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L’ENCICLICA UT UNUM SINT DI GIOVANNI PAOLO II

Ultimo Aggiornamento: 18/06/2011 17:57
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18/06/2011 17:37

L’ENCICLICA UT UNUM SINT DI GIOVANNI PAOLO II

Adesso voglio commentare l’enciclica di Giovanni Paolo II intitolata Ut unum sint (Che siano tutti uno) datata 25 Maggio 1995 e che ha come tema l’impegno ecumenico della chiesa cattolica, i frutti del dialogo tra la chiesa cattolica romana e le altre chiese ed anche la maniera in cui si può raggiungere l’unità visibile tra la chiesa cattolica e le altre chiese. Il fine che mi propongo con questo esame, fratelli, è quello di farvi capire che cosa intende per ecumenismo e per unità delle chiese la chiesa cattolica romana, che questa unità che essi stanno procacciando apparentemente con le Chiese evangeliche è una trappola, e come parlare con loro significa parlare con persone che hanno orecchi ma non odono e perciò è inutile cercare di dialogare con loro. Prima di cominciare questo esame, voglio fare questa premessa; nell’enciclica di Giovanni Paolo II ci sono tanti riferimenti al decreto sull’ecumenismo del concilio Vaticano II (di cui ho citato alcune parti innanzi); inoltre di volta in volta sarò costretto a ripetere, quantunque in maniera diversa, concetti già spiegati innanzi. Avverto il lettore che non prenderò tutta l’enciclica ma solo una parte di essa, che pur essendo consistente, ritengo sia necessario trascrivere e confutarla pubblicamente al fine di palesare a tutti l’astuzia di questo uomo.

  • Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la chiesa cattolica fonda sul disegno di Dio il suo impegno ecumenico di radunare tutti nell’unità. Infatti la chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; a essere per tutti ‘sacramento inseparabile di unità’. Già nell’Antico Testamento, riferendosi a quella che era allora la situazione del popolo di Dio, il profeta Ezechiele, ricorrendo al semplice simbolo di due legni prima distinti, poi accostati l’uno all’altro, esprimeva la volontà divina di ‘radunare da ogni parte’ i membri del suo popolo lacerato: ‘Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le genti sapranno che io sono il Signore che santifico Israele (cf. 37,16-28). Il Vangelo giovanneo, da parte sua, e di fronte alla situazione del popolo di Dio a quel tempo, vede nella morte di Gesù la ragione dell’unità dei figli di Dio: ‘Doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi’ (11,51-52). Infatti, spiegherà la Lettera agli Efesini, ‘abbattendo il muro di separazione, (…)
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per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia’, di ciò che era diviso egli ha fatto una unità (cf. 2,14-16). L’unità di tutta l’umanità lacerata è volontà di Dio. Per questo motivo egli ha inviato il suo Figlio, perché, morendo e risorgendo per noi, ci donasse il suo Spirito d’amore. Alla vigilia del sacrificio della croce, Gesù stesso chiede al Padre per i suoi discepoli, e per tutti i credenti in lui, che siano una cosa sola, una comunione vivente. Da ciò deriva non soltanto il dovere, ma anche la responsabilità che incombe davanti a Dio, di fronte al suo disegno, su quelli e quelle che per mezzo del battesimo diventano il corpo di Cristo, corpo nel quale debbono realizzarsi in pienezza la riconciliazione e la comunione. Come è mai possibile restare divisi, se con il battesimo noi siamo stati ‘immersi’ nella morte del Signore, vale a dire nell’atto stesso in cui, per mezzo del Figlio, Dio ha abbattuto i muri della divisione? La divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura’ (Il Regno, N° 752, Anno 1995, pag. 395).
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Giovanni Paolo II, da come parla, sembra che abbia il cuore affranto nel constatare che le chiese cristiane sono divise tra loro; naturalmente tra le chiese cristiane c’è pure la chiesa cattolica romana, e non potrebbe essere altrimenti, perché essa si reputa la Madre delle chiese. Egli afferma che Dio tramite Ezechiele fece conoscere la sua volontà che era quella di radunare il suo popolo da ogni parte, e tramite Giovanni di radunare i figliuoli di Dio dispersi tramite la morte del suo Figliuolo; e che Cristo morendo ha abbattuto il muro della divisione per fare una unità.

Poi passa a dire che Dio vuole radunare tutta l’umanità lacerata da queste divisioni, e che Gesù pregò per l’unità dei suoi discepoli e dei credenti. Da qui il dovere, secondo lui, che hanno tutti coloro che mediante il battesimo diventano membri del corpo di Cristo, di cercare la riconciliazione all’interno dei credenti. E poi dice che la divisione è di scandalo al mondo e danneggia la causa di Cristo.

Lui dunque include la chiesa cattolica tra le chiese cristiane; noi invece non la includiamo perché essa con la sua tradizione ha annullato la parola di Cristo mettendosela sotto i piedi. Lo abbiamo visto questo quando abbiamo confutato le sue dottrine; quindi è superfluo che io mi dilunghi più di tanto su questo aspetto della questione. Si dicono figliuoli di Dio perché hanno ricevuto il battesimo per infusione da bambini; ma noi sappiamo che non si diventa figli di Dio in quella maniera, ma ravvedendosi e credendo nel nome del Figlio di Dio.

