LA MATEMATICA DEL DARE
(Nota: Dobbiamo ricordare che questo libro è stato scritto circa 50 anni fa. Quindi le cifre e i numeri riportati in quest'ultimo capitolo non sono attuali e devono essere considerate e rapportate al tempo in cui il libro fu scritto)
Eccoci giunti alla parte conclusiva di questo scritto, cioè, a quella parte che abbiamo riservata per dimostrare non soltanto la possibilità dell’attuazione generale e indiscriminata del ministerio del dare, ma anche per mettere chiaramente in evidenza i risultati fecondissimi che possono essere facilmente raggiunti mediante l’esercizio ordinato delle contribuzione e delle offerte.
Vogliamo subito ricordare che la Bibbia non ci autorizza mai a pensare che le contribuzioni devono essere date soltanto dai ricchi o dai benestanti. L’insegnamento biblico anzi, afferma ripetutamente e chiaramente che tutti, secondo i limiti delle proprie possibilità, devono onorare il nome dell’Eterno. Dio non chiede mai quello che non possiamo fare o non possiamo dare, ma vuole che facciamo o diamo quello che Egli ci chiede anche se per compiere queste azioni, dobbiamo esercitare tutta la nostra fede e la nostra umiltà.
L’esperienza c’insegna che generalmente i poveri sono più generosi dei ricchi, perché un numero notevole di ricchi devono la loro ricchezza soltanto all’avarizia e all‘egoismo. Difficilmente coloro che sono riusciti ad accumulare sotto lo stimolo di sentimenti insani, riescono ad esercitare il ministerio del dare; essi continuano sempre a stringere, a stringere e a stringere fino a tanto che i loro tesori non si riducono in cenere.
Generalmente, ripetiamo, i poveri sono più generosi dei ricchi, ma non è infrequente il caso del povero che decide di rifiutare le proprie contribuzioni a motivo della propria povertà. Questa decisione non è minimamente giustificata dalla Bibbia
Nella Bibbia, infatti, troviamo scritto che Dio gradisce le grandi e le piccole offerte e che accetta tutti Suoi figliuoli ed approva la loro liberalità non in rapporto a quello che offrono ma in proporzione di quello che posseggono. Troviamo scritto che Dio guarda con compiacimento verso l’offerta del piccione del povero o verso l’offerta dei due piccioli della vedova, ma non troviamo mai scritto che un credente possa esimersi dal presentare la propria offerta a Dio in conseguenza della povertà che lo affligge.
Il povero può dare soltanto un’offerta povera. L’offerta può essere ricca o povera nel contenuto esteriore perché quando i credenti hanno dato tutto quello che possono dare hanno dato sempre un’offerta ricca davanti a Dio.
Anche il povero, per trovare incoraggiamento nella propria liberalità, deve pensare più a quello che riceve dal dare, che non a quello che rinuncia in conseguenza del dare. Deve pensare che egli rinuncia ad una piccola somma, che non rende più tragica la sua povertà e riceve l‘assistenza di Dio, la gioia dello Spirito e la consolazione della comunione al servizio del Regno. Deve pensare che egli apre la sua mano per versare la sua povera offerta e Dio allarga le Sue braccia per far scendere le Sue benedizioni infinite ed eterne.
Il povero può dare poco, ma se offre quel poco con metodo, con perseveranza, con fedeltà, contribuisce, come parte di un unico organismo, alla vita e all’attività del corpo.
Vogliamo, nelle pagine che seguono, mettere in evidenza la grandezza dei risultati che possono essere raggiunti mediante le offerte più povere, date però con fedeltà e perseveranza.
Quanti membri conta oggi nella nostra nazione il movimento al quale apparteniamo?
Sono state date le risposte più disparate e sono state proclamate le cifre più diverse, ma noi, che siamo naturalmente diffidenti delle statistiche, non vogliamo accettare le cifre più alte e vogliamo basare il nostro calcolo presupponendo che i membri comunicanti del nostro movimento non siano più di 20.000.
