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Terza Epistola di Giovanni

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    Tea-
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    00 30/01/2012 18:43

    Terza Epistola di Giovanni

    3 Giovanni

    Versetti da 1 a 15

    La seconda epistola proibiva di ricevere coloro che non portavano «la dottrina di Cristo». La terza epistola esorta i credenti ad accogliere ed aiutare coloro che l’insegnano (confr. Giovanni 13:20). Adoperarsi per il bene dei servitori del Signore significa prendere parte all’Evangelo (v. 8).

    Molte persone ci vengono presentate in questa breve epistola. Gaio, il destinatario, era un «diletto» la cui anima prosperava, che camminava nella verità, operava fedelmente e il cui amore era pubblicamente riconosciuto. Demetrio, citato più avanti, rendeva anche lui una buona testimonianza (1 Timoteo 3:7). Invece, nella stessa assemblea, Diotrefe amava essere il primo (1 Pietro 5:3), cianciava contro l’apostolo, non riceveva i fratelli e ne cacciava altri dall’assemblea. Giovanni menziona anche dei fratelli evangelisti che erano «partiti per amor del nome di Cristo» (v. 7; vedere Atti 5:41). Il Nome per eccellenza è quello di Gesù, ed a loro bastava come messaggio e ordine di missione (Atti 8:35).

    «Non imitare il male, ma il bene», raccomanda l’apostolo (v. 11; 1 Tessalonicesi 5:15). Troviamo in questa epistola e attorno a noi numerosi esempi di bene come di male. Quali imitiamo? Seguiamo prima di tutto il Signore Gesù, nel quale non è mai stato trovato altro che il bene (Marco 7:37).

    [Modificato da Tea- 30/01/2012 18:44]
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    00 30/01/2012 18:44
    La terza epistola di Giovanni
    Henri Rossier

    Il Messaggero Cristiano, gennaio 1981



    La terza Epistola di Giovanni incoraggia il credente a praticare l'ospitalità, sia verso i fratelli conosciuti sia verso gli stranieri, e a favorire la loro partenza e il loro viaggio con contribuzione finanziaria purché si presentino con la verità e per amore della verità. Pare che Gaio li ricevesse in casa sua e venisse loro in aiuto per il viaggio.

    Diotrefe, invece, non amava questi fratelli forestieri che andavano un po' dovunque, senza una missione esplicita e senza mezzi visibili di sussistenza; erano partiti per amore del nome del Signore e non avevano ricevuto nulla dai Gentili. Ma era bene riceverli, dal momento che erano venuti per amore di quel nome.

    Ancora una volta l'apostolo insiste sulla verità come carattere essenziale del vero amore: «Gaio che io amo nella verità» dice all'inizio. Egli si rallegrava quando i fratelli (forse quelli stessi che riceveva in casa e aiutava nei viaggi) rendevano testimonianza della verità che era in lui e di come camminava nella verità.

    Per Giovanni non c'era gioia più grande. Inoltre, ricevendo chi predicava l'Evangelo, si aiutava la verità a diffondersi, si era dei collaboratori. Diotrefe non voleva aver niente a che fare con tutto questo; e non solo rifiutava di ricevere quei predicatori itineranti, ma anche escludeva dalla comunione chi lo faceva. Diotrefe cercava d'aver il primato! Non faceva il bene, non bisognava imitarlo; «Chi fa il bene è da Dio».

    La verità stessa rendeva testimonianza a un altro credente: Demetrio. Egli l'aveva propagata, e dovunque aveva lavorato questa verità testimoniava di lui.


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    Tea-
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    00 30/01/2012 18:45
    L'insistenza con la quale Giovanni presenta la verità come pietra di paragone per gli ultimi giorni è molto notevole. Così pure il fatto che la verità fosse il solo passaporto, fra i credenti, di quei predicatori che viaggiavano sapendo che Dio li avrebbe fatti ricevere da chi aveva la verità a cuore.

    Questi credenti erano, con tutta probabilità, Giudei di razza, poiché Giovanni dice che non hanno preso nulla «dai pagani» (o dai Gentili; vers. 7). Faccio notare questo perché, se così è, l'espressione di 1 Giov. 2:2: «Egli è la propiziazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri...» diventa semplice ed evidente. Giovanni, come pure Paolo, fa la differenza fra «noi» Giudei e gli altri, sebbene in Cristo siamo tutti uno.

    Notiamo ancora che l'apostolo si indirizza all'assemblea e non al «capo», Diotrefe; questo «capo» si opponeva alle parole dell'apostolo, ma pare che invece tutta l'assemblea le condividesse. Ma questa autorità ecclesiastica che, senza diritto, Diotrefe esercitava, non impediva a Gaio di perseverare nella sua pietà.

    Come Paolo ai Corinzi, anche Giovanni annuncia che sarebbe venuto e avrebbe mostrato la falsità del modo d'agire di Diotrefe; ma lo dice senza arrogarsi, lui, un'autorità ecclesiastica che potesse portare rimedio a quello stato di cose con un'ordine; e sotto questo aspetto, le sue epistole sono assai significative.

    Come abbiamo detto, la sola arma che l'apostolo avesse, riguardo a quelli che circolavano per predicare, era di attirare l'attenzione sulla «verità». Quella era l'autorità del predicatore; la sua competenza era un'altra questione. L'apostolo non conosceva altra autorità che sanzionasse la loro missione. Tutta la questione sul ricevere tali persone verte sulla dottrina che queste portano. Se ci fosse stato un'altro genere di valutazione Giovanni ne avrebbe parlato e avrebbe potuto dire: Dove sono le prove della loro missione? Giovanni non ne conosceva altre che questa: Portano la verità? Se così non è, non li salutate nemmeno! Ma se portano la verità fate bene a riceverli, nonostante tutti i Diotrefe di questo mondo.
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