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Essi pensano di essere entrati a fare parte del corpo di Cristo mediante quel rito battesimale; il che non è vero. Inoltre, loro assieme a noi formano, secondo lui, il corpo di Cristo, seppellito nella morte di Cristo; perciò è contraddittorio che ci siano nel nostro mezzo delle divisioni quando Gesù è morto per riunire in uno i figliuoli di Dio. La divisione è di scandalo, lui dice.

Ma a questo punto bisogna fare questa precisazione: i nostri fratelli prima di noi, non hanno dato affatto motivo di scandalo uscendo dalla chiesa cattolica romana; anzi ne sono usciti per volere di Dio. Ma non sono usciti dal corpo di Cristo, o separati da esso; ma si sono ritirati da idolatri, da superstiziosi, da persone che hanno in abominio la santa Parola di Dio. In altre parole essi sono stati riscattati da una assemblea pseudocristiana, quale è la chiesa cattolica romana; al pari di quei nostri fratelli che prima erano tra i cosiddetti Testimoni di Geova, o fra i Mormoni. Ma per essere ancora più chiari, noi riteniamo che tra i nostri fratelli che sono usciti dalla chiesa cattolica romana e quelli che sono usciti dal Buddismo o dall’Induismo, o dallo Scintoismo, l’unica differenza è che essi si sono ritirati da persone che si dicono Cristiani (cosa che non dicono di essere i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti), perché nella realtà sono idolatri come i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti perché vanno anch’essi dietro agli idoli muti.

Con questo noi vogliamo dire che la divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutti coloro che hanno conosciuto la verità e ne sono usciti, non è affatto qualcosa di contraddittorio, ma qualcosa di inevitabile, di giusto, che rientra nella volontà di Dio. Anche quando al tempo degli apostoli si convertivano dei Giudei avveniva una divisione tra i Giudei che ritenevano che si veniva giustificati per le opere della legge e quelli invece che dicevano che si viene giustificati per la fede soltanto, senza le opere della legge. Abbiamo un esempio di ciò, in quello che avvenne ad Efeso: “Ma siccome alcuni s’indurivano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine, egli ritiratosi da loro, separò i discepoli, discorrendo ogni giorno nella scuola di Tiranno” (Atti 19:9); ed anche in quello che avvenne ad Antiochia di Pisidia: “E dopo che la raunanza si fu sciolta, molti de’ Giudei e de’ proseliti pii seguiron Paolo e Barnaba” (Atti 13:43). Ecco la divisione inevitabile! Ma tutto ciò è normale, perché i credenti in ogni età sono chiamati a separarsi dagli increduli secondo che è scritto: “Uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore…” (2 Cor. 6:17).

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Ma qual’è lo scandalo di cui quei Giudei credenti si resero colpevoli separandosi da quei Giudei duri di cuore, che contraddicevano la parola di verità? E così, qual’è lo scandalo di cui si sono resi colpevoli quelli che avendo creduto tra i Cattolici si sono separati da loro? Nessuno, perciò al bando la definizione di scandalo data alla divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutte quelle chiese che si attengono al Vangelo della grazia; perché questa non è un’opera della carne, ma un opera potente compiuta dal nostro Dio. Noi possiamo dire di essa: “Ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa maravigliosa agli occhi nostri” (Matt. 21:42).

Nel decreto sull’ecumenismo è scritto: ‘Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore’ (Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. 7). Questo vuole dire che quelli che si separarono anticamente dalla chiesa cattolica romana a motivo della loro fede, possono essere accusati del peccato di separazione. No, non è affatto così, perché Lutero e molti altri quando si separarono dalla chiesa cattolica non commisero alcun peccato di separazione; in questo, dobbiamo dire, essi non operarono uno scandalo. Lo scandalo semmai lo operava la chiesa cattolica romana con a capo i suoi ministri che si abbandonavano alla dissolutezza, che invece che pascere il gregge pascevano se stessi, vendendo indulgenze e appropriandosi dei beni del popolo in ogni maniera.

Per quanto riguarda poi questo fraterno rispetto e amore con cui la chiesa cattolica dice di abbracciarci, noi non lo vediamo; anzi vediamo il contrario. Vediamo sia nei preti, che nelle loro pecore una particolare avversione verso noi figliuoli di Dio. Lusinghe, falsità, ipocrisie; ecco che cosa sono tali frasi. Non è la divisione che si è venuta a creare tra Cattolici e Evangelici ciò che scandalizza le persone, ma sono piuttosto il lusso, l’arroganza, l’amore per il potere e l’amore per il denaro che ci sono nella chiesa cattolica romana; cominciando dal suo capo carismatico. Ho voluto così mettere le cose in chiaro, prima di proseguire l’esame di questo discorso; affinché nessuno pensi che noi proviamo o dobbiamo provare qualche senso di colpa per la nostra avversione al papato, alla tradizione cattolica romana. Ma quale senso di colpa? Noi anzi proviamo una grande gioia nel difendere il Vangelo confutando le eresie della chiesa cattolica romana; abbiamo la grazia di potere combattere per l’Evangelo come l’hanno avuta prima di noi molti altri; e questo faremo fino a che avremo un’alito di vita.

