IN SPIRITO E VERITA'

GESU' E' SPIRITO E I VERI CRISTIANI
LO ADORANO IN SPIRITO E VERITA'
 
 
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Mariologia

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2011 18:30
Autore
Vota | Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:16

di Fulvio Ferrario
Introduzione
di Fulvio Ferrario
Nel 1950, in Italia, sembra davvero che il classico assioma cattolico,
de Maria numquam satis, venga preso molto sul serio. In un’incontenibile
esplosione di entusiasmo mariano, pare che nulla mai
sia sufficiente: liturgie, manifestazioni di pietà popolare, espressioni
dossologiche, riflessioni teologiche, nelle quali una certa gracilità
della base biblica viene compensata da speculazioni molto ardite e
anzi, sovente, decisamente spericolate. La proclamazione del dogma
dell’Assunta, il 1° novembre 1950, costituisce insieme l’occasione
prossima e il coronamento di tanta passione. Per una sensibilità protestante,
non è tanto la dottrina teologica sostenuta dalla bolla dogmatica
di Pio XII a costituire il cuore del problema. L’assunzione di
Maria, in quanto opinione teologica, è stata sostenuta per secoli e i
riformatori non hanno avvertito l’esigenza di polemizzare contro di
essa. L’impostazione cristocentrica della loro spiritualità e della loro
teologia ha permesso una decisa “potatura” della lussureggiante spiritualità
mariana e della teologia da essa ispirata; ed è indubbio che,
a una mentalità forgiata dalla critica moderna, l’idea di un’assunzione
corporea di Maria in cielo appare a dir poco singolare. Essa, tuttavia,
non sarebbe necessariamente tale da dividere le chiese. L’elemento
decisivo, invece, è costituito dalla decisione di definire dogmaticamente
tale dottrina. Un simile dogma costituisce una vistosa
autocelebrazione del cattolicesimo romano nella sua espressione più
problematica per il protestantesimo, quella canonizzata dal Vaticano
I, e ciò per almeno tre ragioni. In primo luogo, il dogma dell’Assunta
costituisce il primo caso concreto di applicazione dell’infallibilità
papale definita da quel concilio: nella bolla, Pio XII si richiama
all’«autorità del nostro Signore Gesù Cristo, dei Beati Apostoli
Pietro e Paolo e nostra». In secondo luogo, la stessa teologia cattolica
riconosce francamente che il dogma non ha alcuna vera e propria
base biblica: esso dunque, oltre all’Assunzione di Maria, defi
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:18

nisce una precisa idea della tradizione ecclesiale, considerata come

forma sostanzialmente autonoma della rivelazione, che, come tale,

si aggiunge

alla Scrittura. Tale idea corrisponde alla comprensione

della tradizione che a quel tempo, credo di poter dire, è largamente

egemone nella teologia cattolica. Se essa, a sua volta, sia conforme

alle intenzioni del Concilio di Trento, è altra questione, che qui non

può essere affrontata

1, ma certo si contrappone nel modo più drastico

al

sola Scriptura protestante e, in generale, alla spiritualità delle

chiese della Riforma

2. La terza ragione costituisce, in un certo senso,

la sintesi delle due precedenti: il secolo che va dal 1854 (definizione

del dogma dell’Immacolata Concezione da parte di Pio IX), al

1950 vede, in ambito cattolico, un’

escalation assai significativa sia

dell’enfasi su Maria, sia di quella sul papato: mariologia (con vistosi

rischi, soprattutto, ma non solo, a livello della cosiddetta «pietà popolare

», di un vero e proprio marianesimo

3) e centralità papale (con

1

Cfr. su questo punto F. Ferrario, Dio nella parola, Torino, Claudiana, 2008,

pp. 239-241.

2

Su questo concorda perfettamente, dal suo punto di vista, F. Cavalli, Echi

del dogma dell’Assunzione tra i protestanti

, “La Civiltà Cattolica” 102 (1952), I,

pp. 31-48; egli considera ad esempio scontato che «la Bibbia [non sia], neppure per

l’Assunzione, l’unica fonte di verità», p. 38.

3

Può essere utile, per dare un’idea di ciò a cui ci si riferisce, riportare qualche

passo di

D. Mondrone, L’Assunzione di Maria Ss.ma al cielo nell’apoteosi della

sua definizione dommatica

, “La Civiltà Cattolica”, 100 (1950), II, pp. 486-494: i fedeli

si ritrovano intorno al Successore di Pietro, «affratellati nell’amplesso di quella

Bontà che si identifica con la Verità, e che il genio del Bernini volle raffigurare con

le braccia del suo Colonnato [maiuscolo anche questo,

ad abundantiam] protese con

gesto di invito da Roma sul mondo» (p. 488); la

peregrinatio Mariae suscita entusiasmi

inenarrabili in Giappone, Australia, Alaska; la Madonna di Fatima, poi, «calando

dal Sud-India», piomba a Ceylon, dove «Hindu, Bonzi e Maomettani fanno

a gara a rendere anch’essi omaggio alla Vergine»; un simile successo strappa «all’ecc.

mo Vescovo di Kandi» la seguente esclamazione: «Ciò che non ha compiuto

il Figlio durante interi secoli, l’ha fatto in pochi giorni la Madre» (p. 487); l’annuncio

dell’intenzione di proclamare il dogma, il 14 agosto 1950, costituisce la «lieta

novella» (p. 487) e suscita un giubilo incontenibile, tranne che presso i «fratelli

separati» (p. 488), ai quali si risponde però con «rispettosa fermezza e caritatevole

comprensione». Finiti i tempi nei quali «liberali ammazzapreti e soci della Giordano

