IN SPIRITO E VERITA'

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Sermoni dal libro di Giobbe

Ultimo Aggiornamento: 09/07/2011 18:16
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09/07/2011 17:56

Giobbe risponde (capitolo 6)
Nel capitolo 6 dell'omonimo libro, Giobbe si difende contro queste accuse false mosse dai suoi amici.

Nei vv. 1-9 lo vediamo parlare della sua condizione e manifestare tutto il suo malesserementre, al v. 10 lo vediamo esprimere la sua vera consolazione cioè che non aveva nascosto la parole del Santo. In altre parole, in questi versi egli contrasta apertamente l'accusa di Elifaz che era un ipocrita e dichiara di non aver abbandonato Dio e di camminare ancora per fede.

Dopo essersi difeso, Giobbe passa al contrattacco e, al v.14, critica Elifaz e gli altri, che erano evidentemente d'accordo con lui, perché, anziché portare a lui parole di consolazione, lo avevano attaccato e, peggio ancora, in modo ingiusto. Con le loro parole questi amici di Giobbe avevano trovato un modo di innalzare loro stessi accusandolo falsamente.

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09/07/2011 17:57

Così, nei vv. 15-21, Giobbe manifesta ai suoi amici come il loro aiuto fosse totalmente vano e li rimprovera, a giusta ragione, per le loro parole:

“15 Ma i miei fratelli mi hanno deluso come un torrente, come l’acqua dei torrenti che svaniscono. 16 S’intorbidiscono a motivo del ghiaccio, e in essi la neve si nasconde, 17 ma nella stagione calda svaniscono; con il calore estivo scompaiono dal loro posto. 18 Il percorso del loro cammino devia, si inoltrano nel deserto e si dissolvono. 19 Le carovane di Tema li cercano attentamente, i viandanti di Sceba sperano in essi, 20 ma rimangono delusi nonostante la loro aspettativa; quando vi giungono rimangono confusi. 21 Ora per me voi siete lo stesso, vedete il mio sgomento e avete paura.” (Giobbe 6:15-21 LND).
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Giobbe dice di essere deluso dai suoi amici come lo si può essere di un torrente, cioè come si resta delusi da un torrente che promette tanto ma, alla fine, non produce l'acqua dove serve e si rivela quindi totalmente inutile, non producendo il bene promesso ma lasciando solo una illusione dello stesso. Ecco infatti cosa dice Giobbe, nel v.21, ai suoi amici a riguardo di ciò: ora, per me, voi siete come un torrente; avevo sperato di trarre qualche giovamento da voi, qualche aiuto, ma non mi avete portato niente di buono con i vostri discorsi vani e menzogneri.

Pertanto, nei vv. 22-30, Giobbe lancia una specie di sfida ai suoi amici, per mostrare loro che sbagliavano:

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22 Vi ho forse detto: "datemi qualcosa”, o “fatemi un regalo preso dai vostri beni", 23 o “liberatemi dalle mani del nemico”, o riscattatemi dalle mani dei violenti? 24 Istruitemi, starò in silenzio; fatemi capire in che cosa ho sbagliato. 25 Quanto sono efficaci le parole rette! Ma che cosa provano i vostri argomenti? 26 Intendete forse censurare le mie parole e i discorsi di un disperato, che sono come il vento? 27 Voi gettereste la sorte anche su un orfano e scavereste una fossa per il vostro amico. 28 Ma ora degnatevi di guardarmi, perché non mentirò davanti a voi. 29 Ricredetevi, vi prego, non si faccia ingiustizia! Sì ricredetevi, perché c’è di mezzo la mia giustizia. 30 C’è forse iniquità sulla mia lingua o il mio palato non distingue più le sventure?".” (Giobbe 6:22-30 LND).
Egli dice loro: non vi avevo chiesto soldi o altro. Non vi avevo richiesto aiuto. Piuttosto, volevo da voi solamente un consiglio, desideravo trarre intendimento (v.25).

Invece, gli amici di Giobbe volevano criticarlo attraverso un discorso inerente alle cose di Dio.

Così Giobbe finisce il suo di discorso sfidando i suoi amici.

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Applicazione
Leggere tutto questo, senza pensare a come applicarlo a noi, serve a ben poco.

Quanto grande è il pericolo di creare una dottrina nostra, fatta di pezzi della Verità, una dottrina che suona bene, che sembra corretta ma che, in realtà, non è la Verità. Dobbiamo evitare questo grave errore, anzi, questo grave peccato.

Le benedizioni di Dio NON sono il risultato o la conseguenza del nostro merito.

Pensando infatti al discorso stolto di Elifaz, non è affatto vero che il bene giunge nella vita di chi cammina bene e il male nella vita di chi cammina male. Nel caso di Giobbe, terribili mali sono arrivati nella sua vita, ma NON causati da alcun peccato da lui commesso.

