo. Una significativa esperienza fu la Pataria milanese non solo per l'elevata partecipazione del popolo, ma anche perchè si assistette ad un ruolo centrale della Chiesa, che contrariamente a quanto si possa pensare, favorì e incoraggiò tale movimento eretico.

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La Pataria

La Pataria

Sono state formulate numerose ipotesi sull'etimologia della parola Pataria, la più probabile è quella che si ricollega al patè del dialetto milanese, in cui il termine equivale a straccivendolo. E', invece, indubbio che tale denominazione venga applicata, in accezione dispregiativa, dalla parte avversa, nei confronti di un movimento ad alta partecipazione popolare. E' un movimento che si inserisce in un processo di riforma della cristianità iniziato ad opera della parte laica ma che avrà come esito naturale lo scontro tra Chiesa e Impero, la cosiddetta lotta per le investiture.

Infatti in questi anni il potere politico assunse un ruolo dominante nelle scelte religiose: era spesso il sovrano che sceglieva le cariche ecclessiastiche tra persone a lui vicine. Ma questa politica finì per divenire un'arma a doppio taglio: da una parte favorì un processo di trasformazione e di riforma che porterà la Chiesa a rivendicare il diritto alla propria autonomia; dall'altra si produssero delle degenerazioni tali da rendere quotidiano e usuale il mercimonio di cariche religiose. Nel gennaio 1045 moriva Ariberto da Intimiano, l'arcivescovo di Milano.

Forte di una tradizione da tempo affermatasi, l'assemblea cittadina formulò una rosa di quattro candidati alla successione, che sottopose all'attenzione dell'imperatore Enrico III. Ma egli perferì a questi candidati un'esponente della nobiltà feudale: Guido da Velate, dapprima duramente contestato e di segiuto accettato. E' in tale contesto che si colloca l'azione moralizzatrice di due degli sconfitti nelle mire alla cattedrale milanese: Arialdo da Carimate e Landolfo Cotta. Questi furono inzialmente favoriti dalla prematura scomparsa dell'imperatore, predentendo dal clero milanese un formale giuramento di osservare la castità.

Guido da Velate si appellò al Papa, che impose a tutti di riunirsi in un sinodo per discutere e sanare una situazione che rischiava di farsi sempre più scabrosa, dal momento che Arialdo e i suoi rifiutavano di far rientrare in città l'arcivescovo Guido. Durante il sinodo i vescovi chiesero all'arcivescovo di dimettersi, il quale invocò nuovamente l'intervento di Roma. Ciò significava riconoscere a Roma un ruolo egemone e un primato che il capoluogo lombardo, si era ben guardato da ammettere. Fu forse un errore, l'errore tattico di un clero che sperava nell'aiuto di un pontefice.

Ma lo spirito di riforma permeava tutta la curia pontificia che vedeva nella rigenerazione morale della Chiesa e nella lotta alla simonia gli strumenti più idonei a garantire l'emancipazione dal potere laico e dalle intromissioni imperiali. Tale posizione da un lato rafforzzò gli intenti di Arialdo, dall'altro però esasperò gli avversari, che tentarono di uccidere Landolfo.

La reazione dei Patarini fu altrettanto repentina ma soprattutto si arricchì di tematiche nuove e di più facile presa presso la popolazione. Alla lotta contro il clero incontinente e corrotto si affiancava l'accusa di simonia e fu messo in atto quello che è stato definito lo sciopero liturgico, il boicottaggio delle funzioni celebrate da preti che dovevano la loro consacrazione sacerdotale all'acquisto della stessa. Le chiese diventano deserte e disertate erano le funzioni celebrate dai chierici simoniaci.

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10/12/2008 13:40

Ad un passo dall'eresia

Ad un passo dall'eresia

Ci troviamo ad un passo dall'eresia; il movimento sembra muoversi in bilico tra ortodosso allineamento alle direttive riformistiche provenienti da Roma ed eretica negazione della validità oggettiva dei sacramenti. Nel 1059 la missione annunciata da Stefano IX giunse a Milano.