Bruno si davano appuntamento al Caffè Rusticucci , lì di faccia a S. Pietro, a far

gazzarra e brindisi al tramonto del Papato. Tutti scomparsi, oggi. Scomparso finanche

il Caffè Rusticucci: è stato spazzato via, per far posto alle ondate crescenti di

folla che si stringono intorno al Papato immortale» (p. 489: veramente, il caffè, insieme

a gran parte di Borgo Pio, è stato «spazzato via» per costruire via della Conciliazione,

a opera dell’uomo che, come si disse autorevolmente, aveva, mediante il

OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:19

altrettanto consistenti pericoli di deriva «papista») si intrecciano e si
sostengono reciprocamente.
Tale entusiasmo mariano non è culturalmente né politicamente
asettico. La Maria del cattolicesimo, del resto, è sempre stata molto
“impegnata”. In passato, ella ha ad esempio fermato la minaccia protestante
proveniente dal Nord, come è accaduto a Madonna (appunto)
di Tirano, al confine tra la Valtellina e i Grigioni; analogamente,
alla metà del xx secolo, in piena guerra fredda, Maria si erge come
possente baluardo nei confronti del «comunismo ateo»: Myriam di
Nazareth, nel frattempo diventata la Regina del cielo, l’Immacolata
Concezione e, ora, l’Assunta, non è solo cattolica e papale, ma anche
democristiana e filoamericana.
Siamo in un’epoca nella quale il dialogo tra cattolici e protestanti
in Italia non è praticamente ancora iniziato. La giovane repubblica
nata dalla Resistenza si è da poco dotata di una costituzione as-
Concordato, «restituito Dio all’Italia e l’Italia a Dio»); la fiaccolata del 31 ottobre
1950 a Roma richiama quella del 22 giugno 431 a Efeso, quando il titolo di Theotokos
(madre di Dio) fu attribuito a Maria e fu condannato Nestorio (p. 491: quello
però, come sa perfettamente anche il p. Messineo, era un dogma cristologico, non
mariano). Le meraviglie, tuttavia, non sono finite e alle folle osannanti si uniscono
anche le sculture: «Appena il quadro della Madonna fu alla soglia dell’emiciclo
berniniano, tutte le statue che lo incoronavano, investite da uno sfascio [sic] di
luce riflessa parvero come se balzassero improvvisamente dal buio per accogliere
gesticolanti e commosse la loro Regina» (p. 492). La commozione del gesuita rompe
gli argini e produce nuove maiuscole: «Dalla Piazza si levò allora un applauso
solo, incontenibile e prolungato che, al momento di affievolirsi, improvvisamente
ingagliardì quando dalla finestra del suo privato appartamento, mentre con una regia
perfetta veniva attenuata l’illuminazione del Palazzo, apparve in una cornice di
luce la figura bianca del Papa a benedire ripetutamente la folla acclamante dei suoi
figli» (p. 492): papato e marianesimo, appunto. E infine il culmine, davvero notevole,
di questa lirica celebrazione: «Mai forse in modo più grandioso e visibile si
era avverata la profezia lanciata nei secoli dall’umile fanciulla di Nazareth: Tutte le
genti mi chiameran beata!» (p. 493). «Quell’articolo della rivelazione divina, allora
allora definito come tale dal Maestro della verità [si intende, ovviamente, il papa],
irradiandosi su tutte le menzogne che ottenebrano l’umanità, avvolse in quell’ora
col sorriso della Vergine tutta la superficie della terra» (p. 493). Interessanti anche
le righe conclusive dell’articolo: «accanto alla verità che ci ha rivelato Maria corpo
e anima ai vertici della gloria, c’è ancora quella che ce l’addita con Gesù al centro
di tutta l’economia della salvezza, per Lui e dopo di Lui Mediatrice e Distributrice
di tutte le grazie» (p. 494): che è, se intendo bene, un modo di porre il problema di
Maria come «corredentrice».
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:19

