La crociata albigese
La crociata contro gli albigesi fu condotta tra il 1209 e il 1229 contro i gruppi di eretici provenienti dai Balcani che si stanziarono in Francia nella regione di Albi (da cui il nome albigesi). Fu indetta da papa Clemente III per estirpare l'eresia catara dai territori della Linguadoca. Dopo la sconfitta della prima campagna militare promossa da Papa Lucio III e i vani tentativi di convertire gli albigesi con l'aiuto dei frati domenicani, Papa Innocenzo III prese spunto dall'uccisione di un legato pontificio avvenuta nel 1208 per invocare una nuova crociata contro di loro.
Sotto la guida del legato papale e del comandante Simon de Montfort (che morirà nel 1218), i crociati - quasi tutti cavalieri provenienti dal centro e dal Sud della Francia - sterminarono la maggior parte degli albigesi e si impossessarono delle loro terre.
La tradizione narra che il legato pontificio, nel decidere chi delle persone rifugiate in una chiesa dovesse essere riconosciuto eretico e quindi bruciato sul rogo, ordinò di uccidere tutti indiscriminatamente, dicendo: "Dio riconoscerà i suoi". Nel 1209 conquistarono Albi e Béziers uccidendo 20.000 persone. I massacri tra gli albigesi acquistarono tali proporzioni che Innocenzo III si adoperò senza successo per mitigare gli scontri. Le lotte si inasprirono fino a diventare un conflitto politico per conquistare il potere sul territorio della Linguadoca.
Dalla parte degli albigesi si schierò il re d'Aragona, mentre la Francia, con Luigi VIII e Luigi IX, appoggiò i crociati assicurandosi in questo modo il dominio del territorio, che fu assoggettato definitivamente nel 1271. Nel 1229 il conte Raimondo VII di Tolosa, uno dei comandanti degli albigesi, dovette accettare la disfatta di questi ultimi, sancita dal trattato di Meaux (dal nome della località presso Parigi dove venne stipulato). La conquista di Montsegur e le esecuzioni in massa sul rogo del 16 marzo 1244 posero fine all'ultimo tentativo di ribellione da parte degli albigesi.
Piccoli gruppi sopravvissero in aree isolate e furono perseguitati dall'Inquisizione sino alla fine del XIV secolo. In Italia nel 1277 il movimento fu decapitato. Furono catturati a Sirmione circa 170 fra Vescovi, preti e perfetti Catari che furono imprigionati e posti al rogo a Verona. L'azione fu fatta dagli Scaligeri in concerto con Corradino di Svevia. I Veronesi, ghibellini, assediarono e catturarono i Catari, anche loro ghibellini, al fine di far ritirare la scomunica del 1267 da parte del papa Clemente IV preoccupato dell'alleanza fra Scaligeri e Corradino.
In un sol colpo scomunicò Scaligeri, Corradino di Svevia e tutti i cittadini veronesi. La brutalità del genocidio non lasciò indifferenti i Templari (ufficialmente neutrali) i quali, nelle precettorie presenti sul territorio, offrirono rifugio a molti catari, difendendoli anche con le armi ed accogliendone molti tra le loro fila.