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18/06/2011 17:40

  • ‘…La chiesa cattolica accoglie con speranza l’impegno ecumenico come un imperativo della coscienza cristiana illuminata dalla fede e guidata dalla carità. Anche qui si può applicare la parola di san Paolo ai primi cristiani di Roma: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo’, così la nostra ‘speranza non delude’ (Rm. 5,5). Questa è la speranza dell’unità dei cristiani, che nell’unità trinitaria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo trova la sua fonte divina’ (Il Regno, N° 752, pag. 395).

La chiesa cattolica, da come parla Giovanni Paolo II, desidera ardentemente l’unità visibile di tutte le chiese; questo è il suo disegno ed il suo papa si è fatto portavoce e promotore di questo ecumenismo; ma essa non vedrà giammai realizzarsi questo disegno di unità visibile che sta con gran vigore perseguendo; la sua speranza in questa unità sarà frustrata perché il suo è un astuto disegno che tende a fare confluire i figliuoli di Dio nella chiesa cattolica romana sotto il loro papa, e Dio farà sì che quelli che hanno conosciuto la verità non rimangano ingannati dalle lusinghe papali.

Egli “sventa i disegni degli astuti sicché le loro mani non giungono ad eseguirli” (Giob. 5:12), dice la Parola, per questo siamo fiduciosi che l’astuto disegno della curia romana andrà in fallimento. Rimarranno grandemente delusi, ne siamo sicuri; Dio ha sempre avuto in ogni tempo dei servi fedeli che si sono rifiutati di accondiscendere alla menzogna e all’idolatria. Al tempo di Elia, benché il popolo avesse abbandonato il patto di Dio e molti di coloro che parlavano da parte di Dio erano stati messi a morte dal popolo ribelle, pure Dio si era conservato un residuo di settemila uomini che non aveva piegato il loro ginocchio davanti a Baal e non lo aveva baciato.

E così nel popolo di Dio benché alcuni apostateranno dalla fede e si lasceranno sedurre dalle lusinghe papali pure rimarranno sempre coloro che rifiuteranno fino alla fine di piegare il loro ginocchio davanti al papa e di baciargli il piede o la mano.

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18/06/2011 17:40

Alcuni diranno: ‘Ma perché parli così? Il papa ci vuole bene e si sta impegnando grandemente per mettere assieme tutti i Cristiani!’ Io dico: Voi non sapete quello che dite; fra poco potrete da voi stessi constatare che costui, che voi dite che ci vuole bene, benché parli con voce graziosa ha sette abominazioni in cuore suo ed un grande odio verso la verità che però riesce a camuffare molto bene. Lui dice che l’amore di Dio è stato sparso nei loro cuori mediante lo Spirito Santo; ma la Scrittura dice che: “Questo è l’amor di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti” (1 Giov. 5:3), e noi quest’osservanza di comandamenti da parte loro non la vediamo. Essi hanno lasciato i comandamenti di Dio per amore della loro tradizione, e poi prendono le parole di Paolo per sostenere che nei loro cuori c’è l’amore di Dio. Ma quale amore di Dio hanno? Quello finto certamente, perché se avessero quello vero osserverebbero la Parola di Dio e noi avremmo comunione con loro.

Nessuno v’inganni fratelli, Giovanni dice: “Chi dice: Io l’ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non è in lui” (1 Giov. 2:4). Quello che cerca di fare Giovanni Paolo II non è di unire, ma di sedurre per via di lusinghe coloro che non fanno parte della chiesa cattolica romana affinché ne entrino a fare parte, o almeno si alleino con essa per servire assieme ad essa gli idoli muti per i quali va in delirio. Lo vedremo in appresso qual’è il disegno e il desiderio di Giovanni Paolo II; altro che unità, altro che disegno di Dio; altro che verità, altro che amore di Dio!

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18/06/2011 17:40

‘…Passando dai principi, dall’imperativo della coscienza cristiana, alla realizzazione della via ecumenica verso l’unità, il Concilio Vaticano II mette soprattutto in rilievo la necessità della conversione del cuore. L’annuncio messianico ‘il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino’ e l’appello conseguente ‘convertitevi e credete al Vangelo’ (Mc 1,15) con cui Gesù inaugura la sua missione, indicano l’elemento essenziale che deve caratterizzare ogni nuovo inizio; la fondamentale esigenza dell’evangelizzazione in ogni tappa del cammino salvifico della chiesa. Ciò riguarda, in modo particolare, il processo al quale il concilio Vaticano II ha dato avvio, inscrivendo nel rinnovamento il compito ecumenico di unire i cristiani tra loro divisi. Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione. Il concilio chiama sia alla conversione personale sia a quella comunitaria. L’aspirazione di ogni comunità cristiana all’unità va di pari passo con la sua fedeltà al Vangelo. Quando si tratta di persone che vivono la loro vocazione cristiana, esso parla di conversione interiore, di un rinnovamento della mente. Ciascuno deve dunque convertirsi più radicalmente al Vangelo e, senza mai perdere di vista il disegno di Dio, deve mutare il suo sguardo. Con l’ecumenismo la contemplazione delle ‘meraviglie di Dio’ (mirabilia Dei) si è arricchita di nuovi spazi nei quali il Dio trinitario suscita l’azione di grazie: la percezione che lo Spirito agisce nelle altre comunità cristiane, la scoperta di esempi di santità, l’esperienze delle ricchezze illimitate della comunione dei santi, il contatto con aspetti insospettabili dell’impegno cristiano (…..) Così la vita intera dei cristiani è contrassegnata dalla preoccupazione ecumenica ed essi sono chiamati a farsi come plasmare da essa (…) Per quanto riguarda la chiesa cattolica, a più riprese, come ad esempio in occasione dell’anniversario del battesimo della Rus, o del ricordo, dopo undici secoli, dell’opera di evangelizzazione dei santi Cirillo e Metodio, ho richiamato tali esigenze e prospettive.
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18/06/2011 17:41

