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IRLANDA, IL TERZO RAPPORTO SUGLI ABUSI E LE COPERTURE NELLA DIOCESI DI CLOYNE

Ultimo Aggiornamento: 15/07/2011 15:43
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15/07/2011 15:43

Al centro delle denunce il vescovo Magee uno dei più autorevoli esponenti del clero irlandese, in passato collaboratore di tre Papi.
Luca Rolandi - Torino.
La chiesa irlandese continua ad essere al centro dello scandalo pedofilia. La pubblicazione di un nuovo rapporto, il terzo dopo quelli del 2009, riferisce dei numerosi casi di copertura di abusi sessuali su minori nella diocesi di Cloyne, nella Contea di Cork, nel periodo dal 1996 al 2009.
Il rapporto Cloyne, che è stato diffuso dal ministro della Giustizia Alan Shatter e dal ministro per l’Infanzia Frances Fitzgerald, ha suscitato forte scalpore sui media irlandesi e britannici. Nel documento si sostiene [...]
che la risposta della diocesi alle accuse di abusi sessuali nel periodo dal 1996 al 2008 fu «inadeguato e inappropriato». Definisce un «fatto rimarchevole» che il vescovo Magee avesse avuto «poco o nullo interesse» nell’affrontare i casi di preti pedofili sacerdoti fino al 2008 e che avesse fino a un certo punto «distaccato se stesso dalla gestione quotidiana dei casi di abusi sessuali sui minori». «Il vescovo Magee era a capo della diocesi e non poteva evitare le sue responsabilità dando la colpa ai sottoposti che egli aveva del tutto mancato di dirigere e sorvegliare», spiega il dossier. Monsignor Magee, fattosi da parte a fine 2009 (Benedetto XVI accettò le dimissioni nel marzo 2010), che in passato è stato stretto collaboratore di Papi, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, è una delle personalità più autorevoli della chiesa irlandese.
Il rapporto di oltre 400 pagine, elaborato dalla Commissione di indagine sulla diocesi di Cloyne, evidenzia come furono trattate le accuse contro 19 preti e le mancanze nel riferire le denunce dei loro abusi alla polizia. Si sostiene che il vescovo Magee, oggi 75/enne, non può evitare le sue «responsabilità dando la colpa ai sottoposti» che non avrebbero riferite le segnalazioni di abusi (in tutto le vittime sarebbero state almeno 40) alle autorità pubbliche. In nessun caso, comunque, i preti sotto accusa vennero rimossi. In particolare alcuni passaggi del rapporto sottolineano come, soprattutto a metà degli anni Novanta, le negligenze e le omissioni sulle gravi denunce furono costanti, da parte dei vertici ecclesiastici irlandesi e del Vaticano.Vengono riferite le «preoccupazioni» che ci furono sul rapporto tra lo stesso mons. Magee e un seminarista di 17 anni, aspirante al sacerdozio: il vescovo lo avrebbe abbracciato con trasporto e il giovane lo ha denunciato per questo. Tra i punti controversi, la difesa di Magee fatta dal cardinale Sean Brady, il quale disse che il vescovo di Cloyne non si doveva dimettere ma era in grado di affrontare l’emergenza abusi. Ma quando pronunciò la difesa di Magee, il porporato già sapeva della denuncia del giovane.
Un altro punto controverso riguarda le indicazioni date ai vescovi irlandesi dal nunzio apostolico nel 1997, quando dal Vaticano giunsero istruzioni prudenti sulla denuncia dei preti pedofili alla polizia.
Il rapporto pubblicato dalla Commissione d’inchiesta sulla tutela dei minori ha avuto risultati negativi per la Chiesa. La chiesa irlandese, già al centro di una «visita apostolica» ordinata da Benedetto XVI, dopo la pubblicazione del rapporto ha espresso dolore e rammarico. Il primate d’Irlanda, cardinale Sean Brady, ha detto che oggi è un altro «giorno nero nella storia della risposta dei vertici della Chiesa al grido dei bambini abusati da uomini del clero». «I risultati di questo rapporto confermano che gravi errori di giudizio sono stati commessi e che ci sono stati serie carenze di leadership - ha aggiunto -. Questo è deplorevole e inaccettabile» . Il primate d’Irlanda ha affermato, inoltre, che la Chiesa mette a disposizione un servizio professionale di appoggio e di recente ha creato un servizio chiamato Towards Healing (Verso la guarigione) per assistere ai sopravissuti. Anche l’arcivescovo Dermot Clifford ha chiesto scusa ai sopravissuti dell’abuso e alle loro famiglie, i fedeli della diocesi di Cloyne e alla Chiesa in generale.
In Irlanda, i vescovi hanno accertato che in sessant’anni, dal 1945 al 2004, i sacerdoti implicati in abusi sessuali su minori di 18 anni sono stati 105, quasi il 4 per cento del totale dei preti, con circa 400 vittime. Di quelli tuttora in vita 8 sono stati condannati al carcere dopo un processo penale, altri 32 hanno in corso un processo civile. Altri ancora non hanno avuto una condanna giudiziaria per l’impossibilità di provare azioni troppo lontane nel tempo.
Il primo rapporto sullo scandalo pedofilia in Irlanda è datato maggio 2009, un testo di oltre 2500 pagine in cui si scopre un passato tragico fatto di «stupri, molestie e abusi endemici». Dopo nove anni di inchiesta della commissione presieduta dal giudice dell’alta corte, Sean Ryan, i risultati rivelavano che le «industrial schools» irlandesi un complesso di 2560 istituti organizzati da mezzo secolo fino alla chiusura decisa negli Anni Novanta dagli ordini religiosi per 35 mila bambini e ragazzi abbandonati, orfani e in grave difficoltà, devianti o senza più i genitori, erano un luogo di crudeltà «che avevano lo scopo di provocare dolore e umiliazione». Il secondo rapporto governativo “Murphy” del novembre 2009 aveva riguardato la diocesi di Dublino.
Un elemento positivo che è emerso nel rapporto del giudice Murphy è stata la conferma che le strutture di revisione e responsabilità istituite dalla Chiesa funzionano bene e questo è stato comprovato. L’ambiente attuale nella Chiesa per i bambini è molto diverso rispetto a quello del passato. Secondo una nota pubblicata lo scorso 11 maggio, dalla National Board Board for Safeguarding Children in the Catholic Church (una commissione indipendente che formula standard e offre guida al riguardo, con tre compiti fondamentali: sviluppare politiche; fornire consulenza; monitorare e riesaminare).
vaticaninsider.lastampa.it/
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