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Seconda Epistola di Pietro

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2012 18:57
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30/01/2012 18:55

Seconda Epistola di Pietro

Jean Koechlin


2 Pietro

Capitolo 1, versetti da 1 a 11

Pietro comincia questa seconda epistola ricordando ai cristiani ciò che hanno ottenuto: una fede preziosa (v. 1), «tutte le cose» che appartengono alla vita e alla pietà (v. 3), e «le sue preziose e grandissime promesse» (v. 4). La nostra fede, che s’impossessa di ciò che Dio dà, non deve restare inattiva. È necessario che si unisca all’energia che è chiamata virtù, per pervenire alla conoscenza (parola molto ripetuta in questa epistola). Allo stesso tempo, per mantenere la completa disponibilità delle nostre forze, è indispensabile la continenza; poi la pazienza, che sa perseverare nello sforzo. In questo «clima morale» si svilupperanno le nostre relazioni:
1. col Signore: la pietà;
2. coi nostri fratelli: l’amor fraterno;
3. con tutti: la carità.

Questi sette complementi della fede formano un tutto, come gli anelli di una catena. La loro assenza porta delle tristi conseguenze nella vita d’un cristiano: ozio, sterilità, miopia spirituale. Egli non vede lontano; la sua fede non sa più distinguere all’orizzonte la città celeste, meta del pellegrinaggio cristiano (confr. Ebrei 11:13...). Le porte eterne si sono già alzate per Cristo, il Re di gloria (Salmo 24:7 e 9). Ch’Egli stesso ci accordi, al suo seguito, una larga entrata nel suo regno eterno.


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2 Pietro

Capitolo 1, versetti da 12 a 21

Le verità sviluppate nella prima epistola ricordavano le rivelazioni del cap. 16 di Matteo: le sofferenze di Cristo, l’edificazione della Chiesa, casa spirituale costruita sulla Roccia. La seconda epistola si basa sul cap. 17 dello stesso evangelo. Al momento della trasfigurazione, Pietro, Giacomo e Giovanni contemplarono Gesù nella «magnifica gloria». Ma ricevettero l’ordine di non parlarne a nessuno prima della Sua risurrezione. Adesso, il tempo di questa rivelazione è giunto, e Pietro, che allora era aggravato dal sonno (Luca 9:32), risveglia i santi ricordando quella scena (v. 13; 3:1). Lui, che aveva avventatamente proposto di fare tre tende, si appresta ora a «lasciare la sua tenda» terrena per godere, e questa volta per sempre, della presenza di Cristo, in un corpo glorioso (v. 14). Il Signore gli aveva mostrato quando e con quale morte avrebbe glorificato Dio (v. 14; Giovanni 21:18,19). Ben presto saremo, a nostra volta, «testimoni oculari della sua maestà».

Nel corso delle Scritture, la lampada profetica dirige il suo fascio di luce sulla gloria futura. Ma il figlio di Dio possiede una luce ancor più luminosa. L’oggetto della sua speranza vive in lui: Cristo è la Stella mattutina che sorge già nel suo cuore (v. 19; Colossesi 1:27).

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2 Pietro

Capitolo 2, versetti. da 1 a 11

Attualmente, le sette di perdizione sono fiorenti, e la loro apparizione è annunciata in anticipo perché noi, oggi, possiamo non esserne né stupiti, né scoraggiati (v. 1). Esse sfruttano le anime (v. 3; Apocalisse 18:13).

Nel primo capitolo, la prospettiva della gloria futura è stata affermata da una triplice testimonianza: la visione anticipata sul monte santo, la profezia, ed infine la Stella mattutina che sorge nei nostri cuori. Allo stesso modo, la certezza del giudizio che cadrà sul mondo è attestata da tre esempi: la sorte degli angeli decaduti (Giuda 6), il diluvio (Matteo 24:36...) e la fine di Sodoma e Gomorra (Giuda 7). Ma in mezzo ad una generazione empia, il Signore discerne e libera colui che lo teme (v. 9).

Malgrado la sua mondanità, Lot era un giusto. La parentesi del v. 8 mostra che Dio registra ogni sospiro dei suoi. Tuttavia, Lot si sarebbe risparmiato tutti quei tormenti se avesse saputo apprezzare, come Abramo, il paese della promessa. Una posizione falsa ed equivoca davanti agli uomini è sempre fonte di miserie per il figlio di Dio. Lot è la figura d’un credente salvato come attraverso il fuoco (1 Corinzi 3:15). Non avrà una «larga entrata nel regno» (1:11). Che il Signore ci guardi dall’assomigliargli!