sai avanzata, nella quale però, non senza l’interessato appoggio del
Partito comunista, l’articolo 7 collega direttamente al dettato costituzionale
i Patti lateranensi sottoscritti, per parte italiana, dal duce
del fascismo. Le elezioni del 1948, dominate dallo scontro ideologico
tra filo-occidentali e blocco socialcomunista, sono state stravinte
dalla Democrazia cristiana, nella quale l’orientamento cattolicodemocratico
di Alcide De Gasperi non è l’unica tendenza. Per quanto
riguarda la piccola minoranza evangelica italiana, non si può dire
che i suoi diritti siano garantiti dalla polizia di Mario Scelba molto
più di quanto lo fossero da quella fascista. In un simile contesto, ci si
potrebbe aspettare dai protestanti nel nostro paese un atteggiamento
di pura polemica, in qualche modo simmetrico rispetto alla passione
mariana del p. Messineo, del suo confratello G. Filograssi (verosimilmente
l’estensore della bolla dogmatica) e di innumerevoli altri.
In realtà, la fase di preparazione della definizione dogmatica viene
seguita dall’evangelismo italiano con un certo distacco, seppure critico.
L’allora quindicinale4 della chiesa, “L’Eco delle Valli Valdesi”
dà anzitutto notizia, ripresa dal settimanale “L’Europeo”, delle perplessità
espresse da alcuni teologi cattolici di Lovanio e Parigi5; in
seguito interviene con ampio contributo, in tre parti6, del massimo
teologo protestante italiano, Giovanni Miegge7. Nato nel 1900 a Sa-
4 Si tratta, in realtà, usualmente, di un settimanale. Il n. 24, del 14 luglio di quell’anno
pubblica però il seguente Comunicato, indicativo dello stile allora in uso per
affrontare le difficoltà economiche: «In seguito all’aggravarsi della situazione finanziaria,
la Venerabile Tavola Valdese ha deliberato che “L’Eco delle Valli Valdesi” si
pubblichi quindicinalmente su due pagine. Il prossimo numero uscirà quindi il 28
luglio». In seguito le pagine diverranno quattro.
5 Assunzione di Maria, “L’Eco delle Valli Valdesi”, 80 (1950), n. 13, 31 marzo
1950, p. 3. L’articoletto non è firmato. L’8 dicembre, poi (nel calendario cattolico
festa dell’Immacolata), “L’Eco” pubblica una meditazione biblica, siglata E.G., dal
titolo Il messaggio di Maria, nel quale l’intera problematica mariana è vistosamente
ignorata.
6 G. Miegge, L’Assunzione della Vergine, “L’Eco delle Valli Valdesi” 80 (1950),
n. 33, 22 settembre, p. 1; n. 34, 6 ottobre, p. 2; n. 35, 20 ottobre, p. 2.
7 La migliore presentazione complessiva del pensiero di Miegge in forma di
monografia non è pubblicata: si tratta della tesi di laurea di C. Tron, La filosofia
religiosa di Giovanni Miegge, Torino, 1965 (una copia è reperibile nella biblioteca
della Facoltà valdese di Teologia; tra gli studi più importanti vanno menzionati: G.
Spini, Giovanni Miegge: l’ambiente politico-culturale al tempo in cui si formò il
suo pensiero, ora in Id., Studi sull’evangelismo italiano tra Otto e Novecento, Torino,
Claudiana, 1994, pp. 195-204; V. Vinay, Giovanni Miegge e la sua generazione,
vona, Miegge è un punto di riferimento del gruppo di giovani intellettuali
(non tutti sono pastori) evangelici italiani che negli anni Trenta
propugnano un rinnovamento del panorama teologico che superi la
sintesi un po’ usurata di liberalismo e spirito del Risveglio che caratterizza
il pensiero protestante nel nostro paese. Fonte di ispirazione
di Miegge è la teologia barthiana, assimilata però con grande libertà,
senza alcuna sudditanza; fondamentale lo studio di Lutero, che
sfocia in un libro di altissimo livello8. La salute precaria impedirà a
questa intelligenza acutissima di dispiegare appieno tutte le proprie
potenzialità. Intellettuale di statura europea, Miegge ha la capacità
di decifrare le linee guida del dibattito culturale, a partire da una prospettiva
protestante intimamente assimilata. Egli è teologo evangelico
ortodosso9 ed ecclesiale, nel preciso senso che Barth conferisce a tale
aggettivo. Tuttavia il suo pensiero è completamente scevro dal rischio
(come minimo) di una certa angustia confessionale che così spesso
caratterizza gli autori che si riconoscono in un simile orientamento.
Leggere Miegge aiuta a capire come la fedeltà alla propria tradizione
ecclesiale non solo si possa coniugare alla massima libertà intellettuale,
ma più precisamente ne sia la matrice. Il suo è un pensiero
dialogico. Egli dialoga con Barth, non lo imita10: e questo in anni nei
quali i «barthiani» tendono a ricalcare i toni stentorei e a tratti anche
un poco sentenziosi del maestro. Ma Miegge dialoga anche col pen-
“Protestantesimo” 17 (1962), pp. 1-33; i contributi di G. Spini, S. Rostagno, E.I.
Rambaldi, G. Tourn, C. Tron, B.[runo] C. [orsani] nel n. 1/1993 di “Protestantesimo”;
E. Genre, S. Rostagno (a cura di), Una visione della vita e della teologia.
Giovanni Miegge (1900-1960), Torino, Claudiana, 2002; in questo volume si trova
anche una bibliografia degli scritti di Giovanni Miegge (pp. 117-160, e una scelta
significativa della letteratura su di lui, pp. 161-166); si veda anche S. Saccomani,
Giovanni Miegge, Torino, Claudiana, 2002.
8 Lutero giovane, Torre Pellice, Claudiana, 1945; il volume sarà poi ripetutamente
ristampato da Feltrinelli, prima di tornare, in anni recenti, nel catalogo Claudiana.
9 Le Tesi della nuova ortodossia del 1935 (ripubblicate in G. Miegge, Dalla
“riscoperta di Dio” all’impegno nella società. Scritti teologici, a cura di C. Tron,
Torino, Claudiana, 1977, pp. 53-62) sono uno scritto affascinante, per limpidezza
e profondità.
10 Basti a dimostrarlo, tra numerosi altri esempi, un libro come L’Evangelo e il
mito nel pensiero di Rudolf Bultmann, Milano, Edizioni di Comunità, 1956: al culmine
dello scontro tra Barth e Bultmann, Miegge legge con viva simpatia il teologo di
Marburgo: il suo testo costituisce un «tentativo di comprendere» Bultmann senz’altro
più simpatetico e forse anche più riuscito di quello del grande Barth.
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:21