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09/07/2011 17:58

Lezioni da Giobbe 7-10:
lamentarsi delle sofferenze

Studio di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org per mercoledì, 14 aprile, 2010 ---- cmd na -----
Parole chiave: Giobbe, sofferenze, benedizioni materiali e salute, vangelo della prosperità, lamentarsi.

Voglio continuare nel nostro studio del libro di Giobbe! Abbiamo visto nei capitoli 1 e 2 un esempio di come reagire bene quando arrivano i problemi e le difficoltà della vita. Però poi, nel capitolo 3, Giobbe comincia a guardare ai problemi anziché a Dio, e comincia a lamentarsi.

Gli amici di Giobbe arrivano per aiutarlo, però, anziché trasmettergli delle verità di Dio, parlano secondo i loro ragionamenti, che sono molto sbagliati. Abbiamo visto, nell'ultimo studio, che Elifaz insegnava che il male colpisce solamente coloro che peccano. Questo è un grave errore.

Riprendiamo ora il nostro studio con il capitolo 7.

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Capitolo 7: Giobbe si lamenta
In questo capitolo, Giobbe pecca, lamentandosi del fatto che è tenuto in vita in mezzo alle tante sofferenze che lo stanno fiaccando. Crede alla menzogna, che spesso subentra nella mente quando si affrontano dure prove, che sarebbe meglio morire piuttosto che vivere. Questo non è un desiderio di stare con Dio, è piuttosto un desiderio di non soffrire più.

Ricordiamo che la sofferenza di Giobbe era terribile:

“4 Appena mi corico, dico: "quando mi alzerò?" Ma la notte si prolunga e sono continuamente agitato fino all’alba. 5 La mia carne è coperta di vermi e di vermi e di zolle di terra, la mia pelle si screpola ed è ripugnante.” (Giobbe 7:4-5 LND).
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Ecco il lamento di Giobbe (v.15):

“Così l’anima mia preferisce soffocare e morire piuttosto che questa vita.” (Giobbe 7:15 LND).
Egli critica Dio per il Suo operato e si lamenta:

“19 Quando distoglierai il tuo sguardo da me, e mi lascerai inghiottire la mia saliva? 20 Se ho peccato, che cosa ti ho fatto, o guardiano degli uomini? Perché mi hai fatto il tuo bersaglio, al punto di essere divenuto un peso a me stesso? 21 Perché non perdoni le mie trasgressioni e non passi sopra la mia iniquità? Perché presto giacerò nella polvere; tu mi cercherai, ma io non sarò più".” (Giobbe 7:19-21 LND).
Questo è peccato, questo è il contrario di essere mansueti. Giobbe non capisce perché soffre, è stanco di soffrire e perciò si agita. Non ha più pace e, non trovandone in alcun modo, vuole morire.

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Questo è il punto a cui arriviamo quando non guardiamo Dio, quando fissiamo lo sguardo sulle difficoltà ed è ciò che ci fa soffrire.

Capitolo 4: Bildad parla
Dobbiamo sempre ricordare, mentre leggiamo il libro di Giobbe, che, alla fine di esso, Dio dichiara che questi tre amici di Giobbe avevano peccato, facendo discorsi sbagliati in cui non avevano parlato di Dio in modo retto. Infatti, inGiobbe 42:7-9 troviamo scritto:

“7 Ora, dopo che l’Eterno ebbe rivolto queste parole a Giobbe, l’Eterno disse a Elifaz di Teman: "La mia ira si è accesa contro te e contro i tuoi due amici, perché non avete parlato di me rettamente, come ha fatto il mio servo Giobbe. 8 Ora dunque prendete con voi sette tori e sette montoni, andate dal mio servo Giobbe e offrite un olocausto per voi stessi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi; e così per riguardo a lui non vi tratterò secondo la vostra follia, perché non avete parlato di me rettamente come ha fatto il mio servo Giobbe". 9 Elifaz di Teman e Bildad di Shuah e Tsofar di Naamath andarono e fecero come l’Eterno aveva loro ordinato; e l’Eterno ebbe riguardo a Giobbe.” (Giobbe 42:7-9 LND).
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09/07/2011 17:59

Dobbiamo tenere questo in mente perché ci permette di capire che quello che Bildad dice, come quello che dicono gli altri due amici di Giobbe, NON è giusto e retto, ma è un concetto errato riguardo a Dio e al come Egli opera.

Visto che lo scopo di questi studi non è di considerare ogni dettaglio del libro, ma di capirne il filo e i punti principali, voglio solo notare alcuni dei commenti di Bildad.

Nel v.3 egli dichiara che Dio è giusto quando giudica, volendo significare con ciò che il male che era accaduto a Giobbe era una punizione da parte di Dio.