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2 Pietro

Capitolo 2 versetti da 12 a 22

Per capovolgere la verità stabilita dal cap. 1, Satana impiega due mezzi, sempre gli stessi: si ostina a corromperla (come nel cap. 2) o a negarla apertamente, come vedremo al cap. 3. I suoi strumenti per smarrire le anime sono qui presentati sotto la loro vera luce. E che abominevole e spaventoso ritratto è quello di questi conduttori religiosi nei quali il male morale va di pari passo con il male dottrinale (v. 12-17; Matteo 7:15)! Questi uomini, che promettono agli altri la libertà, sono essi stessi schiavi delle loro passioni e dei loro appetiti più bassi (v. 19). Poiché, e questo deve far riflettere anche il credente, «uno diventa schiavo di ciò che l’ha vinto». Ognuno di noi è libero, affrancato dal Signore? (Giovanni 8:34-36; Isaia 49:24,25). Oppure è ancora legato da una tale orrenda catena? Questo mondo è avvincente nel vero senso della parola; come un pantano (fine del v. 22), esso tiene prigioniero il piede dell’imprudente che vi si avventura e, nello stesso tempo, contamina l’anima (il v. 20 menziona le contaminazioni del mondo).

La fine del capitolo denuncia l’illusione di coloro che un cristianesimo semplicemente sociale o intellettuale può aver fatto uscire momentaneamente dal solco del peccato. Una riforma morale non è una conversione.

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2 Pietro Capitolo 3, versetti da 1 a 10

Pietro non teme le ripetizioni, non si stanca di ricordare le stesse verità alla memoria dei figli di Dio (v. 1; 1:12,13; Filippesi 3:1; Giuda 17). Non stanchiamoci, da parte nostra, di rileggerle e meditarle. Per la terza volta, l’esempio del diluvio torna sotto la penna dell’apostolo. In contrasto con coloro che ignorano volontariamente ogni avvertimento (Efesini 4:18), i diletti del Signore non devono ignorare le sue intenzioni. La «fine del mondo», che molti evocano con spavento o leggerezza, sopraggiungerà solo nel momento scelto da Lui. I cieli e la terra «d’adesso» saranno allora distrutti. Solo la pazienza di Dio, che ha in vista la salvezza dei peccatori, ha sospeso fino ad ora il giudizio. Egli vuole che nessuno perisca (Ezechiele 33:11), e questa pazienza si esercita in favore dei beffeggiatori che la contestano e l’oltraggiano. Ma l’umanità è impegnata in un implacabile «conto alla rovescia». Arriverà un istante, che sarà l’ultimo, in cui le promesse tante volte udite si trasformeranno improvvisamente in realtà. Gli eventi finiranno per dare ragione alla speranza dei figli di Dio, per la confusione dei beffardi e degli empi. Allora sarà troppo tardi per «giungere a ravvedersi» (fine del v. 9). Amico lettore, l’hai già fatto?

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30/01/2012 18:57

2 Pietro Capitolo 3, versetti da 11 a 18

Queste ultime esortazioni non sono fondate, come le precedenti, sulle «sue preziose e grandissime promesse» (1:4), ma sull’instabilità di tutte le cose presenti. Facciamo qualche volta l’inventario dei beni terreni ai quali noi teniamo più, scrivendovi sotto: «tutte queste cose hanno da dissolversi...». Così saremo preservati dal metterci il cuore. Il fatto di sapere queste cose innanzi dovrebbe stimolarci ad una santa condotta (ancora un termine caratteristico di Pietro: vedere 1a epistola 1:15,17,18; 2:12; 3:1,2,16) e alla pietà. Il pensiero dell’imminente ritorno del Signore ci spinge più d’ogni altra cosa alla separazione dal mondo e dal male, e all’evangelizzazione, poiché la Sua venuta segnerà la fine della Sua pazienza (v. 15). Studiamoci d’essere trovati come Cristo ci vuole al Suo ritorno (v. 14; Filippesi 1:10), avendo fatto qualche progresso nella grazia e nella Sua conoscenza (v. 18).

L’apostolo ha terminato il suo servizio; ora è pronto a «lasciare la sua tenda». E ci dà appuntamento a quel giorno d’eternità che la nostra fede saluta ed anticipa, rendendo gloria, fin da ora, al nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.



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