siero laico, vivendo con simpatia rara negli uomini intensamente ecclesiali
quello che Bonhoeffer chiama il divenire «adulto» del mondo,
la sua emancipazione dalle coordinate religiose, l’emergere di nuove
sensibilità11. Ed egli dialoga con il cattolicesimo romano. Anche in
questo caso, lo stile è il medesimo: conoscenza diretta delle fonti, intuito
sicuro nell’individuare il nocciolo dei problemi, critica incisiva
e grande serenità. Tale serenità si riflette in modo molto caratteristico
anche nella prosa di Miegge: densa e insieme semplice, parca di
aggettivi, direi classica. Quella di Miegge è una prosa spirituale. La
sua limpidezza e anche, purtroppo, il suo carattere inimitabile, vengono
dal fatto che essa è radicata in un’esperienza di fede centrata
su Cristo, ben prima che su una cristologia. È la serenità della fede
che esclude in lui ogni polemica astiosa, così come ogni irenismo a
buon mercato. La storia e il dato sociologico hanno collocato il protestantesimo
italiano in una posizione difensiva, esposta al rischio di
pagare la salvaguardia dell’identità con qualche arroccamento, qualche
sospetto di troppo. E qualche paura anche, di solito non confessata,
ma non per questo esorcizzata. Miegge è diverso. Egli non è un
ecumenista di professione, ma è uno spirito ecumenico ante litteram:
è animato, cioè, dall’appassionata volontà di comprendere l’interlocutore,
volontà unita a una notevole sagacia argomentativa. Non gli
interessa polemizzare, bensì discutere il tema, nella prospettiva della
fede cristiana, che egli considera comune a cattolici e protestanti (il
che, allora, non è scontato, né da una parte né dall’altra).
Il contributo di Miegge sull’“Eco” è un vero e proprio saggio,
destinato a un pubblico non specialista, uno dei generi letterari nei
quali l’autore eccelle. Vengono esaminate la base biblica del dogma,
ritenuta inesistente, la vicenda che ha portato alla decisione di definirlo,
l’idea di rivelazione che ne è alla base. Miegge prosegue con
una riflessione sull’opportunità della definizione, chiedendosi se, in
una fase storica nella quale il mondo è spaccato in due dalla guerra
fredda, il ministero dello Spirito santo possa essere ricondotto all’invito,
rivolto alla chiesa, a proclamare solennemente come verità
di fede una dottrina teologica così discutibile. Infine si esamina la
concezione di ecumenismo sottesa a una simile prassi: si tratta del-
11 È del 1952 Per una fede, un’apologia del cristianesimo scintillante nella sua
voluta modestia, completamente priva di complessi, sia di superiorità, sia di inferiorità:
la pubblicano le olivettiane Edizioni di Comunità (ultima riedizione, con prefazione
di G. Tourn, Torino, Claudiana, 1991).
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:22

l’«ecumenismo del ritorno» al cattolicesimo romano, al quale viene
opposto un garbato ma nettissimo rifiuto.
Il libro che ora presentiamo nella sua quarta edizione italiana12 era
uscito poche settimane prima. Come chi legge può facilmente evincere
già dall’indice, si tratta di un’esposizione dell’intero sviluppo della
riflessione teologica relativa a Maria13. Secondo l’Autore, si tratta di
un tipico processo di evoluzione del dogma in base a una logica possibile
(che però non è l’unica possibile) a esso immanente. Le affermazioni
dogmatiche relative a Maria, cioè, si susseguono incrementandosi
in base a passaggi logici dominati da quello che la teologia
cattolica chiama argomento «di convenienza»: si afferma, cioè, che
all’immagine di Maria accolta dalla chiesa «conviene» (è ragionevole
pensare che appartenga) questa o quest’altra caratteristica14. Se,
ad esempio, Maria è la Vergine madre di Gesù, è «conveniente» che
essa sia pensata e creduta come la sempre vergine. Perché conviene?
E a chi? La risposta alla prima domanda è: la verginità è ritenuta un
valore altamente positivo e dunque risulterebbe, appunto, «sconveniente
» pensare che Maria se ne sia a un certo punto privata. Che il
Nuovo Testamento attribuisca a Gesù fratelli e sorelle non è decisivo:
l’obiezione può essere superata esegeticamente, osservando che
il termine per «fratelli» può anche significare «cugini». E se può significarlo,
è «conveniente» che così sia, soprattutto se chi elabora la
riflessione teologica è un monaco. La «mariologia»15 nasce dunque
come operazione teologica, ma ancor prima spirituale, volta a fare
della madre di Gesù l’incarnazione dell’ideale femminile del monaco:
psicologicamente rassicurante, spiritualmente gratificante e, dal
12 La seconda è del 1959; la terza, basata sulla seconda e integrata da un’appendice
di A. Sonelli, che qui riproduciamo, esce nel 1982. Il volume sarà tradotto in
inglese (1955; in seguito esce anche un’edizione americana), francese (1961), tedesco
(1962).
13 E non soltanto «del dogma dell’Immacolata Concezione», come stranamente
afferma S. Saccomani, Giovanni Miegge cit., p. 148.
14 «Dio lo poteva, era opportuno e dunque l’ha fatto»: così, riprendendo Duns
Scoto, il teologo cattolico R. Pesch, Il Concilio Vaticano Secondo. Preistoria, svolgimento,
risultati, storia postconciliare, Brescia, Queriniana, 2005, p. 199, caratterizza
l’argomento «di convenienza».
15 Il termine però, a quanto sembra, fa la sua comparsa solo nel 1602, con la
Summa Mariologica di Placido Nigidio: cfr. R. Frieling, voce «Maria/Marienfrömmingkeit
» III/1, Dogmatisch-Evangelisch, Theologische Realenzyklopädie, vol. 22,
Belino, De Gruyter, 1992, pp. 137-143, qui p. 137.
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:22