Più recentemente, il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, pubblicato con la mia approvazione dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, le ha applicate al campo pastorale. Per quanto riguarda gli altri cristiani, i principali documenti della Commissione ‘Fede e costituzione’ e le dichiarazioni di numerosi dialoghi bilaterali hanno già fornito alle comunità cristiane utili strumenti per discernere ciò che è necessario al movimento ecumenico e alla conversione che esso deve suscitare. Tali studi sono importanti sotto una duplice angolatura: essi mostrano i notevoli progressi già raggiunti e infondono speranza perché costituiscono una base sicura per la ricerca che va proseguita e approfondita…’ (Il Regno, N° 752, pag. 396-397).

Adesso, Giovanni Paolo II passa a parlare delle cose che occorrono per raggiungere il vero ecumenismo; comincia a parlare della conversione interiore e del rinnovamento della mente perché, secondo lui, senza di essi non si può raggiungere la perfetta unità tra le chiese. Ma in cosa consistono nella pratica questa conversione interiore e rinnovamento della mente? Consistono, per i Cattolici, nel mettersi a pensare che bisogna cercare strenuamente l’unità visibile con tutte le chiese; e perciò devono darsi da fare per cercare il dialogo con gli altri Cristiani, come ci chiamano loro.

Naturalmente questo dialogo essi lo devono cercare, come vedremo anche dopo, rimanendo attaccati alla loro Tradizione; quindi all’idolatria, alla menzogna e alla superstizione. Quindi in effetti, i Cattolici non vogliono un vero ecumenismo ma un falso ecumenismo; perché loro partono dal presupposto di essere nella verità e che si devono convertire più radicalmente all’Evangelo, il che significa che essi pensano di essersi già convertiti al Vangelo ma questa conversione deve essere più radicale. Noi, dal canto nostro, diciamo che essi ancora non si sono per nulla convertiti al Vangelo, e di questo ne abbiamo le seguenti prove inconfutabili.

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18/06/2011 17:41

Pregano e adorano Maria, pregano e adorano i santi (quelli veri e quelli falsi) e gli angeli, si prostrano davanti a statue e immagini; partecipano alla messa che per loro è la ripetizione del sacrificio di Cristo, credono in ogni specie di superstizione; non credono nel Figlio di Dio perché dicono di non essere certi di avere la vita eterna e di essere stati salvati dal Signore.

In effetti, loro per avere comunione con noi devono ravvedersi dai loro peccati, credere nel Vangelo e abbandonare la loro tradizione, ed ogni sorta di idolatria; ma questo per i Cattolici, è chiaro, non rientra affatto nelle cose necessarie al raggiungimento di questo ecumenismo, anzi per loro, di queste cose non si deve neppure parlare se si vogliono avere dialoghi fruttosi con loro. Quindi; che dialogo ci può essere con i sordi? Naturalmente questa conversione interiore e questo rinnovamento della mente deve essere reciproco, secondo Giovanni Paolo II, il che significa che noi, secondo lui, dovremmo convertirci alla causa dell’ecumenismo, ma a quell’ecumenismo come lo intendono loro. Ma questa non sarebbe una conversione più radicale al Vangelo per noi, ma un vero e proprio traviamento; in altre parole noi siamo convinti, che se cominciassimo a vedere le cose come le vedono i Cattolici ci svieremmo e danneggeremmo noi stessi. Perché questo? Perché da come parlano i Cattolici romani, noi se vogliamo l’ecumenismo non dobbiamo polemizzare con loro; detto in altre parole, non dobbiamo riprovare le loro eresie di perdizione, la loro idolatria e tante altre cose storte, perché questo non si addice a persone che cercano di stare assieme. Ma allora questo significa che noi dovremmo smettere di combattere il buon combattimento che la Scrittura ci dice di combattere! allora noi non dovremmo più difendere il Vangelo, ma accondiscendere alle loro eresie per amore di unità visibile.

Ma allora ci dovremmo mettere a tavola con loro e dirgli: ‘Rispettiamoci reciprocamente, noi rispettiamo le vostre dottrine e voi rispettate le nostre!’ Ma io domando a voi: ‘Ma Gesù quando si trovò a tavola con i Farisei che fece? Disse forse: ‘Sentite, cerchiamo di metterci d’accordo sulla legge, voi dite questo ma io dico quest’altro su questi comandamenti; però abbiamo in comune Mosè, la religione giudaica, quindi non diamo motivo di scandalo ai Gentili; stiamo assieme ma non polemizziamo; io non giudico voi, ma voi neppure dovere giudicare me’? Affatto, ma li rimproverò per la loro ipocrisia, e perché essi avevano annullato la Parola di Dio con la loro tradizione. Ecco che cosa devono fare i discepoli di Cristo che amano la verità; ammonire coloro che pur dicendosi Cristiani hanno annullato con la loro tradizione i comandamenti di Dio. Altro che non polemizzare; altro che non essere anticattolici!