L'intento non era quello del compromesso in quanto vengono perdonati coloro che si erano resi colpevoli di simonia ma non vengono reintegrati. Non vennero mai condannati proprio per le gravi conseguenze sociopolitiche che da siffatta condanna sarebbero potute derivare. Alla morte di Landolfo gli successe il fratello Erlembaldo, che si trovò sulle spalle un'eredità pesente che non era affatto sicuro di volersi assumere tanto che decise di recarsi a Roma per trovare conforto e approvazione alla decisione che Arialdo lo sollecitava a prendere.

Alessandro II non solo lo spinse ad accollarsi il compito di suo fratello, ma gli consegnò a suggello della propria approvazione, il vessillo della Croce o di San Pietro, che sempre da questo momento, sarà presente nelle azioni della Pataria Investito dal pontefice di questa sorta di «spirituale cavalleria», Erlembaldo della Pataria diverrà così il miles e il dux, votando tutto se stesso, senza più esitazioni di sorta, al compito affidatogli. Papa Alessandro, dunque, incoraggiòErlembaldo. Confortato da ciò Arialdo accentuò la lotta antisimoniaca, anche se il pontefice lo invitava ad una maggiore tolleranza.

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10/12/2008 13:41

La "quinta colonna" della Chiesa di Roma

La "quinta colonna" della Chiesa di Roma

Un richiamo blando, che non sortisce effetti, dal momento che da una parte Arialdo divenne capo militare e combatteva nel contado Guido da Velate, mentre Erlembaldo, nel '66, recatosi nuovamente a Roma, ne ritorna portando seco due bolle: una con la quale si scomunica l'arcivescovo e l'altra con la quale si chiede al clero milanese di sottomettersi a Roma. Il papato si stava servendo della Pataria come di una quinta colonna, al fine di affermare il proprio primato. Roma era in lotta su due fronti: da una parte auspicava e caldeggiava una riforma morale del clero, che facesse cessare l' asservimento di esso ai potentati locali, dall'altra s'indirizzava ad acquisire non solo la “libertas ecclesiae” ma addirittura l'affermazione della superiorità del religioso sul laico, del Sacerdotium sul Regnum.

E per far questo non esitava ad avvalersi, in maniera forse spregiudicata, di qualsiasi forza possa risultarle utile. Ma la situazione politica stava cambiando: nel 1065 Enrico IV diventa imperatore. Guido da Velate contava sul suo appoggio e si sentì tanto forte da convocare, nel giugno dell'anno successivo, un'assemblea cui parteciparono gli stessi Arialdo ed Erlembaldo e nella quale il presule irrise alla bolla di scomunica e fece leva con successo sullo spirito autonomistico cittadino che accusava la Pataria di aver asservito la chiesa ambrosiana a quella romana. Arialdo ed Erlembaldo si salvarono a stento dal linciaggio, come pure a stento si salvò lo stesso arcivescovo dalla repentina reazione dei Patarini.

Ma ormai le sorti del movimento erano segnate. Arialdo fu costretto a lasciare Milano e, catturato dalla nobiltà feudale, il 28 giugno del 1066 venne ucciso. Guido fu considerato colpevole della sua morte e venne scomunicato, mentre il ritrovamento del corpo del martire, alcuni mesi dopo, fu occasione per un riaccendersi degli entusiasmi popolari. Tuttavia Alessandro II non intendeva legittimare uno stato di tensione molto prossimo alla guerra civile ed inviò pertanto a Milano una legazione volta a riportare la pace.

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Il doppio gioco di Roma

Il doppio gioco di Roma

L'esito fu perlomeno strano e fa legittimamente sospettare che Roma volesse condurre un'azione doppiogiochista: da un alto, infatti, fu proclamata la beatificazione di Arialdo, che Erlembaldo portò con sé rientrando da Roma nel '68, dall'atro Guido da Velate fu ricollocato sulla cattedra milanese. Tuttavia l'abile e prudente politica condotta da Alessandro II non consentiva comunque di abbassare la guardia ne di lasciare al loro destino i Patarini. Guido da Velate, riconciliatosi con Roma, usciva di scena, rinunciando all'arcivescovado in favore del suo segretario, Gotofredo da Castiglione.

