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Sermoni dal libro di Giobbe

Ultimo Aggiornamento: 09/07/2011 18:16
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09/07/2011 17:52

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A questo punto, avendo considerato le verità di questo capitolo di Giobbe, ci resta la domanda importante: che cosa ne faremo? Quando leggiamo la Bibbia, cosa facciamo con le verità che troviamo, leggiamo come dovere? Leggiamo con una semplice curiosità intellettuale, o perché ci piace imparare?

Se leggiamo così ci giova pochissimo. La Bibbia serve per capire, in modo da conoscere di più Dio e per cambiare la nostra vita.

Allora, quali sono le verità in questo passo di Giobbe che possono aiutarci a conoscere meglio Dio e a vivere più per fede?

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Prima di tutto, come abbiamo visto anche nel capitolo uno, ricordiamo che c'è uno retroscena in cielo, Dio ha i suoi scopi per quello che fa ma solitamente queste cose non vengono rivelate a noi. Questo è proprio un punto centrale di Giobbe. Dio non ci rivela il motivo per cui fa quello che fa e permette quello che permette, ma ha sempre il suo motivo perfetto. Quindi, per avere pace, dobbiamo vivere per fede, non per visione. Viviamo per la fede che Dio sa quello che sta facendo.

Ricordiamo anche la verità che abbiamo già visto, che Satana non può fare nulla se non permesso da Dio. Il male non può accaderci se non è secondo il piano perfetto di Dio. Quindi, possiamo dormire tranquilli, non perché non può arrivarci qualche male ma perché nessun male sbagliato ci arriverà mai.

Pensando all'esempio della moglie di Giobbe ricordiamo che possiamo essere strumenti di Satana, se non siamo attenti. In questo caso Giobbe non è caduto, ma sua moglie ha fatto tanto male cercando di farlo peccare. Lei vedeva i suoi problemi come ingiusti e in base a quel modo sbagliato di vedere le cose, spronava lui a peccare contro Dio.

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State in guardia contro il grave peccato di tentare altri a peccare. Quando qualcuno subisce qualche male, anziché parlare come se fosse un'ingiustizia, dobbiamo aiutarlo a ricordare che non meritiamo alcun bene da Dio, e perciò è da accettare ogni male, come abbiamo accettato anche il bene da Dio.

Pensate anche al grave peccato di lamentarsi

Infatti, se abbiamo accettato il bene da Dio, non dobbiamo accettare anche il male?

Visto che per natura meritiamo solo il male e invece Dio ci ha ricolmato di beni, non dobbiamo cadere nel grave peccato di lamentarvi lamentarci quando arrivano dei mali. Piuttosto impariamo ad essere mansueti seguendo l'esempio di Giobbe, accettando tutto quello che la mano amorevole e saggia di Dio ci dà. Dio ha sempre il suo scopo per quello che fa, anche se spesso per aiutarci ad avere più fede non ci rivela il motivo per cui ci manda una data prova. Accettiamo tutto quello che Dio ci dà, pregando di non venire meno nella fede in Lui.

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Infine, preghiamo di crescere nel saper soffrire con quelli che soffrono e gioire con quelli che gioiscono. Quando uno soffre, certamente possono servire parole di verità, ma quanto è importante che quelle parole vengano dette e coperte con amore. Oh! Che Dio ci aiuti ad amare di più coloro che soffrono.

Ringrazio Dio per questo libro ricco. Prego che possiamo imparare quello che Dio ha per noi qui. Impariamo dall'esempio di Giobbe!

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09/07/2011 17:53

Lezioni da Giobbe 3-6:
non dobbiamo attenderci le benedizioni terrene in base ai nostri meriti

di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org per mercoledì, 7 aprile, 2010 ---- cmd na -----
Parole chiave: Giobbe, sofferenze, benedizioni materiali e salute, vangelo della prosperità, falso insegnamento

Cominciamo con il ricordare quello che abbiamo già visto nei capitoli 1 e 2 del libro di Giobbe. Dio ci permette di vedere quanto accade dietro le quinte in cielo riguardo a quello che avverrà nella vita di Giobbe, cosa che Giobbe stesso non può vedere. Similmente, nella nostra vita, Dio non ci permette di vedere dietro le quinte. Dobbiamo fidarci della persona di Dio, sapendo che Dio è in controllo di tutto anche se, magari al momento in cui determinate cose succedono, non ne comprendiamo il perché Dio le faccia o le permetta.