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18/06/2011 17:42

Noi siamo anticattolici; perché sappiamo che le dottrine della chiesa cattolica romana fino adesso hanno menato nel fuoco dell’inferno moltitudini di persone. Esse sono là nei tormenti, e noi dovremmo cercare di riconoscere le dottrine cattoliche che li hanno condotti là? Non può essere; ci perseguitino pure, ci guardino pure male; noi continueremo a distruggere i vani ragionamenti della curia romana. Ma su questo fatto del dialogo torneremo più avanti, perché c’è altro da dire.

  • ‘…Riprendendo un’idea che lo stesso papa Giovanni XXIII aveva espresso in apertura del concilio, il decreto sull’ecumenismo menziona il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma. Non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di un’epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi. L’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è verità. Nel corpo di Cristo, il quale è ‘via, verità e vita’ (Gv 14,6), chi potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità? (…) Uno ‘stare insieme’ che tradisse la verità sarebbe dunque in opposizione con la natura di Dio che offre la sua comunione e con l’esigenza di verità che alberga nel più profondo di ogni cuore umano…’ (ibid., pag. 397).
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18/06/2011 17:42

In questo brano Giovanni Paolo II dice in sostanza che da parte loro non si deve modificare il deposito della fede, i dogmi dei papi, quali quello dell’immacolata concezione, dell’infallibilità papale, e così via, perché l’unità dei Cristiani si può realizzare solo con l’adesione all’integrità della fede rivelata, in altre parole aderendo a tutte le loro tradizioni (ricordatevi che essi reputano la tradizione come verità rivelata da Dio al pari della Scrittura).

Quindi, ancora una volta, essi reputano la loro tradizione verità; e dicono in sostanza che l’unità deve essere fondata su questa verità. Ma noi credenti abbiamo edificato la nostra vita sulla verità e non abbiano nessuna intenzione di cambiare il fondamento vero con uno falso. Se la tengono la loro ‘verità’, si pascano delle loro menzogne; noi di certo non ci metteremo a barattare la verità che abbiamo conosciuto con le loro falsità.

Ma come possono pensare di eliminare l’abisso che ci separa da loro senza punto ravvedersi e senza abbandonare la loro tradizione? Sembrerà incredibile, ma questo è quello che stanno cercando di fare. Ci sono due modi di comportarsi nei confronti dei Cattolici. Il primo è quello di abbandonare la verità che abbiamo conosciuto e aderire alle loro menzogne; il secondo è quello di predicare loro il ravvedimento dalle opere morte e la remissione dei peccati mediante la fede nel nome di Gesù, e pregare Dio che conceda loro di ravvedersi, in questo caso i ravveduti smetterebbero di essere membri della chiesa romana per unirsi a noi.

Noi siamo per il secondo che è quello che fa infuriare il papato; d’altronde noi sappiamo in chi abbiamo creduto, e che questa nella quale siamo è la via che mena alla vita, mentre quella che battono loro è la via che mena alla perdizione. E non paia ad alcuno che seguire questo comportamento non è segno di amore verso i Cattolici romani; perché le cose stanno proprio al contrario.

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18/06/2011 17:42

Solamente dicendo ai Cattolici romani di ravvedersi e di credere nel Signore e fare frutti degni di ravvedimento, si mostra vero amore verso di loro. Lusingandoli e cercando di venire a compromesso con loro, invece, è segno di non volere la loro salvezza ma solo di volere la loro amicizia. L’apostolo ha detto: “Siccome siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare l’Evangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori” (1 Tess. 2:4); sia questo il sentimento di tutti coloro che sono stati approvati da Dio e chiamati alla predicazione del Vangelo. Certo, i Cattolici non gradiscono che noi parliamo contro le loro dottrine e pensano che noi li odiamo; ma questo è l’inevitabile reazione di chi giace ancora nell’errore contro chi gli mostra la via della salvezza senza lusingarlo.

  • ‘…Così credeva nell’unità della chiesa papa Giovanni XXIII e così egli guardava all’unità di tutti i cristiani. Riferendosi agli altri cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli costatava: E’ molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide’ (Il Regno, N° 752, pag. 398).

Vorrei soffermarmi brevemente su quest’ultime parole; ma io dico: ‘Ma come fanno a dire tali cose quando fra noi e loro non c’è niente che ci unisce? Noi domandiamo come l’apostolo Paolo: “Perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?” (2 Cor. 6:14-16) Ma vogliamo pure rispondere a queste domande dicendo che non c’è nessuna comunanza tra la giustizia e l’iniquità, nessuna comunione tra la luce e le tenebre, nessuna armonia fra Cristo e Beliar, e niente di comune tra il fedele e l’infedele, e nessun accordo tra il tempio di Dio e gli idoli. Quindi, fratelli, non vi lasciate trascinare pure voi a dire che con i Cattolici è più forte quello che ci unisce che quello che ci divide; perché questo è falso. Tra noi e loro non c’è nulla in comune [3], tra noi e loro non c’è accordo, e neppure comunione, come non ce n’è con i Buddisti, gli Induisti e i Mussulmani; anche se apparentemente parrebbe il contrario. Non guardate all’apparenza; non giudicate dall’apparenza.