Enrico IV, infatti, accettò tale designazione, ma in barba alle vicende degli ultimi dieci anni, pretese dal candidato una congrua somma di danaro e l'impegno di estirpare la Pataria dalla città. La reazione di Alessandro II fu fulminea: scomunicò Gotofredo e incaricò Erlembaldo di impedirgli l' accesso in città. Alla morte di Guido, Erlembaldo si affrettò a far eleggere Attone.

L'iniziativa non fu però gradita ai milanesi tradizionalisti poichè sembrava risentire del pesante condizionamento della curia romana. Lo scontro tra Impero e Chiesa di Roma si fece aperto e diretto. Attone e Gotofredo divennero i simboli di due mondi che cessarono di coesistere pacificamente e questo perché uno dei due non intendeva più svolgere un ruolo subalterno. Per Milano e per la Pataria gli eventi precipitarono. Siamo ormai giunti al 1075, quando un incendio scoppiato in città rivelò quanto si erano affievoliti la forza e il potere di Erlembaldo.

Egli e i suoi ne furono infatti ritenuti responsabili e quando, durante la Settimana Santa, Erlembaldo, non solo si ergerà a giudice del clero ma addirittura rifiuterà il crisma consacrato da mani simoniache, si scatenò una serie di tumulti, in uno dei quali troverà la morte lo stesso portatore del vessillo di San Pietro. Dire che con Erlembaldo finisce completamente la Pataria sarebbe eccessivo; essa infatti continuerà ad esistere, ma sostanzialmente sopravvivendo a se stessa.

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10/12/2008 13:42

Il ruolo dei Laici

Il ruolo dei Laici

Le perplessità sull'opportunità di inserire tali vicende nell'ambito della storia dell'eresia sembrerebbero più che giustificate. In fondo si tratta di un movimento riformatore, cui aderisce una larga parte di popolo, tutto teso a combattere simonia e concubinato dei preti e che trova nella curia romana, e nei vari pontefici che si succedono nel corso dei vent'anni in cui si esaurisce tale esperienza, un pieno ed aperto appoggio.

Tutto questo però vale soltanto in una visione della realtà della seconda metà dell'XI secolo semplicistica e riduttiva, che individua i buoni tra i riformatori e i cattivi nei loro avversari. Ma le cose non stavano in questi termini. Esisteva infatti una terza componente, costituita da coloro che pur auspicando una riforma del clero, pur condannando il malcostume dei preti concubinari, non accettarono mai e non perdonarono mai alla Chiesa di aver demandato tale ruolo ai laici. Non potevano accettare che fossero proprio i laici, coloro che il disegno divino aveva relegato ad un ruolo puramente passivo, ad ergersi giudici del clero.

Ma soprattutto non accettarono che il pontefice non solo tollerasse ma addirittura favorisse un tale stato di cose. Il partito dei - "non allineati" seppe forse intravedere i rischi insiti nell'abitudine dei laici di fare a meno delle cerimonie liturgiche e di discutere liberamente di cose sacre. E quando nel XII secolo sorgeranno movimenti ereticali che del rifiuto dei sacramenti e della gerarchia ecclesiastica faranno i temi precipui delle loro predicazioni, ecco allora che l'assimilazione di costoro alla Pataria, sarà inevitabile.

E quando il Catarismo a sua volta sarà diventato la peste ereticale per eccellenza, l' equazione si completerà: il termine pur nato come espressione di disprezzo, si colorerà di un contenuto che forse non gli era mai stato proprio e "Pataro" passerà ad indicare l'eretico.

L' episodio patarinico è una delle componenti informative della spiritualità medievale, ma è anche la prima e ultima vera occasione concessa ai laici per esprimere da protagonisti le proprie istanze religiose. A partire dal XII secolo, infatti, la Chiesa romana sarà sempre attenta e pronta ad inibire le iniziative autonome del laicato e sarà portata ad individuare in esse i germi di una prava baeresis.

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