Leggo il v.3:

“Può Dio distorcere il giudizio, e l’Onnipotente sovvertire la giustizia?” (Giobbe 8:3 LND).
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09/07/2011 17:59

Il fatto è che egli non sapeva che Giobbe non si trovava in quella condizione per aver peccato e. perciò, stava attribuendo a Dio qualcosa che non era basata su di un fatto vero.

Non solo, ma, nel v.4, Bildad sostiene pure la falsa tesi che i figli di Giobbe erano morti a causa dei loro peccati:

“Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui, egli li ha abbandonati in balìa del loro misfatto.” (Giobbe 8:4).
Anche qui Bildad non sa nulla di quello che è realmente successo e perciò, dichiara quello che a lui sembrava essere accaduto dando agli eventi una certa motivazione, quando invece le cose non erano andate affatto come lui supponeva.

Passando ai vv. 8-13, Bildad dichiara che, chi si dimentica di Dio, viene allontanato da Lui. Qui, sempre in base a ciò che a lui sembra, ma senza poterne avere la minima certezza, Bildad sta volendo dire che Giobbe si era dimenticando di Dio. Leggo i vv.8-13:

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09/07/2011 18:00

“8 il tuo futuro sarà grande. Interroga quindi le generazioni passate e considera le cose scoperte dai loro padri, 9 noi infatti siamo di ieri e non sappiamo nulla, perché i nostri giorni sulla terra sono come un’ombra. 10 Non ti insegneranno forse essi e non ti parleranno, traendo parole dal loro cuore? 11 Può il papiro crescere fuori della palude, e il giunco svilupparsi senz’acqua? 12 Mentre è ancora verde e senza essere tagliato, si secca prima di ogni altra erba. 13 Tali sono le vie di tutti quelli che dimenticano Dio; così la speranza dell’empio perirà.” (Giobbe 8:8-13 LND).
Dobbiamo capire il contesto per renderci conto che Bildad non solo stava facendo delle affermazioni basate su quello che a lui sembrava fosse accaduto ma di cui non poteva avere certezza alcuna, ma stava fornendo a Giobbe pure la presunta spiegazione di tutto ciò.

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09/07/2011 18:00

Sappiamo, dal fatto che Dio ha duramente rimproverato questi tre amici, che i loro discorsi erano sbagliati. Principalmente, essi credevano di poter capire il motivo di quello che Dio faceva in base ai loro ragionamenti. Quel tipo di dio del quale essi cercavano di interpretare il comportamento è in realtà un dio a portata d'uomo per come loro lo descrivono nel suo agire.

In questo senso, è evidente che Bildad stava dicendo a Giobbe che aveva sofferto perché si era dimenticato di Dio.

Egli va poi avanti nel suo discorso e descrive il male che succede ai malvagi. Leggiamo i vv. 14-19:

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09/07/2011 18:00

“14 La sua fiducia sarà troncata e la sua sicurezza è come una tela di ragno. 15 Egli si appoggia alla sua casa, ma essa non regge; vi si aggrappa, ma essa non tiene. 16 Egli è tutto verdeggiante al sole e i suoi rami si protendono sul suo giardino; 17 le sue radici si intrecciano intorno a un mucchio di pietre, e penetra fra le pietre della casa. 18 Ma se è strappato dal suo luogo, questo lo rinnega, dicendo: "non ti ho mai visto"! 19 Ecco, questa è la gioia del suo modo di vivere, mentre altri spunteranno dalla polvere.” (Giobbe 8:14-19 LND).
Tutto questo, per Bildad, era una descrizione di quello che era accaduto a Giobbe e, perciò, egli continuava a dire che Giobbe stava subendo la punizione da parte di Dio.

Bildad conclude il suo discorso ricordando a Giobbe che, se egli si fosse ravveduto, allora Dio lo avrebbe di nuovo benedetto. Leggo il vv.20-22:

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09/07/2011 18:00

“20 Ecco, Dio non rigetta l’uomo integro né presta aiuto ai malfattori. 21 Egli renderà ancora il sorriso alla tua bocca, e alle tue labbra canti di gioia. 22 Quelli che ti odiano saranno coperti di vergogna, e la tenda degli empi sparirà".” (Giobbe 8:20-22 LND).
In altre parole, Bildad sta dicendo: “Giobbe, Dio non rigetta l'uomo integro. Perciò, se tu ti ravvedi e diventi un uomo integro, allora Dio ti benedirà. Hai bisogno di ravvederti, Giobbe! Se tu cammini in integrità, allora tutto ti andrà bene”.

Questo suona come un discorso vero ma, per quanto suona bene, non è affatto vero! Contrariamente a quanto pensava Bildad, Giobbe non stava soffrendo a causa di un suo peccato. Dicendo questo, Bildad stava dicendo cose di Dio che non erano vere.