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18/06/2011 17:43

  • ‘…Quando i fratelli che non sono in perfetta comunione tra loro si riuniscono insieme per pregare, il Concilio Vaticano II definisce la loro preghiera anima dell’intero movimento ecumenico. Essa è un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’unità, ‘una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati’. Anche quando non si prega in senso formale per l’unità dei cristiani, ma per altri motivi, come, ad esempio, per la pace, la preghiera diventa di per sé espressione e conferma dell’unità. La preghiera comune dei cristiani invita Cristo stesso a visitare la comunità di coloro che lo implorano: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18,20). Quando si prega insieme tra cristiani, il traguardo dell’unità appare più vicino (…) Sulla via ecumenica verso l’unità, il primato spetta senz’altro alla preghiera comune, all’unione orante di coloro che si stringono insieme attorno a Cristo stesso. Se i cristiani, nonostante le loro divisioni, sapranno sempre di più unirsi in preghiera comune attorno a Cristo, crescerà la loro consapevolezza di quanto sia limitato ciò che li divide a paragone di ciò che li unisce. Se si incontreranno sempre più spesso e più assiduamente davanti a Cristo nella preghiera, essi potranno trarre coraggio per affrontare tutta la dolorosa e umana realtà delle divisioni, e si ritroveranno insieme in quella comunità della chiesa che Cristo forma incessantemente nello Spirito Santo, malgrado tutte le debolezze e gli umani limiti (…) La preghiera ‘ecumenica’ è a servizio della missione cristiana e della sua credibilità. Per questo essa deve essere particolarmente presente nella vita della chiesa e in ogni attività che abbia lo scopo di favorire l’unità dei cristiani (…) E’ motivo di gioia il constatare come i tanti incontri ecumenici comportino quasi sempre la preghiera e anzi culminino con essa (…) In questi anni, tanti degni rappresentanti di altre chiese e comunità ecclesiali mi hanno fatto visita a Roma e con loro ho potuto pregare, in circostanze pubbliche e private’ (Il Regno, N° 752, pag. 398, 399).
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    18/06/2011 17:43

    Ora, Giovanni Paolo II mette molta enfasi sulla preghiera per l’unità dei Cristiani; secondo lui questa preghiera ecumenica è molto importante per raggiungere l’unità. Il Direttorio per l’ecumenismo, organo cattolico, costituito per dirigere i cattolici in questa via dell’ecumenismo incoraggia i cattolici a partecipare a delle riunioni di preghiera con i membri delle Chiese evangeliche. Naturalmente, a tale riguardo, esso dà loro delle chiare direttive come per esempio queste:

    A) ‘Tale preghiera dovrebbe essere preparata di comune accordo, con l’apporto dei rappresentanti di chiese, comunità ecclesiali o altri gruppi. E’ insieme che converrebbe precisare il ruolo degli uni e degli altri e scegliere i temi, le letture bibliche, gli inni e le preghiere da utilizzare’;

    B) ‘Sebbene la propria chiesa sia il luogo in cui una comunità ha l’abitudine di celebrare normalmente la propria liturgia, le celebrazioni comuni, di cui si è ora parlato, possono avere luogo nella chiesa dell’una o dell’altra delle comunità interessate, con il consenso di tutti i partecipanti. Qualunque sia il luogo di cui ci si serve, occorre che sia a tutti gradito, che possa essere convenientemente sistemato e che favorisca la devozione’;

    C) E’ necessario che si presti sempre seria attenzione tanto a ciò che è stato detto sul riconoscimento delle reali differenze di dottrina che esistono, quanto all’insegnamento e alla disciplina della chiesa cattolica sulla condivisione sacramentale’;

    D) Dato che la celebrazione dell’eucarestia nel giorno del Signore è il fondamento e il centro di tutto l’anno liturgico, i cattolici, fatto salvo il diritto delle chiese orientali, hanno l’obbligo di partecipare alla messa la domenica e nei giorni di precetto. Per questo motivo si sconsiglia di organizzare servizi ecumenici la domenica e si ricorda che, anche quando dei cattolici partecipano a servizi ecumenici e a servizi di altre chiese e comunità ecclesiali, nei giorni suddetti rimane l’obbligo di partecipare alla messa’ (Il Regno, N° 718, anno 1994, pag. 24).

    Qual’è la nostra convinzione a riguardo di questa preghiera ecumenica con i Cattolici che il loro papa tanto incoraggia? Questa; che noi non possiamo metterci a pregare con i Cattolici romani affinché Dio ci unisca a loro; perché preghiamo per loro affinché siano salvati e diventino così dei Cristiani. E’ veramente assurdo mettersi a pregare con degli increduli affinché Dio unisca noi con loro quando bisogna invece pregare per la loro salvezza. Paolo era Giudeo di nascita, ma non se ne andava a pregare con i Giudei disubbidienti che contrastavano alle cose che lui diceva, ma pregava per la loro salvezza infatti disse ai Romani: “Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano salvati” (Rom. 10:1). Per questo anche noi non ci pensiamo a riunirci con il papa, i vescovi, i preti, le suore e gli altri Cattolici romani per pregare con loro per la nostra unità; perché sappiamo che essi sono perduti e preghiamo Dio affinché li salvi.