punto di vista della sessualità, conforme alle aspirazioni di uomini
vergini: il grande Girolamo svolge, su questo punto, un ruolo essenziale.
Le sue affermazioni sulla verginità perpetua di Maria saranno
riprese anche dai riformatori16: al di fuori del contesto monastico di
esaltazione piuttosto unilaterale della verginità, tuttavia, esse perderanno
la loro forza propulsiva e, di fatto, non giocheranno un ruolo
decisivo nella spiritualità protestante. Partendo da qui, Miegge narra
la marcia trionfale della mariologia nel vissuto e nel pensiero cristiano,
imperiosamente pilotata da tre fattori.
Il primo, come si è detto, è l’argomento di convenienza: esso conduce
ad aggiungere attributo ad attributo, a maggior gloria di Maria.
Tale costruzione si sviluppa, per così dire, «in verticale», senza
preoccuparsi di verificare la compatibilità dei sempre nuovi esiti con
la testimonianza biblica; o, almeno, la loro plausibilità sulla base di
quest’ultima. Si tratta, come Miegge aveva già sottolineato nel suo
articolo sull’“Eco”, di un caso classico di «evoluzione del dogma»:
la dottrina ecclesiale, cioè, si sviluppa in un complesso processo di
crescita. Che il dogma si evolva storicamente, è una tesi sostenuta
prima dalla teologia critica protestante dell’Ottocento e del Novecento,
poi dal modernismo cattolico, duramente condannato da Roma.
Roma stessa, tuttavia, finisce poi nei fatti per aderire alla tesi che ha
condannato. Con una importante differenza, rispetto sia alla critica
storica protestante, sia a quella modernista, e cioè che queste ultime
valutano la legittimità teologica dell’evoluzione dogmatica sulla base
della Scrittura, mentre, come s’è detto, Roma non avverte affatto
tale esigenza.
Il secondo elemento è costituito da una cristologia che allontana
la figura del Figlio dall’essere umano e dal mondo, confinandola in
un Cielo dal quale egli esercita anzitutto la funzione di giudice e di
severo signore, e non raramente anche quella di tiranno. L’immagine
materna di Maria, che intercede presso Gesù a nome dell’umanità
peccatrice, si inserisce in questo abisso. Precisamente qui, come
si sa, interviene la Riforma. Ripetiamolo ancora una volta: non v’è
una vera e propria critica alla «mariologia» da parte dei riformatori.
Nemmeno l’esigenza della verifica scritturale determina dubbi rilevanti,
ad esempio, a proposito della verginità perpetua. Quanto al
16 Ho esaminato il caso di Zwingli ne La «sacra ancora». Il principio scritturale
nella Riforma zwingliana (1522-1525), Torino, Claudiana, 1993, pp. 67-70; cfr.
anche p. 237, sulla questione dei fratelli e delle sorelle di Gesù.
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:25

titolo di «Madre di Dio» esso viene, in modo assolutamente corretto
dal punto di vista dogmatico17, interpretato cristologicamente. In
quanto tale, non solo non viene messo in discussione, ma è appassionatamente
difeso18. Al centro del messaggio della Riforma, tuttavia,
vi è l’evangelo di Gesù come evento della grazia. Il Dio del cielo, rivelato
in Cristo, è certo il giudice del mondo intero: egli esercita tale
autorità, tuttavia, dalla croce di Cristo. La dottrina della salvezza
risulta ristrutturata, precisamente in una prospettiva evangelica, cioè
come lieta notizia del Dio misericordioso. Ciò non ha alcun bisogno
di accompagnarsi a una polemica «antimariana». Tuttavia, in questa
impostazione, l’esigenza spirituale che è alla base della mariologia
viene ricondotta nel suo alveo cristologico. Che la Riforma non faccia
della mariologia un bersaglio polemico particolarmente sottolineato è
anche connesso, probabilmente, al fatto che, fino a tempi abbastanza
recenti, il riferimento cristologico della figura di Maria è sempre stato
richiamato. Così è, ancora oggi, nella tradizione ortodossa, nella
quale un’enfasi assai notevole sulla figura di Maria si accompagna
sempre alla persona di Gesù (nelle icone di Maria, il bambino Gesù
è sempre presente). Se vedo bene, la deriva mariana che porta a rappresentazioni
come quella della Vergine incoronata sull’Esplanade di
Lourdes, dove Gesù non c’è (un tipo di immagine diffusissima nell’iconografia
cattolica degli ultimi due secoli) risale all’Ottocento e
a quella sinergia tra mariologia e papato della quale abbiamo detto.
Per la Riforma, il carattere esclusivo della mediazione di Gesù (I Tim.
2,5) brilla di luce propria ed è nella realtà della vita spirituale, non
anzitutto nella polemica dottrinale, che essa rivendica i propri diritti.
La serenità dei riformatori sul tema di Maria non è tanto un «seme
ecumenico» nella loro riflessione, come a volte si afferma, quanto
un sintomo del fatto che l’ipertrofia mariana era allora meno pericolosa.
Allo stesso modo, non sono sicuro che l’«antimarianesimo»
protestante più recente possa essere equamente valutato come pura e
semplice degenerazione polemica. Esso è il frutto di quanto accade
in ambito cattolico e si comprende su questo sfondo.
17 Storicamente, sociologicamente e sul piano della pietà popolare è innegabile
che il Concilio di Efeso (la città di Diana!) finisca per rivestire anche un significato
«mariologico», come Miegge non manca di rilevare e come emerge con tutta evidenza
dal seguito della vicenda, fino alle mariologia lirica del padre Mondrone.
18 Cfr., ad esempio, M. Lutero, I Concili e la chiesa (1539), a cura di G. Ferrari,
Torino, Claudiana, 2002, pp. 218-233.
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:26