Alcuni hanno detto 100.000, altri 80.000, 60.000 o 40.000, ma noi vogliamo fermarci molto al disotto della cifra più bassa e pensare all’esistenza di soli 20.000 fedeli.
Fra questi fedeli ci sono poveri e ricchi, anzi, più poveri che ricchi e, perciò, pensiamo ad un’offerta «giornaliera» che possa essere data da tutti. Stabiliamo per esempio 10 lire al giorno per ogni credente.
Questa cifra oggi è assolutamente irrisoria e se pensiamo che un giornale costa 3 volte questa cifra possiamo comprendere che essa può essere trovata quasi sempre nelle tasche anche dei più poveri o in quelle dei bambini.
Comunque, non preoccupiamoci se alcuni sono anche privi di questa cifra perché noi ci riferiamo ad una media e, perciò, possiamo affermare che di fronte ad uno che non possiede neanche 10 lire giornaliere ce ne sono due che possiedono molto più di questo.
Abbiamo stabilito una cifra irrisoria che può essere offerta anche dal poverissimo, senza preoccupazione per la sua povertà.
E’ una cifra irrisoria, quasi ridicola, ma se è offerta con fedeltà e perseveranza raggiunge la somma annua di ben 73.000.000 di lire fra tutti i membri del movimento.
Settantatre milioni di lire possono far vivere un così notevole numero di attività cristiane, da sbalordire anche i più indifferenti.
Se invece di 110 lire a persona vogliamo calcolare soltanto 5 lire per ogni credente, la somma si riduce a 36.500.000 di lire che rappresentano ugualmente una cifra cospicua, comunque, molto, molto superiore a quella che normalmente si raccoglie attualmente.
Cinque lire giornaliere rappresentano un contributo così irrisorio, così ridicolo, da farci pensare che non possa assolutamente esistere l’ipotesi di opposizioni o impossibilità all’offerta di esso.
Questi contributi, benché bassissimi, ci fanno raggiungere le somme più considerevoli, se offerti con perseveranza e fedeltà. I credenti dovrebbero respingere la tentazione di corrispondere la somma con un solo versamento mensile per prendere l‘abitudine metodica di mettere da parte, in un salvadenaro, la piccola offerta giornaliera. Dieci o cinque lire possono essere sempre date senza peso, ma 300 o 150 lire mensili qualche volta rappresentano una rinuncia ingrata.
Un metodo attuato con successo da molti credenti è quello del salvadenaro posto al centro del tavolo da pranzo. Durante il pasto principale e, possibilmente in coincidenza con il culto di famiglia, ogni membro della casa depone la propria offerta. Queste offerte sono così basse che possono essere date al di fuori di tutte le altre che vengono versate nella comunità
Parliamo ora dei risultati immensamente più grandi che potrebbero essere raggiunti con l’esercizio della «decima». Non è necessario che noi predichiamo questa dottrina, ma è molto utile se la pratichiamo come metodo per le nostre contribuzioni minime.
Gli israeliti, sotto la legge mosaica, riconoscevano i diritti di Dio e onoravano il Nome di Dio col versamento della decima. Noi cristiani siamo stati beneficiati dal cielo in misura infinitamente più abbondante degli israeliti e, perciò, non compiamo nulla di eccezionale se offriamo a Dio «almeno» la decima delle nostre entrate.
Forse si potrà obbiettare che i benefici di Dio agli israeliti erano sopratutto di carattere materiale, mentre quelli largiti a noi rivestono essenzialmente un carattere spirituale. Ma questo non determina una discriminazione sulla natura delle offerte perché tutte sono volute da Dio perché tutte hanno davanti a Dio un contenuto interiore profondamente spirituale.
Torniamo quindi alle cifre: abbiamo già accettato il numero 20.000 come totale dei credenti del nostro movimento e supponiamo perciò, mantenendoci sempre su conclusioni pessimistiche, che soltanto uno su quattro abbia una attività lavorativa direttamente o indirettamente retribuita. Abbiamo così un totale di 5000 lavoratori retribuiti.