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Nei capitoli 1 e 2, Giobbe subì terribili mali, aveva immensa sofferenza, aveva il cuore rotto dalla perdita dei figli, dei servi e dei suoi animali.

Poi a Satana fu permesso di fargli perdere la salute e l'unica rimasta della famiglia, sua moglie, lo disprezzava e lo istigava a maledire Dio e a morire. Nonostante le sofferenze, Giobbe continuò a fidarsi di Dio.

Poi tre amici arrivarono per consolarlo e furono talmente colpiti dal livello delle sue sofferenze che restarono in silenzio per sette giorni, seduti per terra con Giobbe, senza dire parola alcuna. Il capitolo 3 inizia a questo punto con lo sfogo di Giobbe.

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Giobbe si sfoga
Giobbe ha questi amici là con lui, ma questi amici non hanno parole di incoraggiamento. Perciò, con la sofferenza che continua ad imperversare nella sua vita, Giobbe diventa spiritualmente stanco e manifesta questa sua stanchezza con uno sfogo.

Leggiamo assieme il capitolo 3:

“1 Allora Giobbe aprì la bocca e maledisse il giorno della sua nascita. 2 Così Giobbe prese la parola e disse: 3 «Perisca il giorno in cui nacqui e la notte che disse: "È stato concepito un maschio!". 4 Quel giorno sia tenebre, non se ne curi Dio dall'alto, né splenda su di esso la luce! 5 Se lo riprendano le tenebre e l'ombra di morte, si posi su di esso una nube, la tempesta del giorno lo spaventi! 6 Quella notte se la prenda l'oscurità, non sia inclusa nei giorni dell'anno, non entri nel conto dei mesi! 7 Sì, quella notte sia notte sterile, non penetri in essa alcun grido di gioia. 8 La maledicano quelli che maledicono il giorno, quelli esperti nell'evocare Leviathan. 9 Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, aspetti la luce, ma non ne abbia alcuna e non veda lo spuntar del giorno, 10 perché non chiuse la porta del grembo di mia madre e non celò il dolore ai miei occhi. 11 Perché non sono morto nel grembo di mia madre? Perché non spirai appena uscito dal suo ventre? 12 Perché mai mi hanno accolto le ginocchia, e le mammelle per poppare? 13 Sì, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei riposo, 14 insieme ai re e ai consiglieri della terra, che si sono costruiti rovine desolate, 15 o insieme ai principi che possedevano oro o che riempirono d'argento i loro palazzi. 16 O perché non sono stato come un aborto nascosto, come bimbi che non hanno mai visto la luce? 17 Laggiù i malvagi smettono di tormentare, laggiù riposano gli stanchi. 18 Laggiù i prigionieri stanno tranquilli insieme, senza più sentire la voce dell'aguzzino. 19 Laggiù ci sono piccoli e grandi, e lo schiavo è libero dal suo padrone. 20 Perché dar la luce all'infelice e la vita a chi ha l'anima nell'amarezza, 21 i quali aspettano la morte che non viene, e la ricercano più dei tesori nascosti; 22 si rallegrano grandemente ed esultano quando trovano la tomba? 23 Perché dar la luce a un uomo la cui via è nascosta, e che Dio ha rinchiuso da ogni parte? 24 Invece che prender cibo io sospiro, e i miei gemiti sgorgano come acqua. 25 Poiché quel che grandemente temo mi piomba addosso, e ciò che mi spaventa mi succede. 26 Non ho tranquillità, non ho quiete, non ho riposo, ma mi assale l'agitazione».” (Giobbe 3 LND)

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Vediamo allora di cogliere assieme gli aspetti salienti del brano che abbiamo letto: in questo capitolo, Giobbe sta dicendo che sarebbe stato meglio per lui non nascere. Questo non è buono agli occhi di Dio ed è pure in contrasto con quello che Giobbe stesso aveva detto al verso 2:10, parlando con la moglie:

“Ma egli disse a lei: "Tu parli come parlerebbe una donna insensata. Se da DIO accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?". In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.” (Giobbe 2:10 LND).
Notiamo invece il pensiero di Giobbe in 3:13-17:

“13 Sì, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei riposo, 14 insieme ai re e ai consiglieri della terra, che si sono costruiti rovine desolate, 15 o insieme ai principi che possedevano oro o che riempirono d’argento i loro palazzi. 16 O perché non sono stato come un aborto nascosto, come bimbi che non hanno mal visto la luce? 17 Laggiù i malvagi smettono di tormentare, laggiù riposano gli stanchi.” (Giobbe 3:13-17 LND)
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09/07/2011 17:54

Il pensiero qui espresso da Giobbe è falso: egli sta dicendo quello che dicono in tanti, cioè che è meglio essere morti piuttosto che soffrire. Dicendo questo, si sostiene erroneamente la tesi che, una volta morta, una persona, chiunque lei sia, non soffre più. Però, questo non è vero, nel senso che non è per tutti vero ma lo è solamente per coloro che hanno fede in Dio e si sono ravveduti. Ma per tutti gli altri questa affermazione non è vera perché nessuna sofferenza della vita è paragonabile alla sofferenza dopo la morte.

In quello che dice qui, vediamo quanto Giobbe stesse guardando alle sue sofferenze e, in quel momento, non più a Dio.

Infatti, man mano che andiamo avanti in questo libro, vediamo che, quanto più Giobbe si mette nelle mani di questi amici e ascolta le loro parole, più si agita.

Infatti egli dichiara il suo stato d'animo nell'ultimo versetto di questo capitolo:

“Non ho tranquillità, non ho quiete non ho riposo, ma mi assale l’agitazione".” (Giobbe 3:26 LND).
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09/07/2011 17:54

In realtà, da questo momento Giobbe non sta guardando più a Dio come in precedenza ed infatti inizia a peccare, come egli stesso riconoscerà dopo, proprio come riportato alla fine del libro.

È quindi molto importante avere in mente la conclusione di questo libro per capire correttamente tutto quello che stiamo per vedere da questo capitolo in avanti. Voglio già leggere quello che Giobbe dirà più avanti di se stesso:

“4 "Ecco, sono così meschino, che cosa ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. 5 Ho parlato una volta, ma non parlerò più; sì, due volte, ma non aggiungerò altro".” (Giobbe 40:4-5 LND).
“Perciò provo disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere".” (Giobbe 42:6 LND).
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09/07/2011 17:54

Giobbe inizia bene, molto bene, come uomo timorato di Dio. Però, di fronte ad una profondissima prova, circondato da persone che sono un'influenza sbagliata per lui, Giobbe cade nel peccato. Tuttavia, egli non resta in quella condizione ma si ravvede ed è per questo che è descritto nella Bibbia come un uomo integro.

Gli uomini migliori sbagliano e cadono, ma si ravvedono! E la salvezza è e resta sempre per la grazia di Dio che non si stanca di perdonare.

Capitoli 4 e 5: il primo discorso stolto degli amici
Con il capitolo quattro, iniziamo la parte più grande del libro di Giobbe e che è stato mal compresa da tante persone. Dal capitolo 4 al capitolo 31, i tre amici di Giobbe gli parlano e Giobbe risponde loro. In realtà, quello che dicono questi tre amici è sbagliato. Questo viene dimostrato chiaramente da quello che Dio dichiara loro in Giobbe 42:7-8. Leggiamo quei versetti:

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09/07/2011 17:55

7 Ora, dopo che l’Eterno ebbe rivolto queste parole a Giobbe, l’Eterno disse a Elifaz di Teman: "La mia ira si è accesa contro te e contro i tuoi due amici, perché non avete parlato di me rettamente, come ha fatto il mio servo Giobbe. 8 Ora dunque prendete con voi sette tori e sette montoni, andate dal mio servo Giobbe e offrite un olocausto per voi stessi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi; e così per riguardo a lui non vi tratterò secondo la vostra follia, perché non avete parlato di me rettamente come ha fatto il mio servo Giobbe".” (Giobbe 42:7-8 LND).
Quello che questi tre amici avevano detto non era retto, quello che avevano detto di Dio era sbagliato!