Il terzo elemento che sospinge la mariologia è la mascolinizzazione
dell’immaginario di Dio. Oggi siamo più sensibili a questo tema
di quanto lo si fosse nel 1950, e infatti esso non è in primo piano
nell’opera di Miegge19, benché lo si possa cogliere tra le righe. Non
tocca a me riassumere qui quanto la teologia femminista ha abbondantemente
messo in luce su questo punto. Che esso abbia contribuito
all’ipertrofia mariana è anche troppo comprensibile. Il femminile,
violentemente espulso dall’immaginario teologico, riemerge in quello
mariano. Si opera qui una profonda (e per certi aspetti pericolosissima)
sintesi tra i temi della vergine, della madre, dell’ancella e della
regina del cielo. L’ultimo non ha una radice biblica. Lo si potrebbe,
tuttavia, intendere come interpretazione20 del ruolo unico di Maria
nella storia della salvezza. Il vero problema è che tali tematiche, anziché
essere lette come elementi in reciproca tensione, in una storia,
unica ma integralmente umana, di vocazione, vengono armonizzate
e sublimate metafisicamente in una figura che tende inesorabilmente
a perdere i suoi tratti terreni. La critica di Miegge è la stessa che sarà
poi espressa da Barth21, che cioè la mariologia tende a diventare un
tema autonomo. Il pensiero cattolico, in particolare postconciliare,
rifiuta con sdegno tale analisi. Indubbiamente tale rifiuto corrisponde
alle intenzioni soggettive di molti. Precisamente qui, tuttavia, si
colloca il significato fatale delle definizioni dogmatiche del 1854 e
del 1950, che superano definitivamente il piano delle intenzioni soggettive
e, data la visione romana del dogma, anche quello dei condizionamenti
storici. I dogmi mariani rappresentano l’intensificazione
drammatica di un processo carico di ambiguità e, in tal modo, il suo
compimento. Figura al tempo stesso storica e metafisica, terrena e
celeste, la Maria del dogma cattolico non è una semplice appendice
19 Il quale, tuttavia (sia detto senza alcuna concessione a un balordo culto della
personalità), era teologo talmente fine da avvertire, per ragioni appunto teologiche
e in tempi non sospetti, i pericoli di un’indebita ideologizzazione religiosa della visione
socialmente prevalente dei rapporti tra i sessi. Si veda in proposito la sua critica
a Barth, elegante come sempre nella forma, ma assai tagliente nella sostanza, in
L’uomo e la donna nel matrimonio, nel volume Dalla “riscoperta di Dio” all’impegno
nella società cit, pp. 165-176.
20 Discutibile, forse: ma non è facile individuare interpretazioni teologiche che
non lo siano.
21 Una lettera sulla Mariologia, in: K. Barth, Domande a Roma (ad Limina
Apostolorum), Torino, Claudiana, 1967, pp. 75-78.
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:27

teologica alla dottrina cristiana comune a tutte le chiese. La ricerca
di Miegge conferma quanto rilevato da G. Ebeling22, che cioè l’evoluzione
mariologica fa della madre di Gesù la personificazione della
sintesi cattolica di natura e grazia e, in essa, della chiesa. Poiché
però quest’ultima è ritenuta «la realtà permanente dell’incarnazione,
completamente inserita nella natura storica e umana», ci si può fare
un’idea del rilievo teologico di questa dottrina.
Miegge è incline a ritenere che l’ultimo atto, ancora più catastrofico,
non si sia ancora compiuto, ma sia, a questo punto, inevitabile:
si tratta, naturalmente, di una definizione del ruolo di Maria come
corredentrice. Che tali fossero le attese, almeno da parte di molti influenti
circoli cattolici, è noto. Le tentazioni a questo riguardo sono
state, nella storia recente del cattolicesimo, numerose, benché accompagnate
da distinzioni sempre più articolate e sottili, del tipo che
caratterizza tutta l’evoluzione mariologica23. A una definizione della
«corredenzione», le cui conseguenze mi appaiono incalcolabili, non
si è tuttavia arrivati. Non ancora?
Del seguito della vicenda, fino ai primi anni del pontificato di Giovanni
Paolo II, si occupa Alfredo Sonelli nell’appendice al libro. Di
fatto, un dogma della corredenzione non è stato definito. La vicenda
mariologica nel corso del Vaticano II è stata alquanto complicata24.
La curia romana aveva in animo un documento De beata Maria virgine
assai pesante («massimalista», come si usa dire, cioè incline a
una mariologia lussureggiante, in linea con la tradizione cattolica dei
cento anni precedenti), che la maggioranza dei padri conciliari ha inteso
moderare nei contenuti e collocare nell’ambito di un discorso più
ampio sulla comunione dei santi, incorporandolo nella costituzione
dogmatica sulla chiesa, la Lumen gentium. Come rileva Sonelli, tuttavia,
la mariologia espressa in quel testo è altamente problematica
22 G. Ebeling, Zur Frage nach dem Sinn des mariologischen Dogmas, in: Id., Wort
Gottes und Tradition, Gottinga, Vandenhoeck & Ruprecht, 1964, pp. 175-182.
23 Ottima ricostruzione del dibattito cattolico da un punto di vista evangelico
in: C.A. de Ridder, Maria als Miterlöserin?, Gottinga, Vandenhoeck & Ruprecht,
1965.
24 Cfr. G. Alberigo (direttore), Storia del Concilio Vaticano II, vol. II, Lovanio-
Bologna, Peeters-il Mulino, 1996, cap. VIII (di J. Grootaers), pp. 520-522 (sullo
schema De beata Maria virgine); vol. III, 1998, cap. I (di A. Melloni), pp. 111-114
(sull’inserimento del testo nella costituzione sulla chiesa); vol. IV, 1999, cap. VII
(di L.A. Tagle), pp. 475-478 (sull’intervento di Paolo VI).
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:27