Immaginiamo altresì che questi lavoratori percepiscano in media uno stipendio mensile di lire 30.000, calcolando, in questo modo, una media fra le più basse.
La decima di questi lavoratori versata regolarmente e fedelmente raggiunge la cifra sbalorditiva di 180.000.000 di lire l’anno.
Se aggiungiamo la decima della tredicesima mensilità, che oggi, normalmente, è percepita da quasi la totalità degli stipendiati raggiungiamo la cifra di 195.000.000 di lire. Con quasi 200 milioni l’anno possono essere facilmente risolti, entro lo spazio di due anni tutti i problemi che assillano il movimento e possono essere affrontati nel futuro i più audaci programmi cristiani, non esclusi i programmi missionari nazionali e internazionali.
La disoccupazione, la povertà e tutte le altre circostanze che possono essere previste, crediamo che non possano far abbassare i calcoli di previsione fatti da noi sulle basi più pessimistiche. Pensiamo che 5000 stipendi calcolati a 30.000 lire mensili rappresentino il minimo di quelli che possono essere previsti fra i credenti del movimento.
Sulla scorta di queste cifre sorprendenti, dobbiamo concludere che i problemi finanziari che ostacolano tutti i movimenti cristiani e che paralizzano le attività di essi, non sono la conseguenza della povertà, ma soltanto il risultato dell’avarizia, del disordine e della mancanza di metodo e fedeltà. Se riusciremo ad attuare il ministerio del dare su basi metodiche noi potremo raccogliere i frutti più abbondanti anche mediante i sacrifici più lievi.
Esaminiamo brevemente anche le possibilità di un ipotetico e non vasto movimento americano; l’esame ci rivela che anche in un paese generoso come è notoriamente l’America, le offerte si mantengono ad un livello molto inferiore di quello che potrebbe essere raggiunto mediante offerte costanti, fedeli e metodiche.
Supponiamo l’esistenza di un piccolo movimento con 10.000 membri soltanto e supponiamo che ognuno di questi membri offra 10 ct. ogni giorno.
E’ notorio che 10 ct. di dollari rappresenta una offerta che può essere data, senza sacrificio, da tutti perché equivale ad una cifra irrisoria negli Stati Uniti.
La cifra totale per ogni anno risulterebbe, da queste offerte, di 365.000 dollari equivalente a 227.030.000. Con circa duecentotrenta milioni si possono compiere attività gigantesche nel servizio del Signore.
Supponiamo, invece, che questo piccolo movimento praticasse il metodo della decima e supponiamo quindi che soltanto 2.500 fedeli fossero impegnati in una attività lavorativa con uno stipendio di 200 dollari mensili. Queste supposizioni si mantengono, come le precedenti, sulle basi più basse.
Il ricavato della decima di questi 2.500 credenti fornirebbero un’entrata, all’opera, di 600.000 dollari, pari a 373.200.000 lire.
Queste cifre colossali possono essere raggiunte fedelmente attraverso la saggezza, l’ordine e la fedeltà. Esse ci dimostrano chiaramente che anche il milione inizia dal soldo e, perciò, quando molti soldi si uniscono assieme formano le grandi cifre per le grandi imprese.
Non è la povertà, ma è l’avarizia, il disordine e la mancanza di una visione cristiana che fermano le offerte. Se noi ci proponiamo di affrontare i nostri problemi nella convinzione che essi hanno gia la soluzione in loro stessi, noi vinceremo le nostre battaglie cristiane.
Ristabiliamo l’altare di Dio e portiamo sopra esso assieme alla nostra lode e alle nostre preghiere, anche il nostro denaro e noi prospereremo.
Ai dubbiosi e ai diffidenti rivolgiamo un’esortazione: provate a calcolare il risultato delle offerte che potrebbero essere assicurate mediante un contributo irrisorio, accessibile a tutti, ma dato con regolarità e con metodo, nel seno delle vostre comunità e poi domandatevi: Perché non diamo?