È molto triste, ma tante persone leggono il libro di Giobbe pensando che quello che viene detto da questi uomini sia giusto.

Pensate a questo: i discorsi di questi uomini sono così sbagliati che vengono severamente rimproverati da Dio e l'ira di Dio si accende contro di loro. Quindi, tali discorsi non solo non vanno bene, ma sono veramente contrari alla volontà di Dio.

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09/07/2011 17:55

Pensate allora quanto è sbagliato leggere questi capitoli pensando che questi siano discorsi buoni da cui imparare verità che riguardano Dio e la vita con Lui! Questo è proprio il contrario della verità!

Che questo sia, per ciascuno di noi, un ricordo dell'importanza di capire e di esporre rettamente e correttamente la Parola di Dio!

Infatti non guarderemo tutti questi capitoli, ma vogliamo vedere abbastanza per capire, in linea generale, ciò che accomuna i discorsi errati pronunciati da questi amici di Giobbe.

Il punto principale del discorso tenuto da Elifaz in questo capitolo è che il male succede solamente a coloro che operano del male,mentre, a coloro che fanno il bene, non può che accadere del bene.

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09/07/2011 17:55

Per esempio, leggiamo di questo nei seguenti versetti di Giobbe 4:

“2 "Se qualcuno provasse a parlarti. ti darebbe fastidio? Ma chi potrebbe trattenere le parole? 3 Ecco tu ne hai ammaestrati molti e hai fortificato le mani stanche, 4 le tue parole hanno sorretto i vacillanti, e hai rinfrancato le ginocchia che si piegavano. 5 Ma ora che il male succede a te, vieni meno; ha colpito te, e sei tutto smarrito. 6 La tua pietà non è forse la tua fiducia, e l’integrità della tua condotta, la tua speranza? 7 Ricorda: quale innocente è mai perito, e quando mai furono distrutti gli uomini retti? 8 Come io stesso ho visto, quelli che arano iniquità e seminano guai, ne raccolgono i frutti.” (Giobbe 4:2-8 LND).
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09/07/2011 17:55

In breve, Elifaz sta dicendo a Giobbe: prima tu camminavi bene e le cose ti andavano bene. Ora il male è arrivato su di te e questo ti sta accadendo perché stai camminando male.

Notate in particolare il v.6. Elifaz dice a Giobbe:

“La tua pietà non è forse la tua fiducia, e l’integrità della tua condotta, la tua speranza?” (Giobbe 4:6).
In altri termini, Elifaz dice: Giobbe, tu non ti fidi di Dio, hai fiducia in te stesso. Ecco, vedi, ti trovi in una condizione di peccato ed è per questo che ti stanno succedendo queste cose brutte.

Poi, nei vv.7-8, Elifaz dichiara che il male succede solo a chi è malvagio, a chi non segue Dio come dovrebbe. Leggo ancora questi versi:

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09/07/2011 17:55

“7 Ricorda: quale innocente è mai perito, e quando mai furono distrutti gli uomini retti? 8 Come io stesso ho visto, quelli che arano iniquità e seminano guai, ne raccolgono i frutti.” (Giobbe 4:7-8 LND).
Capitolo 5:
Il discorso tenuto da Elifaz si basa chiaramente sul fatto che Giobbe soffre perché ha peccato e, quindi, egli spiega a Giobbe l'importanza della disciplina per fare tornare un uomo sulla via retta.

Però, questa affermazione, cioè che Giobbe soffre a causa del peccato, non è corretta. Elifaz ha come base del suo discorso una posizione che non è vera. Quindi, con questa posizione, Elifaz vorrebbe insinuare una cosa falsa, cioè che Giobbe soffre a causa del suo peccato.