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    18/06/2011 17:44

    E dato che siamo in tema di preghiera, ricordiamo la famosa giornata mondiale di preghiera organizzata da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986. In quel giorno, lui dice, che ‘i cristiani delle varie chiese e comunità ecclesiali hanno invocato con una sola voce il Signore della storia per la pace nel mondo. In quel giorno, in modo distinto ma parallelo, hanno pregato per la pace anche gli ebrei e i rappresentanti delle religioni non cristiane, in una sintonia di sentimenti che hanno fatto vibrare le corde più profonde dello spirito umano’ (Il Regno, N° 752, pag. 410). In quel giorno si riunirono i capi di 62 religioni per pregare; i Pellerossa, i Buddisti, gli Induisti, i Mussulmani e tanti altri con in mezzo Giovanni Paolo II si misero a pregare. Che confusione! Altro che vibrazione delle corde più profonde dello spirito umano; qui abbiamo assistito ad una manifestazione di ipocrisia. In quel giorno tutte quelle personalità riunite a pregare ci hanno ricordato le parole di Gesù: “E quando pregate, non siate come gl’ipocriti; poiché essi amano di fare orazione stando in piè nelle sinagoghe e ai canti delle piazze per esser veduti dagli uomini. Io vi dico in verità che cotesto è il premio che ne hanno” (Matt. 6:5). E questa sarebbe la preghiera ecumenica che lui ritiene efficace per l’unità dei Cristiani e per la pace nel mondo? Ma per quanto riguarda in specifico la preghiera dei Cattolici per l’unità bisogna dire pure che essi s’appoggiano sulla mediazione di Maria quando pregano per l’unità infatti si legge nella rivista Alleluja: ‘Maria prega per l’unità delle chiese, conducendoci a suo figlio per pronunciare insieme il nome di Gesù. Ella ci invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in una comunione fraterna….’ (Alleluja, N° 6, anno 1979, pag. 12).

    Quindi concludendo, il fatto che essi si mettono a pregare con i Mussulmani, con i Buddisti, con gli Induisti, e con tanti altri pagani, e il fatto che essi si appoggiano sulla mediazione di Maria confermano chiaramente che essi sono sotto la potestà delle tenebre, e che è impensabile mettersi a pregare con loro.

    Giovanni Paolo II dice di essere contento che tante riunioni ecumeniche terminano con la preghiera comune; noi dal canto nostro siamo rattristati nel constatare non soltanto che taluni dei nostri, illusi dalla chiesa cattolica romana, si sono messi a dialogare con i rappresentanti cattolici per raggiungere non sappiamo quale accordo con costoro che non hanno nessuna intenzione di rinunciare alle loro eresie, ma anche che si mettono pure a pregare con loro.

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    18/06/2011 17:44

  • ‘…Se la preghiera è l’anima del rinnovamento ecumenico e dell’aspirazione all’unità, su di essa si fonda e da essa trae sostentamento tutto ciò che il concilio definisce ‘dialogo (…) il dialogo non è soltanto uno scambio di idee. In qualche modo esso è sempre uno ‘scambio di doni’. Per questo motivo, anche il decreto conciliare sull’ecumenismo pone in primo piano tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi. Questo documento affronta la questione dal punto di vista della chiesa cattolica e si riferisce al criterio che essa deve applicare nei confronti degli altri cristiani. Vi è però in tutto questo un’esigenza di reciprocità. Attenersi a tale criterio è impegno di ciascuna delle parti che vogliono fare dialogo ed è condizione previa per avviarlo. Occorre passare da una posizione di antagonismo e di conflitto a un livello nel quale l’uno e l’altro si riconoscono reciprocamente partner. Quando si inizia a dialogare, ciascuna delle parti deve presupporre una volontà di riconciliazione nel suo interlocutore, di unità nella verità. Per realizzare tutto questo, le manifestazioni del reciproco contrapporsi debbono sparire. Soltanto così il dialogo aiuterà a superare la divisione e potrà avvicinare all’unità (….) Il dialogo ecumenico ha un importanza essenziale. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita di entrambe le comunioni, e inoltre quelle comunioni conseguono una più ampia collaborazione in qualsiasi dovere richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune e, nel modo come è permesso, si radunino per pregare assieme’ (Il Regno, N° 752, pag. 399,400).
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    18/06/2011 17:44

    Eccoci al dialogo a cui ho accennato prima, e che il Vaticano considera molto importante tenere con noi. Innanzi tutto bisogna dire che il Vaticano ha deciso, per rendere fruttuosi i suoi dialoghi con alcune chiese cristiane evangeliche, di eliminare dai suoi discorsi tutte quelle parole e giudizi e comportamenti che rendono più difficile il suo dialogo con esse; infatti è da notare che quando parla ufficialmente dei Protestanti non li definisce né sette e neppure eretici e apostati; ma li chiama ‘fratelli separati’, ‘gli altri cristiani’, ‘comunità ecclesiali’, e ‘le altre chiese’ che sono tutti termini che fanno apparire la chiesa cattolica romana gioiosa per la nostra esistenza, e fanno credere che essa ci riconosce come Cristiani anche se non facciamo parte di essa. Certo, a differenza di molti papi del passato, Giovanni Paolo II è uno di quelli che usa belle parole verso noi. Però, quantunque la chiesa romana usi questi termini verso noi essa afferma che le stesse chiese e comunità separate, hanno delle carenze perché, come dice il decreto sull’ecumenismo, ‘solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza’.