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09/07/2011 18:00

Capitolo 9: Giobbe risponde!
Nel capitolo 9, Giobbe risponde a Bildad riconoscendo la sovranità di Dio in tutto quello che fa. Leggo Giobbe 9:1-3:

“1 Allora Giobbe rispose e disse: 2 "Sì, io so che è così, ma come può un uomo essere giusto davanti a Dio? 3 Se uno volesse disputare con lui, non potrebbe rispondergli una volta su mille. 4 Dio è saggio di cuore e potente per la forza; chi mai si è indurito contro di lui e ha prosperato? ” (Giobbe 9:1-3 LND).
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09/07/2011 18:01

Ciò che Dio toglie all'uomo
Il v.12 insegna una verità importante:

“Ecco, afferra la preda, e chi gliela può riprendere? Chi può dirgli: "che cosa fai?"” (Giobbe 9:12 LND).
La frase “afferra la preda” vuol dire che Dio toglie via, porta via.

Ci sono delle cose che Dio non toglie mai via ai Suoi figli: Egli non li priva mai del Suo amore, della Sua grazia, del Suo perdono. Egli non li priva mai di Gesù Cristo come mediatore, Sacerdote, Signore e Avvocato.

Però Dio priva gli uomini di alcuni doni terreni quando ciò è secondo il Suo piano perfetto. Quando Dio toglie via qualche dono terreno, l'uomo non può riprenderselo. Dio è sovrano in tutto quello che fa!

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09/07/2011 18:01

Se pensiamo all'esempio di Giobbe, Dio gli ha tolto tutti i suoi beni e i suoi servi. Gli ha tolto i suoi amati figli e, infine, gli ha tolto la salute. Quando poi è nel Suo piano, Dio toglie la vita fisica. Tutte queste cose vengono da Dio ed Egli dà ed Egli toglie come e quando vuole!

O che possiamo ricordare che nessuna di queste cose spetta a noi come se la meritassimo e perciò non dobbiamo mai lamentarci e gridare all'ingiustizia quando Dio ci toglie qualcosa che Egli stesso ci aveva dato. Ringraziamo Dio, piuttosto, che Egli non ci toglie mai la Sua presenza, il Suo amore e tutto quanto abbiamo detto prima e che è indispensabile per restare in comunione con Lui.

Quando Egli ci toglie le benedizioni terrene, così come quando Egli ci dà quelle benedizioni, è per il nostro bene eterno e per la Sua gloria!

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09/07/2011 18:01

Il giusto non può fidarsi di se stesso
Passando ai vv.13-21, Giobbe dichiara che Dio affligge sia il giusto che il malvagio. Questo è il contrario di quello che gli altri suoi amici avevano detto parlando con lui:

“13 Dio non ritira la sua collera, sotto di lui si curvano gli aiutanti di Rahab, 14 Come dunque potrei io rispondergli e scegliere le mie parole per discutere con lui? 15 Anche se avessi ragione, non potrei rispondergli, ma chiederei grazia al mio giudice. 16 Se io lo invocassi ed egli mi rispondesse, non potrei ancora credere che ha ascoltato la mia voce, 17 lui, che mi colpisce con la tempesta, e moltiplica le mie ferite senza motivo. 18 Non mi lascia riprendere fiato, anzi mi sazia di amarezze. 19 Se si tratta di forza, ecco, egli è potente; se di giudizio, chi mi fisserà un giorno per comparire? 20 Anche se fossi giusto, il mio stesso parlare mi condannerebbe; anche se fossi integro, egli proverebbe che sono perverso. 21 Sono integro, ma non ho alcuna stima di me stesso e disprezzo la mia vita.” (Giobbe 9:13-21 LND).
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09/07/2011 18:01

Giobbe dichiara che anche l'uomo integro non può stare in piedi davanti a Dio. Gli amici dichiaravano che chi è integro avrà solo bene da Dio, volendo così intendere che loro erano giusti e Giobbe no. Giobbe risponde che non spera affatto nella propria integrità così come facevano loro.

Capitolo 10: il peccato di Giobbe
Nel capitolo 10, Giobbe è pieno di confusione e perciò i suoi pensieri non sono buoni. Infatti Giobbe pecca sfidando Dio.

Notiamo il peccato di Giobbe nei vv.1-3:

“1 "Sono nauseato della mia vita; darò libero sfogo al mio lamento, parlando nell’amarezza dell’anima mia! 2 Dirò a Dio: "Non condannarmi! Fammi sapere perché contendi con me. 3 Ti par bene opprimere, disprezzare l’opera delle tue mani e mostrarti favorevole ai disegni dei malvagi?” (Giobbe 10:1-3).
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