Notiamo questa sua posizione leggendo il capitolo 5 per intero. Per esempio, ai versi 5-8 troviamo scritto:

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09/07/2011 17:56

“8 Io però cercherei Dio, e a Dio affiderei la mia causa, 9 a lui, che fa cose grandi e imperscrutabili, meraviglie senza numero, 10 che dà la pioggia sulla terra e manda le acque sui campi; 11 innalza gli umili e mette al sicuro in alto gli afflitti.” (Giobbe 5:8-11 LND)
Ecco cosa dice Elifaz a Giobbe nel v.8: io cercherei Dio! In altre parole, egli sta dicendo: Giobbe, se fossi in te, io cercherei Dio, lascerei il mio peccato e prenderei la strada dell'ubbidienza.

Ovvero ancora, egli dice: Giobbe, si vede che Dio ha permesso che del male venisse su di te, perciò tu non sei fra gli umili! Dio cura gli umili (v.11), e poiché tu non sei umile, Egli non ti sta curando!

Se leggessimo i vv.12-16, noteremmo come Elifaz continua a sostenere la tesi che Dio manda il male sui malvagi, sui perversi e, in sostanza, dice a Giobbe che lui è uno di loro.

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09/07/2011 17:56

Ancora, nei vv. 17-26 Elifaz sottolinea il fatto che Dio disciplina per far tornare l'uomo sulla strada giusta. Egli dice a Giobbe: se tu accetti che questa sia la disciplina di Dio e, quindi, se riconosci il tuo peccato, allora tutto ti andrà bene e le cose brutte non succederanno a te.

Una punto importante da notare nel discorso di Elifaz è che, dichiarando quanto abbiamo finora detto, vuole rimarcare che, mentre Giobbe è in una condizione di peccato e per questo sta soffrendo, egli, Elifaz, non sta soffrendo e perciò non sta nel peccato.

Questo fatto è subdolo ed è importante da evidenziare.

Il pensiero che coloro che camminano bene vengono benedetti da Dio, mentre a coloro che cammino male arrivano le cose brutte e spiacevoli della vita, non solo non è vero, ma in modo subdolo comunica l'idea che avere le benedizioni, soprattutto terrene, dipende per lo meno parzialmente dal merito della persona.

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09/07/2011 17:56

Secondo questo modo di vedere le cose, chi sta bene chi ha buona salute ed ha belle cose materiali, potrebbe credere che sta bene perché cammina bene. Quindi, a quel punto, quello che ha non è per grazia, ma, almeno parzialmente, lo possiede per merito.

Questo è falso! Le benedizioni non sono un risultato del nostro merito, sono date da Dio per la Sua grazia. In Atti 14, parlando con quelli di Listra, dopo che alcune persone avevano cercato di fare un sacrificio a Paolo e Barnaba, Paolo dichiara:

“15 "Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani con la vostra stessa natura e vi annunziamo la buona novella, affinché da queste cose vane vi convertiate al Dio vivente che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi. 16 Nelle generazioni passate egli ha lasciato che tutte le nazioni seguissero le loro strade; 17 ma non ha lasciato se stesso senza testimonianza, facendo del bene, dandoci dal cielo piogge e stagioni fruttifere e riempiendo i nostri cuori di cibo e di gioia".” (Atti 14:15-17 LND)
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09/07/2011 17:56

Dio manda le piogge e le stagioni fruttifere ai buoni e ai malvagi. Quindi, non è vero che si può capire il cammino di una persona in base al fatto che la sua vita sia ricca o meno di benedizioni terrene. Questo è l'errore più grave insito nei discorsi degli amici di Giobbe.

Ciò che rende difficile riconoscere questo loro errore è che questi amici dicono tante verità oltre agli errori che sostengono. Quindi, una semplice lettura di questi capitoli potrebbe creare confusione. Bisogna tener conto del contesto e, soprattutto, del fatto che, alla fine del libro di Giobbe, Dio condanna i discorsi di questi uomini.

Notate il v.27, che è una dichiarazione nata dall'orgoglio di Elifaz:

“Ecco ciò che abbiamo trovato; è così. Ascoltalo e fanne profitto".” (Giobbe 5:27 LND)
Elifaz dichiara con queste parole che egli e gli altri amici di Giobbe hanno ragione, cioè che le cose stanno come dicono loro!

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