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I Catari

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2008 13:47
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10/12/2008 13:45

I CATARI

I catari, detti anche albigesi, (dal greco antico καθαρός / katharos, « puri ») dettero vita ad un movimento ereticale diffuso in Europa tra il XII e il XIV secolo. I catari o albigesi (dal nome della loro roccaforte, Albi) propugnavano un'eresia gnostica e dualista che, ammirata persino da S. Bernardo, aveva teorie ritenute pericolose dalla Chiesa di Roma.

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Essi credevano nella gnosi (conoscenza) diretta del divino, senza la mediazione dei prelati, considerati invece indegni a causa del potere temporale che rappresentavano; rifiutando in toto i beni materiali e tutte le espressioni della carne, erano sospettati di praticare il controllo delle nascite e l'aborto, credevano nella reincarnazione e professavano la credenza che il re d'amore (Dio) ed il re del male (Rex mundi) rivaleggiassero a pari dignità per il dominio delle anime umane.

 

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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10/12/2008 13:46

La dottrina dualistica manichea

La dottrina dualistica manichea

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Gli albigesi credevano, infatti, che l'intera vita umana fosse segnata dalla lotta tra il principio divino del bene, identificato con il Cristo e con il Dio del Nuovo Testamento, e la divinità del male, delle tenebre e della materia, identificata con Satana e con il Dio dell'Antico Testamento. Gli albigesi avevano adottato la dottrina dualistica manichea che sosteneva l'esistenza indipendente di un Dio del bene accanto a un Dio del male. Erano noti in Europa occidentale con il nome di catari (puri), ma chiamavano se stessi con l'appellativo di "Uomini buoni".

Gli adepti del dualismo si diffusero verso la fine dell'XI secolo nella Francia settentrionale, ma in quanto eretici furono perseguitati e costretti a emigrare verso sud, favorevolmente accolti nella provincia semindipendente della Linguadoca e nella città di Albi, ove stabilirono una loro Chiesa, oltre alle sedi di Carcassonne e Tolosa; quest'ultima si fece promotrice anche di un importante Concilio cataro, a Saint-Félix de Lauragais.

L'intera realtà materiale era considerata un principio negativo, mentre l'anima era concepita come elemento spirituale imprigionato da Satana nel corpo dell'uomo. La sola speranza di salvezza era riposta nella vita dopo la morte, che liberava dalla schiavitù della materia e evitava la reincarnazione nel corpo di un altro essere umano o addirittura di un animale.

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Il rifiuto dei sacramenti

Il rifiuto dei sacramenti

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La stessa convinzione che tutto il mondo materiale fosse opera del male esitava, inevitabilmente, nel rifiuto del battesimo d'acqua, dell'Eucarestia, ma anche del matrimonio, suggello dell'unione carnale, genitrice dei corpi materiali - prigione dell'anima. Allo stesso modo era rifiutato ogni alimento originato da un atto sessuale (carni, latte, uova), ad eccezione del pesce, di cui in epoca medievale non era ancora conosciuta la riproduzione sessuale.

Pur convinti della divinità di Cristo, gli albigesi sostenevano che egli fosse apparso sulla Terra come un angelo di sembianze umane (di natura angelica era considerata anche Maria) e accusavano la Chiesa Cattolica di essere al servizio di Satana, perché corrotta e attaccata ai beni materiali. Aspetti linguistici Le comunità di fedeli erano divise in credenti, che si chiamavano « Buon Uomini », « Buone Donne » o « Buoni Cristiani » e quelli che per l'Inquisizione erano i "perfetti". Questi praticavano forme estreme di ascetismo, rinunciando a ogni proprietà e vivendo unicamente di elemosina.

Solo i perfetti potevano rivolgersi a Dio con la preghiera, mentre i semplici credenti potevano sperare di divenire perfetti con un lungo cammino di iniziazione, seguito dalla comunicazione dello Spirito Santo, il Consolament, mediante l'imposizione delle mani. Questo uno dei pochi Sacramenti catari, tra cui una sorta di confessione collettiva periodica. Tra i perfetti esisteva comunque una gerarchia facente capo ai vari Vescovi di ogni Provincia (assistiti da coloro che venivano detti il "Figlio Maggiore" e il "Figlio Minore") e ai vari Diaconi delle comunità catare.

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La crociata albigese

La crociata albigese

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La crociata contro gli albigesi fu condotta tra il 1209 e il 1229 contro i gruppi di eretici provenienti dai Balcani che si stanziarono in Francia nella regione di Albi (da cui il nome albigesi). Fu indetta da papa Clemente III per estirpare l'eresia catara dai territori della Linguadoca. Dopo la sconfitta della prima campagna militare promossa da Papa Lucio III e i vani tentativi di convertire gli albigesi con l'aiuto dei frati domenicani, Papa Innocenzo III prese spunto dall'uccisione di un legato pontificio avvenuta nel 1208 per invocare una nuova crociata contro di loro.

Sotto la guida del legato papale e del comandante Simon de Montfort (che morirà nel 1218), i crociati - quasi tutti cavalieri provenienti dal centro e dal Sud della Francia - sterminarono la maggior parte degli albigesi e si impossessarono delle loro terre.

La tradizione narra che il legato pontificio, nel decidere chi delle persone rifugiate in una chiesa dovesse essere riconosciuto eretico e quindi bruciato sul rogo, ordinò di uccidere tutti indiscriminatamente, dicendo: "Dio riconoscerà i suoi". Nel 1209 conquistarono Albi e Béziers uccidendo 20.000 persone. I massacri tra gli albigesi acquistarono tali proporzioni che Innocenzo III si adoperò senza successo per mitigare gli scontri. Le lotte si inasprirono fino a diventare un conflitto politico per conquistare il potere sul territorio della Linguadoca.

Dalla parte degli albigesi si schierò il re d'Aragona, mentre la Francia, con Luigi VIII e Luigi IX, appoggiò i crociati assicurandosi in questo modo il dominio del territorio, che fu assoggettato definitivamente nel 1271. Nel 1229 il conte Raimondo VII di Tolosa, uno dei comandanti degli albigesi, dovette accettare la disfatta di questi ultimi, sancita dal trattato di Meaux (dal nome della località presso Parigi dove venne stipulato). La conquista di Montsegur e le esecuzioni in massa sul rogo del 16 marzo 1244 posero fine all'ultimo tentativo di ribellione da parte degli albigesi.

Piccoli gruppi sopravvissero in aree isolate e furono perseguitati dall'Inquisizione sino alla fine del XIV secolo. In Italia nel 1277 il movimento fu decapitato. Furono catturati a Sirmione circa 170 fra Vescovi, preti e perfetti Catari che furono imprigionati e posti al rogo a Verona. L'azione fu fatta dagli Scaligeri in concerto con Corradino di Svevia. I Veronesi, ghibellini, assediarono e catturarono i Catari, anche loro ghibellini, al fine di far ritirare la scomunica del 1267 da parte del papa Clemente IV preoccupato dell'alleanza fra Scaligeri e Corradino.

In un sol colpo scomunicò Scaligeri, Corradino di Svevia e tutti i cittadini veronesi. La brutalità del genocidio non lasciò indifferenti i Templari (ufficialmente neutrali) i quali, nelle precettorie presenti sul territorio, offrirono rifugio a molti catari, difendendoli anche con le armi ed accogliendone molti tra le loro fila.

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