e l’uso del termine «mediatrice», riferito a Maria, è come minimo
equivoco, tanto che il Concilio stesso, dopo averlo usato, si affretta
a spiegarlo, in termini che non a tutti appaiono perspicui25. Paolo
VI, poi, aggiunge del suo, facendo quello che il Concilio non aveva
fatto, cioè dichiarando Maria «madre della chiesa» e, in tal modo,
confermando l’ormai tradizionale sinergia tra centralità mariana e
centralità papale.
Anche quello di Giovanni Paolo II è stato un pontificato mariano:
lo si è capito fin dall’inizio, quando l’arcivescovo di Cracovia, eletto
papa, ha scelto come motto le parole Totus tuus, riferite a Maria. Già
al Concilio, del resto, i vescovi polacchi si erano mostrati molto vicini
al partito «massimalista», come emerge anche dalla ricostruzione di
Alfredo Sonelli. Quelli di Giovanni Paolo II sono stati gli anni delle
adunate oceaniche a Czestochowa e delle apparizioni di Medjugorje;
l’accesa pietà mariana del pontefice «venuto da lontano» si è espressa
in mille occasioni fino al termine del suo ministero, quando Maria
è stata definita, in modo alquanto curioso dal punto di vista esegetico
e teologico, «donna eucaristica»26. Tutto ciò si è però svolto sul
piano della pietà: le voci, più volte circolate, relative a un’eventuale
nuova definizione dogmatica non hanno trovato riscontro, anche se
verosimilmente non mancano circoli interessati a una simile prospettiva,
in particolare in alcuni dei nuovi movimenti che paiono costituire
l’avanguardia del cattolicesimo militante. Benedetto XVI, nella
sua prima enciclica, ha anch’egli concluso la trattazione con due
paragrafi dedicati a Maria27. Una simile attenzione al tema da parte
dei pontefici ha naturalmente un riflesso anche sulla teologia28. Una
25 Diversa la valutazione di R. Pesch, Il Concilio Vaticano Secondo cit., pp. 188
s., che considera il testi «di una tale sobrietà dogmatica che deve esser sembrato una
doccia fredda» per i conservatori. Anche P. Ricca, Maria di Nazareth nella riflessione
di alcuni teologi contemporanei della Riforma, “Marianum”, 145 (1993), pp.
473-493, ritiene che la Maria del Concilio sia «riconoscibile dai protestanti come
figura biblica, perché nella Bibbia Maria è anzitutto membro della comunità ebraica
e poi della comunità cristiana» (p. 476).
26 Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia, nn. 33-58, www.vatican.va/
edocs/ITA1798/__P8.HTM.
27 Lettera enciclica Deus caritas est, nn. 41 s., www.vatican.va/holy_fa
ther/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas
est_it.html
28 Teologi come Hans Küng, che accolgono fino in fondo la sfida di rileggere la
tradizione mariologica alla luce della testimonianza biblica, restano, in ambito cattolico,
assolute eccezioni.
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:28

rassegna delle recenti mariologie non rientra negli obiettivi di questa
introduzione. Vorrei però segnalare due opere apparse recentemente
in traduzione italiana, che mi paiono esemplificare due atteggiamenti
assai diversi e, per certi aspetti, opposti.
Clodovis Boff, teologo della liberazione brasiliano e fratello del
più celebre Leonardo, presenta una Mariologia sociale29, cioè un’analisi
delle implicanze della pietà e del dogma mariani per l’impegno
ecclesiale nei conflitti e nelle lotte di liberazione. La pietà popolare
mariana è interpretata in prospettiva emancipatoria, secondo uno
schema parallelo a quello adottato, nell’ambito della teologia della
liberazione, per gli articoli classici della dottrina cristiana. A prima
vista, la prospettiva è opposta a quella del classico «massimalismo»
mariologico, il quale è tanto creativo sul piano dogmatico, quando
si tratta di aggiungere titoli a Maria, quanto conservatore, e spesso
reazionario, in ambito politico-sociale. Che cosa accade, però, per
quanto riguarda la questione centrale, che è quella della verità, sulla
base della testimonianza biblica? È possibile che il lettore protestante
non disponga del distacco necessario per rendere giustizia allo
sforzo di Boff su questo punto. Certo è che si riceve l’impressione di
una legittimazione globale della mariologia, alla luce di un’interpretazione
«liberatrice» di Maria, oltretutto alquanto speculativa: nella
storia reale, il ruolo politico-sociale della pietà mariana è stato assai
diverso da quello che Boff intende enfatizzare. Egli stesso lo ammette
con onestà, ad esempio parlando delle apparizioni di Fatima nel
contesto del regime fascista portoghese di Salazar: è però evidente
la tendenza a minimizzare tale aspetto, attribuendolo a «mancanza di
discernimento pastorale» o a «un certo ritardo storico»30. Non si rischia,
in tal modo, di esorcizzare la spinosa questione di una valenza
obiettivamente conservatrice della mariologia in quanto tale? In altri
termini: è vero o no che la trasformazione della ragazza di Galilea
nella sublimata semprevergine, concepita senza peccato e assunta in
cielo, ha di fatto (anche e precisamente sul piano della pietà popolare
caro a Boff) addomesticato il grido di battaglia del Magnificat? Per
quanto importante, però, non è questa la domanda decisiva. Lo è, in-
29 C. Boff, Mariologia sociale. Il significato della Vergine per la società, Brescia,
Queriniana, 2007. L’Autore appartiene all’Ordine dei Servi di Maria e insegna
nella Facoltà teologica di quest’ultimo, il «Marianum» di Roma.
30 Ivi, p. 663.
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:29