    E qui cade di nuovo in contraddizione! Ma che cosa vuole dire con queste parole? Che noi non possediamo tutta la pienezza dei mezzi di salvezza, perché questa la possiede solo lei! Ma allora siamo perduti? Affatto, perché noi abbiamo conosciuto Cristo Gesù, il Salvatore del mondo. Egli dimora in noi e della sua pienezza noi abbiamo ricevuto e grazia sopra grazia. In lui noi abbiamo tutto pienamente; perché “Cristo è ogni cosa e in tutti” (Col. 3:11). Certo, noi non possediamo i sette sacramenti che ha la chiesa cattolica e che essa definisce i mezzi della salvezza, ma vogliamo ricordare che la salvezza si ottiene per mezzo di una persona, Cristo Gesù, che è lo strumento della salvezza di Dio. E’ la fede in lui che salva, non la pratica dei sacramenti cattolici.

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    18/06/2011 17:45

    Ma veniamo a questo dialogo. Giovanni Paolo II fa chiaramente capire che il dialogo con ‘le altre chiese’, per essere fruttuoso, esige che anche ‘gli altri cristiani’ eliminino parole e giudizi che possono urtare gli animi dei Cattolici e rendere difficile il dialogo. Che significa questo? Significa che noi se vogliamo metterci a dialogare con loro dobbiamo metterci a chiamarli fratelli, Chiesa di Dio; non dobbiamo dirgli che la dottrina del purgatorio è un’eresia, che il culto a Maria è idolatria, che il papa non è né il capo della Chiesa e neppure il successore di Pietro; che la salvezza è impossibile ottenerla per mezzo dei loro sacramenti e tante altre cose. Insomma ci dovremmo mettere a discutere delle cose relative al regno di Dio alla loro maniera, dicendogli che hanno ragione pure loro e che noi riconosciamo che anche in loro c’è la verità, e perché? Per non urtarli, e per non porre ostacoli al dialogo!!

    Sia ben chiaro fratelli; con i Cattolici non si può e non si deve mai passare da una posizione di antagonismo ad un livello nel quale si accettano come fratelli o si riconoscono i loro sacramenti o altre loro eresie. Chi si mette a farlo si corrompe; chi lo fa diventa sale insipido che non serve più a nulla. Badate dunque a voi stessi. Non vi lasciate trarre in inganno da questi loro sofismi. La verità è una; e non si trova nei riti e nelle dottrine della chiesa cattolica; quindi c’è poco da dialogare. Bisogna esortarli a ravvedersi e a credere nel Vangelo! Noi non siamo affatto disposti ad abbassare la guardia e a smettere di contrapporci all’arroganza e alle menzogne della chiesa cattolica romana. Paolo disse a Timoteo: “Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in Macedonia, di rimanere ad Efeso per ordinare a certuni che non insegnino dottrina diversa né si occupino di favole e di genealogie senza fine, le quali producono questioni, anziché promuovere la dispensazione di Dio, che è in fede” (1 Tim. 1:3,4); ed a Tito disse che il vescovo deve essere “attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d’esortare nella sana dottrina e di convincere i contraddittori. Poiché vi son molti ribelli, cianciatori e seduttori di menti… ai quali bisogna turar la bocca..” (Tito 1:9-11); quindi ogni ministro di Dio è chiamato a convincere i contraddittori, e a turare la bocca a coloro che insegnano cose perverse per amore di disonesto guadagno.

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    18/06/2011 17:45

    Non mi sembra che Paolo abbia detto a Timoteo o a Tito di mettersi a dialogare attorno ad un tavolo con i ribelli per cercare un accordo con loro, e per conoscere meglio le loro dottrine per essere arricchito spiritualmente! Quando il proconsole Sergio Paolo, chiamati a sé Barnaba e Saulo, chiese di udire la Parola di Dio, è detto che Elima, un falso profeta Giudeo, cercava di stornare il proconsole dalla fede. Ma che fece Paolo? Gli disse fraternamente: ‘Ascolta caro fratello Elima, cerchiamo di dialogare, e così capirai che noi stiamo dicendo il vero? Affatto, ma gli disse: “O pieno d’ogni frode e d’ogni furberia, figliuol del diavolo, nemico d’ogni giustizia, non cesserai tu di pervertir le diritte vie del Signore? Ed ora, ecco, la mano del Signore è sopra te, e sarai cieco, senza vedere il sole, per un certo tempo. E in quell’istante, caligine e tenebre caddero su lui; e andando qua e là cercava chi lo menasse per la mano” (Atti 13:10,11). Quando Stefano parlò davanti al Sinedrio, disse loro: “Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d’orecchi, voi contrastate sempre allo Spirito Santo; come fecero i padri vostri, così fate anche voi. Qual dei profeti non perseguitarono i padri vostri? E uccisero quelli che preannunziavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete stati i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l’avete osservata” (Atti 7:51-53). Ecco come si espressero degli uomini pieni di Spirito Santo verso coloro che contrastavano lo Spirito Santo. Elima pervertiva le diritte vie del Signore e cercava di stornare il proconsole dalla fede; e il Sinedrio contrastava lo Spirito Santo, tutte cose che fa pure la curia romana; perché anch’essa cerca di stornare le persone dalla fede e contrasta lo Spirito Santo e perverte le diritte vie del Signore; e noi che faremo? Lasceremo che essi dicano tutto quello che vogliono, senza levare la nostra voce di protesta contro di loro? Così, non sia! Non ci tacceremo; non smetteremo di contrapporci a costoro; ma con la grazia di Dio vogliamo turare la loro bocca affinché le persone comprendano di essere state ingannate da essi.
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