vece, quella relativa al rapporto tra la mariologia e la Scrittura. L’appello
alla dimensione sociale, se applicato a tale domanda, rischia di
trasformarsi nella versione di sinistra dell’argomento «di convenienza
» che abbiamo discusso.
Assai diversa mi appare la strada battuta dalla teologa femminista
americana Elisabeth Johnson31. Interpreterei così il suo sforzo:
anziché rischiare che una discussione della tradizione dottrinale, e
in particolare dei due ultimi dogmi, la conduca in vicoli ciechi, ella
cerca di riflettere su Maria «guardando avanti»32, in prospettiva fortemente
biblica, critico-sociale33 e, naturalmente, femminista. Il luogo
teologico nel quale Maria viene collocata è la comunione dei santi:
questa non è una novità, lo si ritrova anche nelle posizioni massimaliste;
non però in un progetto nel quale il titolo decisivo attribuito a
Maria è appunto quello che dà il titolo al libro. Per svolgere una simile
operazione, che indubbiamente incontra l’interesse della teologia
evangelica, Johnson, che è una religiosa cattolica, rinuncia del tutto
a pronunciarsi sul dogma mariano propriamente detto. Uno spirito
malizioso potrebbe interpretare tale silenzio come una rimozione,
magari anche opportunistica, ma ritengo si tratterebbe di una lettura
miope. Proprio il silenzio sulle questioni relative ai dogmi mariani
offre invece la possibilità di riflettere in positivo sulla madre di Gesù,
riconducendone la figura nell’ambito storico, biblico e teologico
che le è proprio. In fondo, è quel che hanno fatto i riformatori. In tal
modo, a mio giudizio, viene anche acquisito, nella prassi, un elemento
assai importante: la mariologia cattolica e i recenti dogmi mariani
non possono costituire oggetto di dialogo ecumenico. Essi sono
nati e si sono sviluppati in un clima ferocemente avverso al dialogo
tra le confessioni, e in particolare a quello con il protestantesimo; il
loro contenuto e ancor più la struttura argomentativa che li sostiene
costituiscono il rifiuto frontale della prospettiva cristocentrica e
biblica della Riforma. Se oggi la chiesa cattolica, per quanto la ri-
31 Vera nostra sorella. Una teologia di Maria nella comunione dei santi, Brescia,
Queriniana, 2005.
32 È il titolo della terza parte del volume: significativamente, in un testo di oltre
seicento pagine dedicato a Maria, Pio IX non è mai menzionato e Pio XII lo è solo
una volta, nel quadro di una citazione.
33 Completamente scevro, tuttavia, dall’intenzione, che abbiamo creduto di poter
rilevare in Boff, di arricchire la tradizione dogmatica globalmente accettata attribuendole
una valenza politica «progressista».
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:29

guarda, ne offrisse un’interpretazione in parte diversa, ciò potrebbe
avere conseguenze positive per il dialogo: in ogni caso, si tratta di
dottrine proprie di una particolare confessione, che non possono avere
valenza ecumenica.
Ciò non significa rifiutare l’invito, spesso rivolto ai protestanti34,
a una rinnovata riflessione su Maria. Al contrario, il libro di Johnson
può essere ricevuto esattamente in tale prospettiva, sia in quanto esso
ha di condivisibile, sia nei suoi aspetti che possono costituire oggetto
di discussione. Forse proprio questo potrebbe essere il programma
ecumenico per il prossimo futuro: riflettere insieme su Maria e imparare
anche da lei a seguire Gesù. Oltre e senza quel singolare fenomeno
spirituale che è stato chiamato «mariologia».
34
OFFLINE
Post: 375
Città: MILANO
Età: 52
Sesso: Maschile
05/06/2011 18:30

34 A volte, a dire il vero, in forme certamente cortesi e ottimamente intenzionate,
ma teologicamente da discutere. Il Gruppo di Dombes, ad esempio, chiede
agli evangelici di «uscire dal loro prudente riserbo e restituire a Maria il suo vero
posto nell’intelligenza della fede e nella preghiera della chiesa», Maria nel disegno
di Dio e nella comunione dei santi, Bose, Qiqajon, 1998, n. 318, p. 159. Chiedo: il
«prudente riserbo» su Maria non è forse proprio della Scrittura, oltre che del protestantesimo?
Se è così, siamo sicuri che sia saggio abbandonarlo? E per che cosa? Il
contrario sarebbe una «imprudente facondia», che personalmente non auspicherei.
Ancora: in che senso, precisamente, il protestantesimo avrebbe sottratto a Maria «il
suo vero posto nell’intelligenza della fede»? Infine, per quanto riguarda la preghiera:
gli evangelici ritengono, e sono disposti a spiegarne le ragioni, che sia proprio della
fede cristiana pregare con Maria, non pregare Maria. Da parte cattolica si ripete
spesso che la pietà mariana intende essere un itinerario «a Gesù per Maria»: rispetto
a questo, mi pare che proprio il «prudente silenzio» che piace poco al Gruppo di
Dombes possa essere inteso in senso ecumenico, come astensione del giudizio su
un itinerario spirituale che ad alcuni appare problematico, mentre ad altri si presenta
come una vocazione.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:24. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com